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21 Settembre 2021

La crociata contro Alberico il maledetto

alberico il maledetto

Quando nel 1259 fu bandita una crociata contro il podestà di Treviso: il truculento sterminio di Alberico il maledetto e della sua famiglia

Medioevo: è così che viene chiamata l’epoca che corre fra la grandiosa Antichità classica e l’ancor più sfavillante Rinascimento. Da queste parti abbiamo ormai imparato a riconoscere le peculiarità di un lasso temporale fin troppo ampio per essere raggruppato sotto un’unica etichetta, tuttavia non dobbiamo cadere nell’errore opposto: ignorare le brutte cose che accadevano. Perché accadevano. Robe truculente, alcune così macabre da risultare eccessive perfino oggi… come nel caso della morte di Alberico da Romano, chiamato Alberico il maledetto da quei cronisti che assisterono in prima persona ai sanguinari accadimenti1.

Prima di entrare nel vivo delle vicende è bene precisare fin da subito che questo episodio è il risultato di una guerra più ampia, combattuta dalle più alte sfere politiche dell’epoca: papa Gregorio IX e l’imperatore Federico II. Una guerra completamente assurda, che forse a riassumerla in poche righe suona quasi inverosimile.

Agli inizi del XIII secolo l’Imperatore Federico II sarebbe dovuto salpare dall’Italia per recarsi in Terra Santa a riconquistare Gerusalemme, tuttavia non ne aveva voglia. Troppo costoso e complicato; tutte quelle navi da procurarsi e gli uomini da pagare e poi il regno che di certo era meglio tenere sott’occhio piuttosto che lasciarlo in balia degli eventi mentre si combatte dall’altra parte del Mediterraneo… insomma, Federico preferì ignorare i comandi della Chiesa perché aveva di meglio da fare. Perciò il papa lo scomunicò.

A quel tempo si teneva ancora in considerazione la voce del santo padre, dunque Federico si trovò costretto a raccogliere l’esercito e imbarcarsi in una nuova crociata (la sesta). Per forza non vien nemmen l’aceto, dice il proverbio, ma nonostante le poco favorevoli premesse quella dell’imperatore germanico si è rivelata l’impresa più riuscita dell’epoca. Una volta giunto a Gerusalemme con una mossa diplomatica da maestro ottenne la città senza neppure versare una goccia di sangue; a patto di mantenerla smilitarizzata, senza mura né difese, per essere visitata da chiunque, cristiani o musulmani che fossero. Un accordo restrittivo che il papa non apprezzò affatto.

Gerusalemme senza mura e senza esercito a difenderla, stracolma di infedeli scalzi non era tollerabile dal punto di vista teologico. Quello stupido di un imperatore avrebbe dovuto combattere e morire come avevano fatto gli altri prima di lui, invece che ridicolizzare l’intera faccenda riducendola a un banale baratto. Come punirlo per quell’affronto? Dopotutto era già stato scomunicato. E non c’è niente di peggio di una scomunica… o forse sì. C’è la morte.

Ed ecco che prese forma una delle situazioni più surreali della storia medievale: papa Gregorio IX bandì una crociata contro l’imperatore scomunicato Federico II, il quale aveva appena conquistato Gerusalemme alla guida di una crociata condotta in nome dello stesso papa che lo voleva morto. Queste furono le principali cause che portarono allo sterminio di Alberico il maledetto e di tutta la sua famiglia. Ma chi era Alberico?

Alberico era podestà di Treviso, appartenente all’onda filo imperiale, e potente alleato di Federico II assieme a suo fratello Ezzelino III da Romano, altro personaggio cui è stata attribuita una malvagità e una ferocia senza precedenti. L’intera famiglia degli Ezzelini era considerata nemica della fede, molto probabilmente oggetto di un importante intervento propagandistico della fazione papale. Ma non lo sapremo mai con certezza. L’unica cosa certa è la terribile condanna che si abbatté su di lui, sua moglie e tutti i suoi figli.

Alberico, dicono le cronache, fu un signore duro e crudele, membro del diavolo e figlio dell’iniquità. La sua giustizia sommaria si scagliava sui cittadini innocenti, le cui case dopo l’esecuzione venivano spogliate dei beni da rivendere fuori città. E il popolo ne aveva abbastanza.

La fama di Alberico si era sparsa a macchia d’olio per l’intero territorio, perfino nel contado. Gli animi erano pronti a esplodere ed è proprio quello che accadde quando il maledetto podestà decise di impiccare venticinque uomini, da tutti ritenuti innocenti. Una sentenza aggravata da un comando davvero infame: trenta nobili donne, madri o mogli o figlie o sorelle dei condannati, vennero trascinate all’impiccagione “perché li vedessero ad impiccare, e perché eglino avessero sotto gli occhi chi ne avrebbe fatta più straziante la morte.

