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27 Aprile 2021

Il prete guerriero dal Medioevo alla narrativa fantasy

prete guerriero

Il prete guerriero, detto anche chierico o monaco combattente: da quale realtà storica medievale nasce l’archetipo di Dungeons and Dragons?

Nel famoso gioco di ruolo Dungeons and Dragons compare una classe chiamata “chierico”: il più fedele difensore della spiritualità che non si fa nessuno scrupolo a impugnare la mazza chiodata e partire all’avventura, alla ricerca di infedeli da punire a suon di smazzolate in capo. Non saprei dire se questo archetipo narrativo del “prete guerriero” sia nato proprio con Dungeons and Dragons o con un romanzo cronologicamente anteriore (Gandalf de Il Signore degli anelli? Fra’ Tuck nel Robin Hood?), ma non ha importanza: la sua diffusione nel mondo storico-fantasy è così radicata che ce lo ritroviamo nelle più disparate opere d’intrattenimento: giochi di ruolo, videogiochi, fumetti, film o romanzi che siano.

Da dove proviene questa idea di fratacchioni che si lanciano in battaglia al fianco dei guerrieri di professione? E’ mai esistita una roba del genere nella storia umana? Ma certo che è esistita. Il primo esempio lampante è quello degli ordini monastico cavallereschi: templari, ospitalieri e cavalieri non morti di San Lazzaro (la cui storia pazzesca potete leggerla in un mio articolo precedente). Loro erano monaci a tutti gli effetti, assoggettati ai voti di castità e obbedienza. Tuttavia non è di questo che voglio parlarvi oggi. Nel girovagare alla ricerca di documentazione sempre fresca per i miei romanzi mi sono imbattuto nella parte più semplice e concreta della guerra medievale, quella fatta di scontri tra piccole realtà locali, signorotti chiassosi, villani incazzati e preti che non vedono l’ora di menar le mani. E siccome so che dentro di voi si nasconde un animo chiassoso e turbolento, voglio regalarvi alcuni fra gli episodi di guerra e preti più spassosi.

Innanzitutto, cominciamo con lo sfatare il mito di un clero inerme, che subisce passivamente gli eventi bellicosi all’infuori delle realtà considerate (erroneamente) neutrali come chiese e abbazie. Le cronache ci regalano svariati esempi di sacerdoti guerrieri in armi, e sembrerebbe che perfino i membri più prestigiosi della Chiesa cristiana come i vescovi non disdegnassero di tanto in tanto vestirsi di ferro. Uno dei più celebri è il vescovo di Arezzo, che nel 1289 guidò le schiere ghibelline contro i guelfi fiorentini alla soglia dei settant’anni di età. Ormai anziano non era di certo in grado di regalare chissà quali prodezze, ma si rese protagonista di un momento comico involontario a causa della sua miopia.

Giunto sulla piana di Campaldino, allo scorgersi delle schiere nemiche, il vescovo condottiero chiese ai suoi attendenti a quale città appartenessero le mura comparse dinnanzi a loro. “Vostra eccellenza, non sono mura. Sono gli scudi dei nemici1. Molti altri vescovi sono passati alla storia per le loro imprese di guerra, ma nella realtà locale che vi ho introdotto poco fa non c’è posto per queste robe sfarzose, fatte di destrieri ingualdrappati coi bei colori di famiglia. Oggi parliamo di mazzate da taverna e per questo non posso che iniziare col chierico del Castelletto di Parigi, comparso in una cronaca di metà del Duecento per la sua impresa in “camicia”2.

Si racconta che il re di Francia avesse invitato tutti i suoi cavalieri a Parigi per prestare giuramento e che durante il viaggio uno di quei cavalieri incrociò un carro che trasportava tre uomini morti. Si trattava di soldati di malaffare, criminali che scorrazzavano per i sobborghi della città a derubare la gente. Il cavaliere chiese cosa fosse successo e venne a sapere che l’ultima loro impresa li aveva fatti scontrare con la persona sbagliata: un chierico bellicoso armato di spada e balestra.

