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2 Agosto 2022

12 Storie di fantasmi medievali

il sarto e il fantasma di byland storie di fantasmi medievali

Le storie di fantasmi all’origine dei moderni racconti di paura riprese da un manoscritto medievale: fra tormenti, dannazioni e morti viventi

In questo articolo troverete dodici autentiche storie di fantasmi medievali, piene zeppe di motivi folcloristici che hanno dato origine a un intero genere narrativo ancora oggi presente nelle opere d’intrattenimento, dalle serie-tv ai romanzi. Io stesso, col mio ultimo romanzo, La Stirpe delle Ossa, ho attinto a piene mani dal corpus immaginifico del passato, per arricchire la mia storia avventurosa con una massiccia dose di realismo, di quello duro e crudo delle cronache antiche. Soprattutto per quanto riguarda il mistero e la magia.

Verso la fine del XIV secolo, un monaco dell’abbazia cistercense di Byland, nello Yorkshire, scrisse una serie di storie di fantasmi che gli furono raccontate dalla gente nei dintorni del monastero, fra i villaggi e le campagne dell’Inghilterra medievale. Le storie sono state ritrovate su alcune pagine sparse all’interno di manoscritti databili a cavallo fra XII e XIII secolo, scritte quasi di nascosto, laddove vi era spazio libero, per non farle cadere nel dimenticatoio. Tali racconti sono exempla dottrinali secondo la tradizione di Cesario di Heisterbach, legati alla dottrina cristiana e a una sorta di “morale fiabesca”. Ma bando alle ciance e cominciamo dalla prima!

Il fantasma dei fagioli

I. Sul fantasma di un certo lavoratore di Ryevaulx che ha aiutato un uomo a trasportare fagioli.
“Un certo uomo stava montando sul suo cavallo portando sul dorso una manciata di fagioli. Il cavallo inciampò sulla strada e si ruppe lo stinco; che quando l’uomo vide, prese i fagioli sulla propria schiena. E mentre camminava per la strada vide come se fosse un cavallo ritto sulle zampe posteriori e che teneva alte le zampe anteriori. Allarmato, proibì al cavallo nel nome di Gesù Cristo di fargli del male. Dopo che gli era apparso sotto forma di cavallo, in poco tempo gli apparve in somiglianza di un gallo luminoso; al che l’uomo disse: “Dio non voglia che tu mi faccia del male”. A queste parole si trasformò in forma di uomo e il viaggiatore lo invocò.”

Un uomo che trasportava fagioli col suo cavallo ebbe un incidente per la strada, ritrovandosi col cavallo azzoppato. Egli si caricò il sacco di fagioli sulla schiena per continuare da solo, quando all’improvviso gli apparve dinnanzi uno spirito sotto forma di cavallo ritto sulle zampe posteriori. L’uomo intimò allo spirito di non fargli del male, in nome di Gesù Cristo, e lo spirito si trasformò prima in gallo che portava una luce, poi in essere umano.

Non si capisce bene cosa significhi la visione del gallo “con una luce dentro”. Si tratta della trascrizione di un folclore locale, che oggigiorno ha perso ogni significato. In ogni caso, l’uomo invocò lo spirito, nel senso che gli si rivolse a lui solennemente. In queste storie di fantasmi si fa spesso uso del termine “invocare”, che ha sempre il medesimo significato: rivolgersi agli spiriti.

“Allora lo spirito gli disse il suo nome e la ragione (del suo camminare) e il rimedio, e aggiunse: “Permettimi di portare i tuoi fagioli e di aiutarti”. E così fece fino al corso d’acqua ma non volle passarvi sopra; e l’uomo vivo non sapeva come il sacco di fagioli fosse stato rimesso sulla sua schiena. E dopo causò l’assoluzione del fantasma cantando messe per lui e tranquillizzandolo.”