Il supplizio avrebbe dovuto coinvolgere i famigliari per veicolare un chiaro messaggio: nessuna pietà per chi si oppone. Ma non era finita qui. Alberico il maledetto ordinò che venissero spogliate, tagliando le vesti all’altezza delle mammelle, e fatte passare tra le gambe dei loro cari mentre questi ultimi agonizzavano col cappio attorno al collo: “Né spettacolo di più feroce brutalità fu mai veduto né udito.”

Al termine dell’esecuzione le donne furono portate al di là del fiume Sile, senza null’altro che i rimasugli di vesti stracciate, e abbandonate a vagare “per quindici miglia di una landa deserta tra spine, triboli, ortiche, lappoli, ronchi, e carzeti pungenti; e camminando scalze, e a corpo nudo, le martoriava anche il morso e il pungiglione di molti insetti; e andavano piangendo, e n’avevan ben d’onde, chè al resto si aggiunse che nulla avevano di che cibarsi se non del proprio pianto.”

Raggiunsero il lido di Venezia entro sera, esauste, sporche, mezze nude e approcciarono un pescatore solo nella sua barchetta, che se ne tornava a riva. Il pescatore vedendo quelle trenta donne al tramonto, conciate male, che gli andavano incontro come degli spettri, dapprima si spaventò a morte. Credeva fossero “ombre, o fantasmi del demonio, oppure mostri marini usciti al lido.”

Preso dal dubbio si fermò comunque ad ascoltarle, e gli fu narrata quella storia dolorosa. Il pescatore giurò allora di aiutarle, tutte e trenta, traghettandole con la sua barchetta su un isolotto, al riparo dai lupi, per poi andarle a ripescare la mattina dopo con una barca più grande e condurle a Venezia, nella chiesa di San Marco, “ove spero che Dio rivolgerà sopra di voi lo sguardo della sua misericordia”.

A San Marco il cardinale inorridì nell’udire quella storia e sparse subito la voce in città. I cittadini giunsero da ogni parte per vedere quelle povere donne coi propri occhi e il nome del maledetto cominciò a serpeggiare tra la folla:

“Morte, morte a quel maledetto; bruci vivo colla sua consorte; e tutta la sua progenie sia estirpata!”

Assecondando il desiderio del popolo, il cardinale bandì una crociata contro Alberico il maledetto. Chiunque si fosse recato in guerra con l’obiettivo di sterminarlo, di persona o mandando qualcun altro in sua vece (!), avrebbe ricevuto piena indulgenza dei propri peccati. Crociata che, stando alle cronache, venne confermata dalla sede apostolica, e quindi dello stesso papa (che come abbiamo visto aveva già bandito una crociata contro l’imperatore).

La crociata infiammò la popolazione veneziana. L’esercito coadiuvato dalle armate papali si diresse al castello dove si era rifugiato Alberico il maledetto e lo prese d’assedio. Dopo poco tempo capitolò, forse per un’insubordinazione degli stessi uomini del signore sanguinario (le insubordinazioni erano molto frequenti nella guerra medievale, altri episodi potete trovarli nell’articolo dedicato). E la rabbia del popolo calò su di lui.

“Finirono malamente egli, la moglie, i figli e le figlie. Perocchè i loro uccisori divelsero le gambe e le braccia dal corpo di que’ bambini ancor vivi, e sotto gli occhi dei loro genitori, per usarne a schiaffeggiare la faccia del padre e della madre loro; e poscia legarono la madre e le figlie ad un palo, e le abbruciarono, quantunque esse fossero nobili, e le più belle ragazze del mondo, ed innocenti, e, per odio al padre e alla madre, non la perdonarono nè all’innocenza nè alla leggiadria loro. E in vero i loro genitori avevano con terrore orribile afflitti e tormentati i Trivigiani. Laonde accorrevano essi in piazza frementi contro Alberico, e vivo ancora, ogni cittadino colla tanaglia gli stracciava un boccone delle carni; e così tra ludibri, vituperi e tormenti, ne scarnificarono il corpo.”

A leggere la cronaca viene da domandarsi, a questo punto, se non fosse più malvagia la folla vendicativa dello stesso Alberico. E di questo si sono interrogati gli storici, chiedendosi se le accuse rivolte al signore sanguinario non furono frutto di una propaganda volta allo sterminio di una famiglia di parte avversa, legata all’imperatore scomunicato, e quindi politicamente scomoda (anche perché, a quanto pare, il maledetto non era un diabolico signore del male in tutto e per tutto, visto che amava comporre poesie d’amore).

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Lorenzo Manara
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