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6 Luglio 2021

Il necromante: il mago che resuscita i morti

il necromante mago dei morti

La vera storia della necromanzia (o negromanzia) l’arte magica che permetteva al necromante di evocare i morti e gli spiriti dell’Oltretomba

L’Aldilà è sempre stato un luogo pieno di “vita”. Avete presente tutte quelle leggende della mitologia greca che narrano di eroi scesi nell’Oltretomba per una ragione o per l’altra? Ecco, esiste una vera e propria etichetta letteraria per descrivere questo schema narrativo ricorrente ed è catabasi, dal greco, “andar giù“. Ulisse, Eracle, Orfeo… ma anche la dea mesopotamica Istar, il fondatore della città eterna Enea, Dante Alighieri e moltissimi altri personaggi: tutti accomunati dalla voglia matta di farsi una bella scampagnata in mezzo alle anime perdute e alle ossa secche. A margine di questo chiassoso viavai di eroi e poeti però si muovevano dei personaggi decisamente più silenziosi, oggi ritenuti oscuri, potenti e malvagi. Mi riferisco a coloro che operavano seguendo l’arte magica più macabra di tutte: quella del necromante.

Argomenti come la morte, l’avventura, il sacrificio, il viaggio e l’eroismo sono ricorrenti negli articoli che pubblico ormai da anni, qui sul blog. E lo sono ancora di più nei miei romanzi, come l’ultimo che ho appena finito di scrivere ambientato in un medioevo storicamente accurato con un pizzico di mistero e magia, che vedrà la luce sugli scaffali nel 2022. Là dentro è pieno zeppo di avventure, ammazzamenti e ossa secche, non vedo l’ora di parlarvene a breve, non appena l’editor avrà finito di leggere la mia prima stesura. Per adesso possiamo consolarci con la vera storia del necromante, a cominciare dalla sua prima apparizione nelle fonti storiche (puoi scoprire la storia della magia anche sul mio canale Youtube, in un video registrato appositamente La Necromanzia).

Nella seconda metà del II secolo, il padre fondatore della geografia e dell’astrologia Claudio Tolomeo scrisse il trattato sul quale basiamo ancora oggi tutte quelle minchionerie di oroscopi, segni zodiacali, ascendenti, eccetera eccetera: il Tetrabiblos, ossia “Delle configurazioni astronomiche sulla storia degli individui e delle nazioni“. Nel libro quarto, in mezzo a un mucchio di complicati calcoli astrologici per definire i momenti propizi fra le più svariate congiunzioni astrali e planetarie, compare il termine che ci interessa.

“Se il settore zodiacale che indica l’attività è occupato dalla Luna che si allontana dalla congiunzione col Sole insieme a Mercurio e Toro, Capricorno e Cancro, avremo indovini, ministri dei sacrifici ed esperti nella divinazione con i liquidi; in Sagittario e Pesci necromanti ed evocatori di demoni; in Vergine e Scorpione maghi, astrologi, profeti, veggenti; in Bilancia, Ariente e Leone individui ispirati dagli dei, interpreti di sogni, esorcisti.”

Tetrabiblos, 4.4.10, Claudio Tolomeo (traduzione a cura di Simonetta Feraboli, Mondadori

Evocatori di demoni, maghi, indovini, sacrifici… molto meglio dell’oroscopo di Paolo Fox, no? Attenzione a quel “demoni” tradotto in lingua italiana. Il passaggio in originale recita “nekromanteis kai daimonon kinetikous“. Nella cultura della Grecia antica il demone era completamente diverso da quello che ci figuriamo noi su base cristiana. Per Socrate il daimon era una guida divina, una sorta di coscienza spirituale, per Platone si trattava di un intermediario fra l’uomo e la divinità. Niente coda, ali di pipistrello, zoccoli e corna caprine.

Il Necromante del Tetrabiblos è una delle prime attestazioni del termine di cui siamo a conoscenza1. Nekromanteis deriva da necros, (morto) e manteia, (divinazione), termine più aderente al significato originario rispetto al più recente Negromante, che si diffonde a partire dal Medioevo2 per indicare il concetto più generico di magia nera ed evocazione di demoni, quelli cristiani, dal latino nigromantia (divinazione oscura, nera).

