Anne Bonny: una vera donna pirata
La vera storia di Anne Bonny: una piratessa dell’età d’oro della pirateria, dolce metà di Calico Jack
“Stiamo per iniziare una storia piena di colpi di scena e avventure sorprendenti.” Comincia così il resoconto del capitano Charles Johnson1, nel suo libro pubblicato nel 1724. Il soggetto di una così bella introduzione è una delle figure più affascinanti della cosiddetta Età d’oro della Pirateria, ovvero Anne Bonny: una spietata piratessa del mar dei Caraibi.
“Gli strani incidenti della sua vita sconclusionata sono tali che alcuni potrebbero pensare che l’intera vicenda appartenga a un romanzo o a una storia d’amore”, dice il capitano Johnson. E invece, tutto ciò che riguarda Anne Bonny è supportato da molte migliaia di testimoni, ovvero il popolo della Giamaica che era presente ai processi pubblici e aveva ascoltato la sua storia: una verità che non può essere contestata, al pari delle vite di altri grandi pirati, come Roberts e Barbanera. Con tali sfavillanti premesse, tuffiamoci subito nella vita di questa piratessa, che prima ancora della nascita prometteva già fuoco e fiamme.
Perché costei nacque in Irlanda come figlia illegittima di un avvocato. Una bastarda, insomma, la cui esistenza è dovuta all’infedeltà di un uomo che dopo aver spedito la moglie malata dalla suocera, fuori città, per farle prendere un po’ d’aria buona, rimase solo nella grande casa con la compagnia della servitù, e in particolare di una giovane serva, particolarmente attiva al livello sentimentale.
La serva, infatti, era corteggiata da un ragazzo del luogo, un conciatore. I due si vedevano di nascosto nella casa, che praticamente era spesso vuota, visto che la padrona stava dalla suocera e il padrone era fuori per lavoro. I due passavano quindi del piacevole tempo libero assieme.
Un giorno, mentre la serva era impegnata nelle faccende domestiche, il conciatore approfittò di un momento di distrazione per rubare tre cucchiai d’argento, dalla casa. Lei se ne accorse e lo accusò subito. Indignata, e forse anche spaventata per la perdita del proprio posto di lavoro, minacciò di denunciarlo alle autorità. Il conciatore, che in fondo non era un ladro di mestiere, ma si era solo lasciato andare all’opportunità, in maniera anche piuttosto ingenua, cercò di calmare la serva suggerendole di cercare i cucchiai nei cassetti o in altri posti. Poi si recò nella stanza della serva e nascose i cucchiai tra le lenzuola ripiegate. In questo modo era certo che la serva li avrebbe trovati lì, magari la sera stessa, così da giustificare tutto come se si fosse trattato solo di uno scherzetto. Se ne andò, quindi, via dalla casa.
La serva, però, era convinta che il conciatore li avesse rubati per davvero, quindi smise di cercare i cucchiai e si recò dalle autorità per denunciare il furto. Qualche giorno dopo il conciatore venne a sapere della denuncia, e del fatto che fosse ricercato. Spaventato, non seppe cos’altro fare se non nascondersi. Non riusciva a capire come fosse possibile che lei non li avesse ancora trovati quei cucchiai. Stavano proprio nei suoi cassetti, che apriva tutti i giorni. A quel punto, il pensiero che la serva avesse intenzione di tenersi i cucchiai per sé e fregarlo, addossargli la colpa del furto, cominciò a farsi strada nella sua testa.
Proprio in quel momento, la padrona di casa, completamente guarita dal suo malessere, fece ritorno a casa, accompagnata dalla suocera. La prima cosa che apprese fu la notizia della sparizione dei cucchiai. E, interrogata la serva, si fece raccontare tutto, compresa la fuga del conciatore. A quel punto, però, anche il conciatore venne a sapere del ritorno della padrona, e capì che era il momento buono per chiarire la faccenda. Siccome la donna era di buon carattere, decise di palesarsi e raccontare tutta la verità. A parte il fatto che quei cucchiai li voleva rubare per davvero. Perciò giustificò il tutto come una sorta di scherzo.