I tre criminali avevano accerchiato il sant’uomo in un vicolo e, trovandolo disarmato, lo avevano spogliato di ogni suo avere. Quando si allontanarono col bottino, soddisfatti, non potevano immaginare che il chierico si sarebbe precipitato a casa, di corsa, per armarsi di spada e balestra. Quest’uomo di chiesa, di cui non sappiamo il nome, si mise all’inseguimento dei tre vestito con la sola camicia, gridando loro che li avrebbe ammazzati uno per uno se non si fossero arresi.

Vedendolo così infuriato i criminali non ebbero il coraggio di fermarsi. Allora il chierico tese la balestra, scoccò un dardo e ne ammazzò uno con un precisissimo colpo al cuore. Poi estrasse la spada e rincorse gli altri due “sotto la luna, bella e chiara”. Raggiunse il secondo in un cortile e gli mozzò la gamba con un colpo, poi rincorse l’ultimo fin dentro una casa e gli menò la spada sul capo, spaccandogli il cranio e tutti i denti. Finita la carneficina il chierico si consegnò in prigione rimettendosi al giudizio del re in persona. E il re, venuto a conoscenza dei fatti, disse:

“Signor chierico, a causa della vostra prodezza non sarete più prete, però io vi assoldo al mio servizio, e verrete con me Oltremare. E questo lo faccio acciocché la mia gente veda che io non li sosterrò in alcuna loro impresa malvagia.”

Re Luigi IX, il Santo, Vita di San Luigi, Jean de Joinville, XXVI

Re Luigi, che ricordiamolo è un santo riconosciuto dalla Chiesa, mette subito in chiaro che un prete non può sporcarsi le mani di sangue. Poi però non può che riconoscere il valore del sant’uomo e lo perdona. Questo ci aiuta a capire come fosse vario il mondo, che i preti medievali erano uomini come gli altri e che, soprattutto, usavano indifferentemente qualsiasi tipo di arma, a dispetto del mito che li vede come portatori di mazze per ammazzare senza spillare sangue.

Un altro prete guerriero alla Dungeons and Dragons di cui voglio parlarvi è tale Don Antonio Zani, chierico della pieve di Guiglia che nel 1580 bazzicava le colline modenesi. Dai verbali dell’Inquisizione sappiamo che Don Antonio fu coinvolto in un processo per eresia all’interno di un conflitto ben più ampio col podestà. I due si becchettavano da anni, senza tregua: uno scontro fra potere laico e clericale alla maniera italiana, come nelle storie di Don Camillo. E, proprio come Don Camillo, Don Antonio non disdegnava di fare a ceffoni, di tanto in tanto. Il prete infatti aveva un fratello, Cesare, membro di una banda contadina capeggiata da un tale che si faceva chiamare “lo Zoppo”. Si trattava di soldataglia montanara che occupava la zona e che, soprattutto, trovava riparo presso la casa del prete. Don Antonio li appoggiava e, stando alle testimonianze, prendeva parte alle loro imprese in prima persona.

Nel 1578 vennero presentate contro di lui delle querele da parte di alcuni abitanti3. Si diceva che facesse “mille indegnità non convenienti a un prete“, che impedisse matrimoni con l’aiuto dei banditi, che tagliasse alberi da frutta nei possedimenti della chiesa per far legname, che avesse “chiavato la Maria et la Madalena sorelle et sue mezadre” e che seminava “odi e discordie nella terra4. Accuse pesanti da rivolgersi a un prete, che a quanto pare s’era fatto pure le sue concubine.

Insomma: sesso, droga e rock and roll per questo prete guerriero del Rinascimento. Ma lasciamo stare per un attimo le sue attitudini e concentriamoci sugli uomini dello Zoppo. La sua soldataglia contadina non dobbiamo immaginarla come l’allegra compagnia ribelle di Robin Hood, tutti nascosti nel bosco, sudici e con le pezze nel didietro. Le bande di motagna erano composte da persone di cui si conosceva il nome, che si muovevano alla luce del sole e, come testimoniato nei verbali dell’Inquisizione, che avevano l’appoggio della popolazione (perfino di Don Antonio). Il loro equipaggiamento non era quello dei rozzi tagliagole che si vede nei film, ma comprendeva armi da guerra come l’archibugio a ruota: arma da sparo che si ricaricava con polvere da sparo e palla di piombo.