In film, romanzi, videogiochi e giochi di ruolo come Dungeons and Dragons infatti si utilizzano indistintamente i due termini necromante e negromante, senza sapere che l’uno e l’altro rispecchiano epoche diverse. Per un film ambientato in un oscuro Rinascimento italiano, fra intrighi politici, roghi di eretici e accoltellamenti, ci starebbe meglio il termine Negromante. Viceversa in un film ambientato nell’Antichità (Grecia, Egitto, o perfino Roma), è più adatto il termine Necromante. Nel romanzo che ho appena finito di scrivere non ho mai avuto bisogno di introdurre questa parola, ma se avessi dovuto farlo avrei scelto la Negromanzia, più adatta all’epoca tardo-medievale.

Il fatto che il termine compaia per la prima volta nel Tetrabiblos però non significa che il concetto sia nato con esso. Le parole cambiano e l’arte di far resuscitare i morti è ben più antica della parola con la quale la identifichiamo oggi. Basti pensare al Libro di Ezechiele, scritto nel V secolo avanti Cristo all’interno del grande ciclo letterario dell’Antico Testamento. Mi riferisco all’episodio della “Visione della valle delle ossa secche”, dove uno terrorizzato Ezechiele assiste alla rianimazione di un esercito di morti scheletrici, dando vita all’archetipo dell’armata delle tenebre.

Dello stesso periodo è il contributo di Omero (o chiunque sia stato l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, ancora oggi oggetto di dibattito), che attorno al VII secolo avanti Cristo ci racconta della discesa di Odisseo nell’Oltretomba, ma ancor più interessante è l’interpretazione di Eschilo nella sua tragedia sugli Evocatori:

“CORO DEGLI EVOCATORI: Vieni ora, amico ospite, fermati sul sacro recinto erboso del temibile lago. Tagliagli la gola e lascia che il sangue di questa vittima sacrificale scorra nelle oscure profondità delle canne come bevanda per i senza vita. Invocate la Terra primordiale e l’Hermes ctonio, scorta dei morti, e chiedete allo Zeus ctonio di far salire lo sciame di viaggiatori notturni dalle foci del fiume, da cui sgorga quest’acqua malinconica, inadatta a lavarsi le mani, e inviata dalle sorgenti stigie.”

Pyschagogoi, Eschilo, V secolo a.C

Gli evocatori derivano dal greco Pyschagogoi, che attraverso un rito necromantico evocavano le ombre (spiriti) dei defunti. La Psicagogia è l’arte di dar pace ai morti che, paradossalmente, devono prima essere evocati per essere riappacificati. Si tratta di una delle forme necromantiche da considerarsi all’origine della magia nera.

Ma la fonte più interessante ci viene restituita ancora una volta dai libri dell’Antico Testamento scritti attorno al V secolo avanti Cristo, in particolare nel libro di Samuele, dove compare uno dei primi necromanti della storia nonché il più famoso, anzi, la più famosa. Ovvero la strega di Endor.

Si narra che Saul, sovrano che regnò su Israele mille anni prima della nascita di Cristo (primo re d’Israele), avesse perso il favore di Dio. Si rifiutava di seguire i dettami di Samuele, ovvero il profeta indicato come l’autore del libro da cui è tratto questo episodio biblico, e dunque doveva essere tolto di mezzo. Dio aveva bisogno di un nuovo sovrano, qualcuno che potesse rappresentarlo al meglio fra gli uomini. E chi meglio di Davide avrebbe potuto ricoprire un incarico così delicato?

Esatto, il Davide biblico che tutti conosciamo grazie a Michelangelo: forte e coraggioso, così coraggioso da affrontare il gigante dei filistei con la sua frombola e prenderlo in piena fronte con una bella sassata. Per poi mozzargli la testa, ovviamente. Davide era il nuovo prescelto benedetto da Dio, guerriero famoso e bravo anche a suonare la cetra con la quale spazzava via gli spiriti maligni. Saul però era ancora re. E di lasciare il posto a quello sbarbatello musicista non ne aveva alcuna intenzione.

Re Saul tentò di uccidere Davide in più modi, ma non ci riuscì mai. Perché Davide era benedetto da Dio e Saul non lo era più. Nel frattempo i nemici giurati degli israeliti, i filistei, avanzavano con il loro poderoso esercito per ottenere il controllo di quella striscia di Terra Santa ancora oggi contesa fra i popoli. Alcuni storici ritengono che i filistei fossero tecnologicamente più evoluti rispetto agli israeliti, all’epoca di Samuele ancora fermi all’Età del bronzo, che avessero legioni armate col ferro, e carri da guerra alla maniera degli Egizi. In ogni caso Saul non aveva alcuna speranza di vincere perché sia gli uomini che Dio gli avevano voltato le spalle. Ed è per questo che scelse di rivolgersi ai morti.