La padrona stentò a crederci, ma andò comunque nella stanza della serva e, sollevando le coperte nel cassetto, trovò con grande sorpresa i tre cucchiai d’argento. Ordinò quindi al conciatore di tornare a casa e di non preoccuparsi mai più della faccenda. Perché tutta la questione dei cucchiai, adesso, era passata immediatamente in secondo piano. La padrona aveva capito all’istante il vero motivo per cui la serva non era riuscita a trovare quei cucchiai, rimasti tutto il tempo nella sua stanza e in quei cassetti che, per forza di cose, avrebbe dovuto aprire. Il fatto, è che la serva, per il periodo d’assenza della padrona, non aveva dormito nella sua stanza.
Ed ecco, che in un lampo, le vennero in mente tutti i gesti di gentilezza che suo marito aveva avuto nei confronti della serva, azioni che lì per lì non le erano sembrate niente di speciale ma che, adesso, alimentate dalla gelosia, diventavano prove evidenti dell’adulterio: la verità, è che la serva aveva dormito ogni notte col padrone, suo marito, mentre lei se ne stava dalla suocera.
Un altro indizio era il fatto che il marito non l’aveva mai contattata per tutto il tempo, fregandosene della moglie, e che al momento del suo ritorno, quel giorno, nonostante lo sapesse, aveva deciso di assentarsi dalla città con una scusa banale. E quindi manco aveva avuto voglia di riabbracciarla, dopo mesi.
“Poiché le donne raramente perdonano tali offese” dice il capitano Johnson, la padrona tramò vendetta, a cominciare dalla serva. Per farlo lasciò i cucchiai dove li aveva trovati e ordinò alla serva di mettere le lenzuola pulite sul suo letto. La padrona disse che avrebbe dormito lì quella notte perché sua suocera avrebbe usato il suo letto e la serva avrebbe dovuto dormire altrove: una scusa qualsiasi, insomma. La serva ubbidì e quando aprì i cassetti per rifare il letto, trovò i cucchiai. Ora, dopo tutto quello che era successo, non poteva certo uscirsene fuori dal nulla con l’argenteria rubata. Presa dal panico, li nascose nel suo baule, magari per riflettere sul da farsi. Tutto come previsto dalla padrona. La quale, infatti, proseguì col suo diabolico piano, e andò a dormire nella stanza della serva. Cosa successe a quel punto? Che di notte la porta si aprì ed entrò, furtivo, il marito:
“Mary, sei sveglia?”
La padrona non si chiamava Mary. Mary era il nome della serva. Ed ecco la prova schiacciante, ciò che voleva sapere la padrona e che fu costretta a vivere sulla sua stessa pelle. Poiché il padrone s’intrufolò nel letto e fece il vigoroso amante, senza sapere che la figura silenziosa celata sotto le coperte era sua moglie.
La padrona lasciò correre, fece finta di niente. Al mattino presto sgattaiolò via dal letto e andò a raccontare tutto alla suocera, la quale rimase inorridita dal comportamento del suo figliolo. La pace coniugale era ormai infranta, le due volevano andarsene senza mai più tornare. Prima di abbandonare per sempre la casa, però, accusarono la serva di furto. Le guardie entrarono in casa, cercarono dappertutto e trovarono i cucchiai nel baule della serva, dove lei stessa li aveva messi. La giovane fu quindi incastrata e gettata in prigione in attesa del processo.
Un periodo di prigionia lungo circa sei mesi, che culminò fino al giorno del processo quando fu evidente a tutti che la serva era incinta. Il processo andò avanti, ma viste le circostanze, e l’assenza di prove, la ragazza fu scagionata. Un’assoluzione che fu resa tale anche grazie alla padrona, la quale si rifiutò di testimoniare contro la serva, forse pentita di aver spinto così tanto la sua brama di vendetta. Dopotutto, lei era giovane, ingenua, forse stupida, ma non meritava di stare in prigione, soprattutto adesso che aspettava un bambino. Anzi, una bambina.