Lo spirito era afflitto da un tormento che non ci viene rivelato. Tuttavia si propose di aiutare l’uomo portandogli il sacco di fagioli per un tratto di strada, finché non si trovarono dinnanzi a un corso d’acqua. Come nelle tradizionali storie di fantasmi legate ad alcuni morti redivivi, specialmente i vampiri, lo spirito affermò di non poter attraversare il corso d’acqua, quindi riconsegnò il sacco di fagioli e scomparve. Grazie a questo contatto con il vivente, lo spirito ottenne la celebrazione di alcune messe in suo nome, che gli valsero l’assoluzione dai suoi peccati e, di conseguenza, un tranquillo riposo.

La cattura del non-morto

III. Riguardo al fantasma di Robert, figlio di Robert de Boltby di Kilburn, che è stato catturato in un cimitero.
“Devo dirvi che questo Robert il Giovane morì e fu sepolto in un cimitero, ma aveva l’abitudine di lasciare la sua tomba di notte e di disturbare e spaventare gli abitanti del villaggio, e i cani del villaggio erano soliti accompagnarlo e abbaiare forte. Poi alcuni giovani del villaggio parlarono insieme e decisero di catturarlo se possibile, e si radunarono al cimitero. Ma quando hanno visto il fantasma sono fuggiti tutti tranne due. Di questi uno, chiamato Robert Foxton, lo afferrò all’ingresso del cimitero mentre l’altro gridava virilmente: “Tienilo fermo finché non verrò da te”. Il primo rispose: “Vai presto in parrocchia affinché lo spirito possa essere evocato, perché con l’aiuto di Dio terrò saldamente ciò che ho fino all’arrivo del sacerdote».”

Tale Robert il giovane, una volta morto, aveva “l’abitudine” di lasciare la tomba, di notte, per andare a infastidire gli abitanti del villaggio. Nel suo girovagare, mosso dalle membra cadaveriche, veniva sempre seguito da un branco di cani, che latravano e abbaiavano facendo un gran trambusto. Forse perché quel mucchietto d’ossa in movimento faceva loro appetito.

Alcuni giovani del villaggio si misero d’accordo per fermare la minaccia dall’Oltretomba. Alla sua vista, però, la maggior parte di loro si diede alla fuga. Rimasero solo i due più coraggiosi: uno dei quali si fece avanti per acciuffare il morto all’ingresso del cimitero, mentre il compagno correva a chiamare il sacerdote.

“Il parroco si affrettò a venire e lo scongiurò, nel nome della Santissima Trinità e in virtù di Gesù Cristo, che gli desse una risposta alle sue domande. E quando fu invocato, parlò dall’interno delle sue viscere, e non con la lingua, ma come in una botte vuota, e confessò le sue diverse offese. E quando questi furono resi noti, il sacerdote lo assolse, ma incaricò coloro che l’avevano preso di non rivelare in alcun modo la sua confessione; e d’ora in poi, come Dio volle, riposò in pace.”

Il sacerdote giunse al cimitero e, con l’aiuto di Gesù Cristo, comandò al morto di confessarsi. Il morto parlò dall’interno delle viscere, e non con la lingua, “come in una botte vuota”. Il sacerdote, ascoltati i suoi peccati, lo assolse. Grazie all’assoluzione, elemento risolutivo presente in tutte queste storie di fantasmi, il morto redivivo trovò la pace.

“Si dice, inoltre, che prima della sua assoluzione stesse alle porte delle case e alle finestre e ai muri come se ascoltasse. Forse aspettava di vedere se qualcuno usciva per invocarlo e aiutarlo nelle sue necessità. Alcuni dicono che aveva assistito e acconsentito all’omicidio di un certo uomo, e che aveva fatto altre cose malvagie di cui non devo parlare in dettaglio al momento.”

Prima di dissolversi, il morto era stato avvistato mentre sostava sulla soglia delle abitazioni, davanti a porte e finestre, come se aspettasse che qualcuno uscisse per invocarlo. Altri ancora dissero d’aver assistito a un omicidio perpetrato dallo stesso morto. Tuttavia, non sappiamo altro poiché il monaco di Byland, l’autore dell’exempla, decide di non aggiungere ulteriori dettagli.