Si recò a Endor per consultare l’ultima necromante rimasta del regno e le chiese di evocare lo spirito del defunto profeta Samuele. Le parole che proferì lo spirito al termine dell’evocazione però non furono consolanti. Re Saul aveva perso il favore di Dio e consultando un necromante aveva peggiorato ancora di più le cose. Gli venne profetizzata la sconfitta in battaglia e la morte. Cosa che avvenne.

Questo episodio biblico ci mostra una forma di magia vietata da Dio, ma che a tutti gli effetti funziona. La strega di Endor tramite la sua necromanzia riesce a riportare alla vita lo spirito del profeta e questo è stato oggetto di dibattito teologico per secoli. Potete immaginare come sia difficile giustificare certi principi del Cristianesimo se all’interno degli stessi testi sacri compaiono forme di magia che non dovrebbero esistere. Alcuni hanno risolto la questione riducendo l’episodio a un inganno del Diavolo: lo spirito infatti non era davvero quello di Samuele, ma un demone che faceva finta di esserlo. Altri ancora invece ritengono che lo spirito fosse stato mandato da Dio stesso, e che la strega di Endor credesse di possedere poteri magici, ma in realtà era solo un’illusa3.

Un’altra celebre necromante di sesso femminile è Erichto (o Eritto), personaggio di un poema in latino del I secolo tra le più cruenti che mi sia mai capitato di leggere nelle fonti antiche.

“Abitava invece nelle tombe abbandonate ed occupava i sepolcri, dopo averne cacciato le ombre, grazie ai favori accordatile dalle divinità infernali: né gli dèi superni né il fatto di esser viva le impedivano di percepire la turba dei trapassati silenziosi, di conoscere le sedi stigie e i segreti del sotterraneo Dite.”

Pharsalia di Marco Anneo Lucano (39-65)

Ma di lei, della sua fame di carne umana e della capacità di riportare in vita intere schiere di morti ne parleremo nel prossimo articolo: La necromanzia di Erichto, perché merita uno spazio tutto suo in questo blog-raccoglitore di storie fantastiche.

La necromanzia di cui abbiamo parlato finora è quella primordiale, la vera forma magico-religiosa della mitologia greco-romana poi trasformatasi nella generica magia nera che conosciamo oggi. Perché col trascorrere dei secoli a cominciare dalla corruzione tardomedievale della parola stessa, che si appropria della radice nigro per divenire negromanzia, il negromante si occupa di tutto: dall’alchimia all’utilizzo di trucchetti magici come la creazione di banchetti principeschi e filtri d’amore.

Se volete scoprire l’origine delle cose restate da queste parti e iscrivetevi alla newsletter. Perché solo in questo minuscolo posticino su internet è possibile scavare a fondo nel sottosuolo della Storia, fra scheletri e cripte infestate, alla ricerca della verità. Alla prossima!

  1. Mantic perspectives: Oracles, prophecy and performance, “Ancient Necromancy: Fact or Fiction?” Jan N . Bremmer, vi è anche un altro termine ancora più antico che è Nekya, il cui significato si avvicina a quello di “interrogazione dei morti”, ma che non prevede la presenza dell’esecutore del rito, il vero e proprio necromante, che apparirà solo in seguito
  2. Nel Decameron di Boccaccio (1313-1375) compare il termine negromante e l’aggettivo nigromantica. Nell’Orlando innamorato, Atlante è un grande incantatore e nigromante. Nell’Orlando Furioso il termine negromante compare più di dieci volte nei soli primi ventiquattro canti.
  3. Nello Speculum Astronomiae di Alberto Magno, del XII secolo, la magia si divide in due forme, quella ermetica e quella salomonica. Nella magia ermetica il mago si perde in preghiere sottomesse tentando di ottenere i suoi loschi scopi tramite entità maligne. Nella magia salomonica invece si tenta di stabilire un comando con delle entità che sono superiori agli uomini e inferiori alla volontà di Dio. Il mago salomonico dunque è un illuso e le sue formule sono ingenui vaneggiamenti, proprio come doveva esserlo la necromante di Endor (La magia nel Medioevo, Ilaria Parri)
Lorenzo Manara
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