La serva partorì una bella bambina, e il padrone decise di tenerla con sé, assieme alla madre. Ma, come se non bastasse, pure la sua moglie legittima, la padrona, adesso era incinta. E visto che lui era sicuro di non aver mai fatto all’amore con lei negli ultimi mesi, a sua volta la accusò di adulterio. Insomma, la famiglia era devastata da queste tribolazioni e come ciliegina sulla torta, la suocera tirò le cuoia passando tutto il patrimonio famigliare alla nuora. Perché aveva odiato il comportamento del figlio, tanto da diseredarlo. Ed ecco che il padrone, adesso, non era più padrone di nulla. Rimasto senza soldi con una serva come compagna e una bambina bastarda da accudire.
Una bambina che, socialmente, non sarebbe stata ben vista da nessuno. E che il padrone ebbe la bella idea di mascherare da maschietto, per tutto il tempo in cui abitava con lui, spacciandola per il figlio di un certo parente. Ma si trattava di un precario teatrino. La verità venne allo scoperto e le disavventure di quella famiglia finirono sulla bocca di tutti. La loro reputazione era rovinata. E di soldi non ne aveva più questo ex-padrone, privato della sua rendita, e dei possedimenti, e di tutto quanto. Riuscì a strappare persino un assegno da parte della moglie, impietosita dalla situazione, tanto per farlo sopravvivere. E si mantenne così per qualche tempo. Finché, le cose non divennero così insostenibili da maturare l’idea di andarsene da qualche altra parte, per ricominciare tutto da capo. Dove? Nel Nuovo Mondo, ovviamente.
Quel che un tempo era uno stimato avvocato irlandese, divenne proprietario terriero, mettendo su in piedi una piantagione che si rivelò un’ottima fonte di reddito. E riuscì a formarsi una vita con la sua nuova famiglia. La bambina, cresciuta negli abiti di un maschietto, poté finalmente vestire i panni di una damigella del tempo. Ma, ormai, lei ci era abituata a quei pantaloni e a quelle camicie. Così come era abituata a frequentare compagnie maschili, e a comportarsi come maschio, come i più irruenti per giunta. Il suo temperamento era feroce. Una ragazza coraggiosa, senza dubbio, che da subito fece circolare molte storie sul suo conto.
Una di queste affermava che avesse ucciso una cameriera inglese in un impeto di rabbia, usando un coltello, nella stessa casa del padre. Tuttavia, si tratta di una storia priva di fondamento, dice il capitano Johnson. Un’altra storia, invece, era assolutamente vera. Ovvero, di quando un giovane tentò di imporsi su di lei, e lei gli diede un tale pestaggio che quel disgraziato rimase malato per un tempo considerevole. La ragazza voleva scegliersi i propri spasimanti, da sola, senza alcuna costrizione, ed è quello che fece sposando un giovane marinaio, alla svelta, senza il consenso di suo padre. Un marinaio povero in canna, scampato a chissà quale pendaglio da forca per buscarsi una fetta del patrimonio terriero che la ragazza, prima o poi, avrebbe ereditato. Ma il padre non ci stava. Mise da parte tutto l’amore che aveva avuto per quella figliola, e la rinnegò.
Lei, assieme al marinaio, fuggì sull’isola di Providence. Ma il suo temperamento non le consentì di stabilirsi come avrebbe fatto una persona normale, con un lavoro, e il proprio marito cui essere ubbidiente. Soprattutto quest’ultimo obbligo le stava stretto e, a quanto pare, di amanti se ne fece molti, ultimo dei quali fu un certo John Rackam, conosciuto dai più come Calico Jack. Un capitano pirata, se non lo si fosse capito, e anche piuttosto famoso.
Ed è a questo punto, che il nome della nostra eroina cominciò a spargersi per i sette mari: Anne Bonny, la piratessa spada in una mano e pistola nell’altra, fianco a fianco con quel Calico Jack il cui Jolly Roger consisteva in un teschio con due sciabole incrociate. Un classico dei classici. Qualsiasi donna si sarebbe sentita intimidita al suo cospetto, ma non lei. Anne Bonny era coraggiosa. Anne Bonny era feroce. A tal punto da irretire completamente Calico Jack, il quale non pensava altro che a lei.