Il prete zombie concubinario

IV. “Inoltre i vecchi ci dicono che un certo uomo chiamato James Tankerlay, già parroco di Kirby, fu sepolto davanti alla sala capitolare di Byland, e camminava di notte fino a Kirby, e una notte cavò l’occhio alla sua concubina lì. E si dice che l’abate e il convento fecero estrarre il suo corpo dalla tomba insieme alla bara, e costrinsero Roger Wayneman a portarlo fino a Gormyre. E mentre gettava la bara nell’acqua i buoi per paura quasi annegavano. Dio non voglia che io sia in pericolo, perché anche come ho sentito dai miei anziani, così ho scritto. Possa l’Onnipotente avere pietà di lui se davvero fosse del numero di quelli destinati alla salvezza.”

Un parroco di nome James Tankerlay, dopo essere stato sepolto, tornò dall’Oltretomba per recarsi dalla sua “concubina” e, una volta raggiunta, le cavò un occhio. Non sappiamo che genere di alterco era sorto fra i due peccaminosi spasimanti, in vita, ma l’abate di Byland, venuto a sapere della vendetta sovrannaturale, decise di riesumare il corpo del prete con tutta la bara e metterlo su un carro, guidato da tale Roger Wayneman.

La missione dell’uomo alla guida del carro era di recarsi a Gormyre e gettare la bara nelle acque di un laghetto. Nel farlo, però, i buoi che trainavano il carro si presero una tale paura che quasi annegarono.

L’autore conclude il racconto affidandosi a Dio, poiché teme di aver scritto fin troppo riguardo questa faccenda. Forse, dopo aver messo nero su bianco il nome del dannato, con tanto di descrizione del crimine, ha avuto paura di una ritorsione sovrannaturale…

Mani in pasta nell’ectoplasma

V. “Quello che scrivo è una grande meraviglia. Si narra che una certa donna afferrò un fantasma e lo portò sulle spalle in una certa casa in presenza di alcuni uomini, uno dei quali riferì di aver visto le mani della donna affondare profondamente nella carne del fantasma come se la carne fosse marcia e non solida, ma carne fantasma.”

In questo rapidissimo e curioso racconto, una donna catturò un fantasma, se lo issò sulle spalle e se lo trasportò fino a casa, dove “certi uomini” videro le mani della donna affondare profondamente nella carne del fantasma, come se fosse stata marcia a tal punto da non risultare più solida.

Questa è una descrizione medievale della “carne di fantasma”: l’ectoplasma che nel folclore moderno appartenente ai medium e allo spiritismo viene rappresentato come una sostanza morbida, o addirittura “mucosa” (come nel film Ghostbusters, avete presente?). Come al solito, questi elementi fantastici popolari presentano radici ben più antiche di quel che si pensa.

Questa simpatica vicenda finisce così, forse la più enigmatica fra le storie di fantasmi del monaco di Byland.

A schiaffi col dannato

VI. Riguardo a un certo canonico di Newburgh che fu sequestrato dopo la sua morte da [in bianco].
“Accadde che quest’uomo stesse parlando con il mastro aratore e camminasse con lui nel campo. E all’improvviso il maestro fuggì in preda al terrore e l’altro uomo rimase a lottare con un fantasma che gli strappò le vesti. E alla fine ottenne la vittoria e lo invocò. E, invocato, confessò di essere stato un certo canonico di Newburgh, e di essere stato scomunicato per alcuni cucchiai d’argento che aveva nascosto in un certo luogo. Pregò dunque il vivente che si recasse nel luogo di cui parlava, li portasse via e li portasse al priore e chiedesse l’assoluzione. E lo fece e trovò i cucchiai d’argento nel luogo menzionato. E dopo l’assoluzione il fantasma d’ora in poi riposò in pace. Ma l’uomo fu malato e languì per molti giorni, e affermò che lo spirito gli apparve in abito di canonico.”