Il loro ruolo era più o meno quello dei bravi dei Promessi Sposi, scagnozzi che fanno da protezione e di tanto in tanto vengono mandati a fare il lavoro sporco. E il nome “banda” non deve trarre in inganno, poiché non sono stati “banditi” da nessun luogo e, a quanto mi risulta, nemmeno devono essere considerati fuorilegge. Nel 1587, infatti, Lo Zoppo e i suoi uomini li ritroviamo in azione stipendiati dal duca stesso per combattere le bande di una famiglia rivale5, diventando quindi veri e propri soldati da contratto.

E Don Antonio? Avevamo detto che tutto quello che sappiamo di queste vicende deriva dal processo per eresia che lo vede coinvolto nel 1580. Egli deve quindi togliersi gli abiti di prete guerriero e umiliarsi di fronte alle accuse, riuscendo a raggranellare un perdono tramite abiura. Gli è andata bene, insomma, nonostante le sue bravate. E questo ci mostra ancora una volta quanto l’Inquisizione romana fosse diversa da come la immaginiamo noi oggi, e che i roghi di eretici e streghe fossero più rari di quanto si pensi.

Concludiamo questo articolo sul prete guerriero con un’ultima impresa eroica, questa volta legata alle crociate. Nel 1250 circa un accampamento cristiano venne preso d’assalto da un pugno di saraceni, che trincerati dietro una barriera di pietre tiravano loro addosso con gli archi. I saraceni erano in otto, di rango elevato visto il loro equipaggiamento, e stavano nascosti lì dietro, ferendo uomini e cavalli con i loro dardi. I crociati erano in una situazione difficile, stanchi e feriti, e non sapevano come togliersi di dosso questa seccatura. Decisero di uscire allo scoperto di notte, per coglierli di sorpresa dietro alla barriera, ma un prete di nome Giovanni di Voisey non volle attendere un istante di più. Perché, a quanto pare, si era rotto le balle.

Uscì dal campo da solo e si diresse verso i Saraceni armato con la tunica imbottita, l’elmo di ferro e la lancia tenuta sotto l’ascella, con la punta che strascicava sul terreno. I saraceni vedendolo da solo non gli badarono, ma quando lui fu abbastanza vicino alla barriera estrasse la lancia da sotto l’ascella e corse loro addosso gridando a squarciagola. I saraceni, nonostante fossero in netta superiorità numerica, non opposero alcuna resistenza: si voltarono e fuggirono dietro agli schiamazzi del prete. Da allora il sant’uomo divenne famoso nel campo “e gli uni e gli altri se lo mostravano dicendo: guarda il prete del sire di Joinville, che ha messo in fuga gli otto saraceni6.

Nel romanzo che sto finendo di scrivere, ambientato in un medioevo fantastico italiano, compare un prete guerriero come questi di cui vi ho parlato oggi: misterioso, arrogante e con una gran voglia di menar le mani. Se ne volete sapere di più continuate a seguirmi, perché a breve sarà pronto per la pubblicazione e non potete perdervelo.

Se vi è piaciuto questo articolo a tema Dungeons and Dragons non dimenticate di leggere Il mito dell’armatura chiodata. Ciao!

  1. Cronaca di Dino compagni, 1310
  2. Vita di San Luigi, Jean de Joinville, XXVI
  3. Archivio di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Rettori dello Stato, Documenti 1353-1582, Memoriale al duca, 11 settembre 1578
  4. Podestà e inquisitori nella montagna modenese, Susanna Peyronel Rambaldi
  5. Notizie storiche su Montetortore, E. Trota
  6. Vita di San Luigi, Jean de Joinville, LII
Lorenzo Manara
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