Dice il capitano Johnson, che Calico Jack spese tutti i soldi per Anne Bonny. Persino gli ultimi preziosi accumulati grazie a un importante incarico da corsaro. Perché a un certo punto della sua “carriera” di pirata fu perdonato e assoldato per fronteggiare il nemico spagnolo. Un ingaggio di notevole successo, che valse a lui e alla sua ciurma diversi premi, tra cui due interi carichi di cocco e zucchero. Il ricavato della vendita del bottino era considerevole, ma Calico Jack lo spese alla svelta. Tutto per lei, per godersi la sua amata nel lusso più sfrenato. Anne Bonny, dal canto suo, cominciò ad apprezzare la vita da filibustiere tra le braccia di un sì rinomato capitano, e propose a Calico Jack di pagare suo marito, che ancora stava da qualche parte a Providence, al fine di convincerlo a divorziare, con un documento firmato. Un’idea che sembrava funzionare, se non fosse che tale proposta fece il giro della città e oltre.
Lo stesso governatore, venendone a conoscenza, s’intromise nella questione, minacciando Anne Bonny di spedirla in prigione, e di ordinare che fosse frustata dallo stesso Calico Jack, se non avesse smesso con quella vita dissoluta. Ma perché questa intromissione così esagerata? Il fatto non riguardava più il matrimonio, ormai, è evidente. Perché qui si parla di una gran quantità di pirati beneficiari di un perdono ufficiale, che gravitano attorno al porto di Providence in quanto corsari, ma, come dice il detto riguardo il lupo, nonostante la perdita del pelo, questi pirati avrebbero potuto ricadere nello stesso vizietto. Ed Anne Bonny in quel frangente era una miccia accesa in mezzo a una polveriera. Di questo, se n’erano resi conto tutti, visto come manipolava il capitano Calico Jack, magari anche di proposito, chi lo sa.
Alle minacce del governatore, Anne Bonny promise di mettere la testa a posto, di tornare a vivere con suo marito e di smetterla coi pirati. Ma, come possiamo immaginare, erano tutte balle. Perché lei e Calico Jack avevano intenzione di attuare il piano definitivo, garantendosi un futuro di amore e libertà, in barba a costrizioni e lettere di corsa: decisero di scappare insieme e godersela, a dispetto di tutto il mondo.
Per far ciò, avevano bisogno di un elemento fondamentale: una nave. Calico Jack a quel tempo aveva svolto un incarico come corsaro, ma in quanto ex-pirata non godeva della libertà di radunare una ciurma in mezzo al porto, davanti a tutti, e salpare quando e dove gli pareva. Anzi, sarei propenso a pensare che fosse tenuto d’occhio costantemente. Inoltre, nel resoconto del capitano Johnson non si menziona una nave di sua proprietà ancorata a Providence. Insomma, possiamo dedurre che Calico Jack fosse tenuto in una sorta di libertà vigilata, e che la nave, quindi, doveva prendersela da qualche parte. Cosa che fece.
Lui e Anne Bonny complottarono insieme per catturare uno sloop che allora si trovava nel porto, e assieme a loro radunarono alcuni giovani vivaci e fidati. Si trattava di un gruppo di pirati recentemente graziati, stanchi di lavorare a terra e desiderosi di riprendere il loro vecchio mestiere. E la tanto decantata libertà. Lo sloop che scelsero era tra le trenta e le quaranta tonnellate, una delle navi più veloci mai costruite, di quella stazza. Apparteneva a un certo John Haman, che viveva su una piccola isola non lontano da Providence, che non era abitata da alcuna creatura umana tranne che lui e la sua famiglia. Quel John Haman era un corsaro che si manteneva saccheggiando navi spagnole, e lo faceva egregiamente, sorprendendo i nemici per catturare preziosi bottini e filarsela via, veloce come il vento. Tanto veloce, col suo sloop, che era stato coniato un detto a Providence che può essere tradotto più o meno così: “Ecco John Haman, prendilo se ci riesci.”