Un uomo fu aggredito in un campo da un fantasma, alla luce del sole. I due lottarono tanto violentemente che l’uomo si ritrovò con le vesti tutte strappate. Nonostante questo, però, ebbe la meglio e, in nome del Signore, comandò allo spirito di rivelare le sue vere intenzioni.

Lo spirito disse di essere un chierico di Newburgh, la stessa località del nostro amato William of Newburgh, autore di una delle storie di fantasmi più avventurose d’epoca medievale (per approfondire leggi l’articolo “Il prete cane”). Tale chierico era stato scomunicato in vita per aver rubato dei cucchiai d’argento. Il termine “scomunicato” mi pare esagerato, ma fedele alla traduzione inglese dall’originario in latino. Ci sarebbe da capire cosa intendessero realmente, nel contesto inglese, con tale termine. Non credo proprio che il papa da Roma si occupasse di scomunicare i ladri d’argenteria delle parrocchie inglesi.

Al fine di essere assolto, il fantasma chiese all’uomo di recarsi nel luogo indicato, prendere i cucchiai e riportarli al priore. Il gesto gli consentì di risolvere la sua faccenda in sospeso e, quindi, di riposare in pace.

L’uomo che aveva avuto il contatto con lo spirito dannato e si era fatto carico della “quest” sovrannaturale, però, al termine della missione, si ritrovò malato. Il malessere dovuto all’incontro con un morto vivente è un elemento frequente nelle storie di fantasmi medievali (leggi l’articolo “L’armata fantasma”). A questo punto, però, mi viene da pensare che, realisticamente, quest’uomo possa essersi inventato una scusa fantasiosa per riportare i cucchiai che aveva rubato in precedenza e lavarsi, così, la coscienza. Possibile, no?

Uno stalker nelle storie di fantasmi

VIII. “Riguardo un altro fantasma che seguì Guglielmo di Bradeforth e gridò “Come, come, come”, tre volte in tre occasioni. Avvenne che la quarta notte verso mezzanotte tornò al New Place dal villaggio di Ampleforth, e mentre tornava lungo la strada udì una voce terribile gridare dietro di lui, e per così dire sul fianco della collina; e poco dopo gridò di nuovo allo stesso modo ma più vicino, e la terza volta gridò al bivio davanti a lui; ed alla fine vide un cavallo pallido ed il suo cane abbaiava un poco, ma poi si nascose con grande timore tra le gambe del detto Guglielmo. Dopodiché comandò allo spirito nel nome del Signore e in virtù del sangue di Gesù Cristo di andarsene e di non ostacolare il suo cammino. E udito ciò si ritirò come un pezzo di tela vorticante con quattro angoli e continuò a girare. Tanto che sembra che fosse un fantasma che desiderava ardentemente essere evocato e ricevere un aiuto efficace.”

Guglielmo di Bradford, mentre viaggiava per strada di notte, udì gridare “Come, come, come!” (“How, how, how!” nella traduzione originale dal latino all’inglese). Lo udì la prima notte, la seconda e pure la terza. Alla quarta notte, lo spirito che richiamava la sua attenzione con questo strano tormento, si palesò finalmente in un bivio (un crocicchio, come da tradizione), sotto forma di un cavallo pallido, simbolo che richiama il destriero del quarto cavaliere dell’Apocalisse (per approfondire, leggi l’articolo sul Guerriero Scheletro).

Guglielmo intimò lo spirito di lasciarlo in pace, e lo spirito si tramutò in un vorticante pezzo di tela, presumibilmente mosso dal vento, che poi scomparve dalla vista. Il dannato aveva bisogno d’aiuto, ma non ebbe modo di contattare Guglielmo, che con la sua preghiera lo aveva scacciato definitivamente.