Tale John Haman, si trovava a Providence perché pensava di trasferirsi lì con la famiglia, lasciando la solitudine e la pericolosità di un’isola disabitata e, magari, piantarla con la guerra di corsa. Dopotutto, di nemici se n’era fatti tanti tra gli spagnoli, e vivere da solo con moglie e figli in mezzo al mare dava qualche pensiero.
Con queste premesse e le voci che giravano sulla velocità dello sloop, il bersaglio fu presto scelto. Anne Bonny cominciò a far visita allo sloop e ai pochi uomini che lo presidiavano, al porto, salendo pure a bordo. Fingeva di avere degli affari da discutere col corsaro Haman, anche se sceglieva momenti in cui lui non era mai a bordo, così poteva farsi un giretto e ispezionare tutto quanto, senza destare sospetti. Scoprì quanti marinai venivano lasciati di solito a bordo, che tipo di guardia facevano, e studiò la nave stessa, imparando come muoversi al meglio su quelle assi. Fece anche molte domande, e tutto quel che scopriva lo andava a raccontare al suo amato capitano. Potrebbe essere che Anne Bonny per svolgere questo incarico di spionaggio si fosse travestita, magari da uomo, come aveva imparato a fingere per tutta l’infanzia, ma non viene specificato.
In ogni caso, la missione ebbe successo. I pirati di Calico Jack, nel numero di 8, si prepararono alla fase successiva del piano, la più rischiosa: prendere la nave. Fissarono di incontrarsi in un certo punto della costa, a mezzanotte, dove non sarebbero stati scorti, salirono su una scialuppa e remarono in direzione dello sloop, che stava ancorato non troppo lontano dalla riva. Erano, manco a dirlo, armati fino ai denti. Compresa Anne Bonny, che impugnava la pistola con una mano e la spada con l’altra. La notte era perfetta, buia e leggermente piovosa: tempo da bucanieri. I pirati si accostarono alla nave, silenziosamente, salirono a bordo e Anne Bonny in testa, si diresse alla cabina, dove si trovavano i due corsari di guardia. Spianò spada e pistola contro di loro e disse che se avrebbero emesso un solo fiato, “gli avrebbe fatto saltare il cervello”. Battuta riportata testualmente dal capitano Johnson. Mentre Anne Bonny, più che a suo agio nel suo primo incarico piratesco, faceva prigionieri quei due, Calico Jack e gli altri si davano da fare per salpare. Tenendo bene a mente, però, che non potevano semplicemente issare le vele e andarsene, perché si trovavano nel porto di una grande città, piena di navi e di guardie, con un forte presidiato a guardia di quelle acque. Se avessero destato sospetti, qualcuno sarebbe subito partito all’inseguimento.
Perciò, issarono solo una piccola vela. E scivolarono lentamente attraverso il porto. Dal forte subito li scorsero, e non appena furono vicini, le guardie gridarono loro contro, chiedendo dove stessero andando. Calico Jack rispose d’essersi trovato con la fune dell’ancora spezzata, che il rampino non bastava a trattenerli, e adesso si sarebbero ancorati più in là. Insomma, finse un problema da poco, cose che capitano, per cui non c’era niente di cui preoccuparsi. E, infatti, le guardie lo lasciarono stare.
Quando giunsero all’imboccatura del porto, lontano dal forte, si accertarono di non essere visti da nessuna delle altre navi, anche grazie all’oscurità della notte. Issarono tutte le vele che avevano e presero il mare. Ce l’avevano fatta. Convocati i due corsari prigionieri, chiesero loro se volevano far parte della ciurma, ma non vedendoli disposti, diedero loro una barca per remare fino a riva e consegnarono un messaggio per Haman: costui poteva dormire sonni tranquilli, perché Calico Jack e Anne Bonny gli avrebbero ridato lo sloop, prima o poi, a cose fatte. Parola di pirata. Dopotutto, non ce l’avevano personalmente con lui.
Prima ancora di partire per l’avventura, però, c’era un’ultima questione da sbrigare. Si trattava di un certo Richard Turnley, al quale Anne Bonny aveva chiesto di essere testimone dello scritto che suo marito avrebbe dovuto firmare, per il divorzio. Turnley aveva rifiutato di fare da testimone, e non solo: era stato lui a informare il Governatore della faccenda. Insomma, una persona che in quel momento, la coppia di pirati odiava più di ogni altra, e per la quale avevano giurato vendetta.
Turnley se n’era già andato da Providence prima che scappassero, perché dopo aver spifferato tutto sapeva d’essersi fatto dei nemici pericolosi. E aveva ragione, perché Jack e Bonny erano riusciti a conoscere l’isola in cui si era rifugiato lo spione, e si diressero là, prima di andare da qualunque altra parte. Una volta giunti a destinazione scorsero la nave di Turnley, ancorata a circa una lega dalla riva, l’abbordarono senza spargimento di sangue e salirono a bordo con sei uomini. Tutto ciò fu possibile perché gli uomini di Turnley avevano riconosciuto i pirati e si erano arresi subito, consapevoli che se non avessero opposto alcuna resistenza non sarebbe accaduto loro niente di male. E fecero questo anche perché Turnley, per sua buona fortuna, si trovava a terra a salare alcuni maiali selvatici che avevano ucciso il giorno prima.
I pirati salirono su una scialuppa e remarono verso terra per cercarlo. Turnley, però, aveva visto tutto dalla spiaggia, e non appena si accorse che quegli uomini si dirigevano verso la riva, temendo fossero proprio i pirati, fuggì nel bosco. Jack e Bonny scesero, armati fino ai denti, e chiamarono a gran voce Turnley. Questi, però, infilato nei cespugli, col cavolo che rispondeva. Guardandosi attorno, in mezzo al niente, i pirati arrivarono alla conclusione di non aver alcuna voglia di cercare quel disgraziato in mezzo al bosco. Tornarono quindi sulla nave dello spione, e portarono via tutto quanto, pure le vele. La spogliarono da cima a fondo, portandosi via anche tre uomini, che vollero unirsi alla ciurma. Mozzarono poi l’albero maestro, legarono la nave deturpata al loro fiammante e velocissimo sloop, e la rimorchiarono in acque profonde, dove l’affondarono definitivamente.
I membri della ciurma dello spione che non erano stati scelti per arruolarsi coi pirati, furono messi su una nave e mandati a riva, per riferire un messaggio al loro capitano, qualora avesse voluto uscire dai cespugli. Cosa che fece, dopo un po’, per sentirsi dire dai suoi che se Jack e Bonny fossero riusciti a trovarlo, l’avrebbero frustato a morte. La stessa punizione che il governatore aveva usato per minacciarli dopo la soffiata.
In ogni caso, adesso erano liberi di andare dove volevano, con una ciurma, una bella nave veloce, e il mare a loro disposizione. Una leggenda, quella di Anne Bonny, appena iniziata. Perché navigò a lungo in compagnia di Calico Jack, e i due abbordarono e saccheggiarono molte navi, facendo bottino, raccogliendo seguaci e diventando una piaga del mar dei Caraibi e pure oltre. La piratessa, in particolare, era considerata la più coraggiosa e intraprendente della ciurma che, spada e pistola in pugno, non si arrendeva manco nelle situazioni più disperate, quando ben pochi uomini rimanevano a combattere sul ponte, fino all’ultimo sangue.
Finché, un giorno, a turbare l’equilibrio della coppia di pirati non giunse un’altra donna. Un’altra sanguinaria della stessa stoffa di Bonny. Un’altra piratessa del gentil sesso che di gentile, in questo caso, non ci aveva proprio un bel nulla.
Ma del triangolo d’amore, bombe a mano, pistolettate e sciabolate in faccia tra i pirati più famosi della storia della pirateria, ne parlerò nel prossimo episodio. Seguimi per non perderlo!
- Storia generale dei pirati, Capitan Charles Johnson, CHAPTER VIII Of Mary Read and Anne Bonny, the female Pirates ↩
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