Una nota divertente: il cane di Guglielmo, che in principio abbaia all’apparizione del pallido destriero, si rifugia subito dopo fra le gambe del padrone, per paura. Can che abbaia non morde!

Uno spirito fastidioso

IX. Sul fantasma di un uomo di Ayton a Cleveland.
“È stato riferito che questo fantasma ha seguito un uomo per quattro volte venti miglia, che avrebbe dovuto invocarlo e aiutarlo. E quando fu invocato confessò di essere stato scomunicato per una certa faccenda di sei pence; ma dopo l’assoluzione e la soddisfazione riposò in pace. In tutte queste cose, poiché nulla di male veniva lasciato impunito né al contrario nulla di buono senza ricompensa, Dio si mostrò un giusto ricompensatore. Si dice anche che il fantasma prima che fosse invocato abbia gettato l’uomo vivo oltre una siepe e lo abbia catturato dall’altra parte mentre cadeva. Quando è stato invocato ha risposto: “Se l’avessi fatto prima non ti avrei fatto del male, ma qua e là eri spaventato e l’ho fatto.”

Un fantasma afflitto dai tormenti seguì un uomo di Ayton per “quattro volte venti miglia”, finché non ottenne la sua attenzione e poté spiegargli il motivo della sua dannazione. Egli era stato “scomunicato” per una faccenda da sei pence, ovvero una questione irrisoria. L’uomo lo aiutò a ripagare il debito e il fantasma poté riposare in pace.

Tuttavia, nel corso dell’inseguimento, il fantasma si dice che abbia sollevato l’uomo di peso e lo abbia gettato oltre i cespugli per poi riprenderlo al volo. Alla domanda del perché fosse stato così fastidioso, il fantasma aveva risposto che se il vivente lo avesse ascoltato subito, non gli avrebbe fatto alcun danno. Mai far attendere uno spirito!

In questo racconto emerge l’elemento fantastico del “poltergeist”, ovvero l’interazione spiritica con gli elementi materiali del mondo terreno. Il fantasma in questione riesce addirittura a sollevare lo sventurato e scagliarlo in aria, per poi riacciuffarlo al volo, sintomo di un’entità molto forte (o parecchio infastidita).

La punizione dello scavafossi mangione

“X. Già in Exeter avveniva che uno scavafossi, gran lavoratore e gran mangiatore, abitasse nella cantina di una grande casa che aveva molte cantine con pareti comunicanti ma un solo soggiorno. Lo scavafossi, quando aveva fame, saliva spesso in soggiorno, e tagliava le fette della carne che c’era appesa, le cuoceva e le mangiava, anche se fosse quaresima. E il padrone di casa, vedendo che la sua carne era stata tagliata, esaminò i suoi servi riguardo alla cosa. E poiché tutti negavano e si scagionavano con giuramento, minacciò che sarebbe andato da un certo stregone negromante a fare indagini tramite lui su questo meraviglioso evento.”

In Exeter uno scavafossi che abitava nella cantina di una casa molto grande, all’interno della quale vivevano molte altre persone, usava raggiungere la sala principale, al piano di sopra, per prendere delle fette di carne tra quelle che vi erano appese, cuocerle e mangiarle da solo, anche durante la quaresima. Il padrone della casa se ne accorse, e siccome nessuno degli abitanti confessò il crimine, minacciò di rivolgersi a uno stregone negromante, il quale avrebbe certamente scovato il ladro mangione.

“Quando lo scavafossi, udito ciò, ebbe molta paura e andò dai monaci e confessò il suo crimine e ricevette il sacramento dell’assoluzione. Ma il padrone di casa andò, come aveva minacciato, dal negromante, che unse l’unghia di un ragazzino, e per incantesimo gli chiese cosa avesse visto. E il ragazzo rispose: “Vedo un servitore con i capelli tagliati”. Il negromante disse: ” Evocalo, quindi, ad apparire a te nella forma più bella che può e così… lo fece. E il ragazzo disse: “Ecco, vedo un bellissimo cavallo. E poi vide un uomo in forma simile a quella dello scavafossi,’ che saliva la scala e tagliava la carne con il cavallo che lo seguiva. E il cancelliere disse: ‘Che cosa stanno facendo ora l’uomo e il cavallo? E il bambino disse: “Guarda, sta cucinando e mangiando la carne. E quando gli è stato chiesto di nuovo: “Cosa sta facendo adesso?” rispose il fanciullo: «Vanno tutti e due alla chiesa dei frati, ma fuori aspetta il cavallo, ed entra l’uomo, e si inginocchia e parla con un frate che gli mette la mano sul capo». Allora l’impiegato chiese al ragazzo: “Cosa stanno facendo adesso? ” e lui rispose: “Sono scomparsi entrambi dai miei occhi e non li vedo più e non ho idea di dove siano”.

In questo exempla si dimostra quanto la contrita confessione di un peccatore, seguita da assoluzione, metta al riparo dagli effetti della magia nera. Poiché il negromante, dopo aver unto l’unghia di un fanciullo (pratica alquanto misteriosa, di cui non ho trovato alcuna spiegazione), fece in modo che lo stesso fanciullo avesse una visione dello scavafossi nell’atto di rubare e mangiarsi la carne. Dal momento in cui il peccatore ricevette l’assoluzione dai monaci, però, la visione scomparve per sempre. Poiché la protezione divina era ormai entrata in “circolo”, come un rimedio benefico.

Per rappresentare il Maligno che seguiva lo scavafossi nel suo atto criminale, lo stregone negromante descrisse un “bellissimo cavallo”: tale bestia, come abbiamo visto nelle altre storie di fantasmi, rappresenta un demone tentatore che, dinnanzi alla soglia del monastero, fu però costretto a fermarsi.

Una strana caccia selvaggia

XI. Riguardo a un’opera meravigliosa di Dio, che chiama le cose che non sono come se fossero cose che sono, e che può agire quando e come vuole; e riguardo a un certo miracolo.
“Si tramanda alla memoria che un certo uomo di Cleveland, chiamato Richard Rowntree, lasciò la moglie incinta e si recò con molti altri alla tomba di San Giacomo. E una notte trascorsero la notte in un bosco vicino alla strada del re. Perciò uno del gruppo vegliava per una parte della notte contro i timori notturni, e gli altri dormivano al sicuro. E avvenne che in quella parte della notte, in cui l’uomo di cui parliamo era custode e guardiano notturno, udì un gran rumore di gente che passava lungo la strada del Re. E alcuni cavalcavano seduti su cavalli e pecore e buoi, e altri su altri animali; e tutti gli animali furono quelli che erano stati dati alla chiesa quando morirono.”

Richard Rowntree si recò assieme ad altri in pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo, lasciando da sola sua moglie incinta. Trascorsero la notte in un bosco vicino alla “strada del re” e, come in una tipica avventura alla Dungeons and Dragons, fecero i turni di guardia per vegliare in sicurezza “contro i timori notturni”.

Durante il turno di Richard, si levò un rumore di gente che passava lungo la strada. Alcuni di questi viandanti notturni cavalcavano seduti su cavalli, pecore, buoi e altri animali: gli stessi animali che erano stati dati alla chiesa quando costoro erano morti. Si tratta di un aspetto del diritto canonico in uso nell’Inghilterra cattolica del Medioevo (e credo anche in altre paesi): quello di offrire bestie alla chiesa come tassa funebre, reminiscenza del mondo pagano e della sepoltura di animali coi defunti.

“E alla fine vide quello che sembrava un bambino che si dimenava per terra avvolto in una calza. Ed egli lo scongiurò e gli domandò chi fosse e perché si dimenava così. Ed egli rispose: «Non dovresti invocarmi perché eri mio padre e io ero tuo figlio abortito, sepolto senza battesimo e senza nome». E udito ciò, il pellegrino si tolse la camicia, la fece indossare al suo bambino e gli diede un nome nel nome della Santissima Trinità, e prese con sé la vecchia calza a testimonianza della cosa. E il bambino, ricevuto così un nome, sussultò di gioia e da quel momento in poi camminò eretto in piedi, sebbene prima si fosse dimenato. E quando il pellegrinaggio finì, diede un banchetto ai suoi vicini e chiese alla moglie la sua calzamaglia. Gli mostrò una calza ma non riuscì a trovare l’altra. Poi il marito le mostrò la calza in cui era avvolto il bambino e lei rimase sbalordita. E siccome le levatrici confessarono la verità circa la morte e la sepoltura del ragazzo nella calza, avvenne il divorzio tra il marito e la moglie in quanto padrino del bambino abortito. Ma credo che questo divorzio sia stato molto dispiaciuto a Dio.”

Richard vide un bambino che si dimenava per terra, avvolto da una calza. La parola tradotta in “calza” nel testo originale latino è “caliga”. Il curatore della traduzione inglese, poiché la parola “caliga” viene solitamente resa nel suo senso classico di “calzatura”, spiega che in epoca post-classica tale significato sia mutato a favore della calza di stoffa, la forma abituale della calza medievale. Insomma, non è credibile che un bambino fosse avvolto da una calzatura romana ma, piuttosto, dalla stoffa usata per le calze di tipo medievale.

In ogni caso, questo bambino spirito spiegò d’essere tormentato dal peccato originario, poiché morto prima del parto e del battesimo. Oltretutto, si rivelò essere il figlio di Richard, tramite un colpo di scena degno del primo Star Wars: il bambino era, infatti, morto mentre il padre si trovava in pellegrinaggio.

Richard si tolse la camicia e la usò per avvolgere il bambino, benedicendolo e battezzandolo per assolverlo dal suo unico e involontario peccato. Il bambino si alzò e proseguì la sua processione sovrannaturale, con gli altri morti, in maniera molto simile a una caccia selvaggia. Una volta tornato a casa dal pellegrinaggio, Richard mostrò la calza alla moglie, e la moglie rimase stupefatta. Le levatrici confessarono la verità circa la morte e la sepoltura del bambino. I due, quindi, divorziarono.

La conclusione di questo racconto resta avvolta dal mistero. Il motivo per cui i due coniugi poterono divorziare, alla luce dell’annullamento di un matrimonio dinnanzi a Dio, forse riguardava il battesimo eseguito nel bosco, che fece diventare Richard padrino del proprio figlio. Ma si tratta solo di un’ipotesi.

La truffatrice tormentata

XII. Della sorella del vecchio Adamo di Lond e di come fu sequestrata dopo la sua morte secondo il racconto dei vecchi.
“Deve essere chiaro che questa donna fu sepolta nel cimitero di Ampleforth, e poco dopo la sua morte fu catturata da William Trower il vecchio, e, invocata, confessò di aver vagato per la sua strada di notte a causa di alcuni documenti di concessione che aveva dato ingiustamente a suo fratello Adam. Questo perché era sorta una lite tra lei e suo marito, e quindi aveva consegnato i documenti a suo fratello a danno del marito e dei suoi stessi figli. Così che dopo la sua morte suo fratello aveva espulso il marito dalla sua casa, cioè da un terreno ad Ampleforth con le loro pertinenze e da una banda di buoi a Heslarton e le sue pertinenze, e tutto questo con la violenza.”

Una donna riemerse dal proprio sepolcro per vagare di notte, in strada, tormentata da un peccato commesso in vita. Costei aveva dato dei documenti di concessione a suo fratello, a danno del marito, eliminando quindi il consorte dalle proprietà che gli sarebbero spettate di diritto: casa, terreni e capi di bestiame.

In pratica, il marito era stato estromesso dal patrimonio, e per giunta con la violenza, poiché la moglie, dopo aver litigato con lui, gli aveva tenuto nascosto i documenti che attestavano la proprietà dei beni famigliari.

“Pregò dunque questo Guglielmo di suggerire al fratello di restituire i documenti a suo marito e ai suoi figli e di restituire loro la terra, perché altrimenti non avrebbe potuto riposare in pace fino al giorno del giudizio. Quindi Guglielmo, secondo i suoi comandi, fece questo suggerimento ad Adamo, ma si rifiutò di ripristinare le carte, dicendo: “Non credo a quello che dici”. E lui rispose: “Le mie parole erano vere in tutto; pertanto, se Dio vuole, ascolterai tua sorella parlarti di questa faccenda tra non molto.”

La donna morta consigliò all’ex marito, ancora in vita, di farsi ridare il patrimonio, poiché altrimenti lei non avrebbe potuto riposare in pace fino al giorno del giudizio. Il fratello di lei, però, sentita la storia dalle labbra del vedovo diseredato, si rifiutò di cedere quel che aveva ottenuto ingiustamente. Allora il vedovo fu costretto a portare la moglie non-morta da suo fratello, per dimostrargli che era tutto vero.

“E un’altra notte la afferrò di nuovo e la portò alla casa di Adamo ed ella parlò con lui. E suo fratello indurito disse, come alcuni riferiscono , “Se cammini per sempre, non restituirò le carte.” Allora ella gemette e rispose: “Che Dio giudichi tra me e te. Sappi dunque che fino alla tua morte non avrò riposo; perciò dopo la tua morte camminerai al mio posto.”

Il fratello, per nulla intenerito alla vista della sorella non-morta, ebbe il coraggio di dire che se lei avesse camminato per l’eternità, tormentata dal peccato, a lui non sarebbe importato, e quindi non avrebbe restituito il patrimonio. Un’ammissione peccaminosa, per questo la non-morta chiamò in causa il giudizio divino per risolvere la questione con una bella maledizione: quando il fratello avrebbe trovato la morte, si sarebbe fatto carico del fardello eterno liberando, di conseguenza, la sorella. In pratica, il fratello era appena stato dannato per l’eternità, poiché non aveva voluto restituire il maltolto.

“Si dice inoltre che la sua mano destra penzolasse e che fosse nerissima. E le fu chiesto perché questo fosse, e lei rispose che spesso nelle sue dispute aveva giurato il falso. Alla fine fu scongiurata di andare in un altro luogo a causa della paura notturna e del terrore che provocava alla gente di quel villaggio. Chiedo scusa se per caso ho offeso per iscritto ciò che non è vero. Si dice, tuttavia, che Adam de Lond, il più giovane, abbia dato parziale soddisfazione al vero erede dopo la morte del maggiore Adamo.”

Dopo la morte del fratello, però, i suoi eredi consegnarono parte del patrimonio al legittimo proprietario, ovvero l’ex marito della donna fantasma. La quale, come ultimo e macabro dettaglio, viene descritta con la mano destra che penzolava, nerissima, poiché in vita aveva giurato il falso con quella stessa mano che adesso le era preclusa, incenerita dalle fiamme dell’Inferno.

Le storie di fantasmi non finiscono qui!

Come avrete notato manca la dodicesima di queste storie di fantasmi: l’ultimo pezzo per completare i racconti presenti nel manoscritto di Byland. Dato che si tratta di una vicenda molto più lunga delle altre, l’ho raccontata in un articolo che potete leggere qui: Il sarto e il fantasma.

Se queste storie di fantasmi medievali ti hanno appassionato, iscriviti alla newsletter: presto rivelerò la data di uscita e la copertina del mio ultimo romanzo, La Stirpe delle Ossa, un concentrato di ferro affilato e misteri esoterici ispirati al Medioevo autentico, quello che vi racconto qui sul blog, ogni settimana.

Lorenzo Manara
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