Close

5 Luglio 2018

Cariche di cavalleria famose: 9 battaglie memorabili

campi catalaunici attila cariche di cavalleria famose nella storia

Le cariche di cavalleria entrate nella leggenda: tra vittorie schiaccianti e disfatte, le 9 battaglie più famose della storia

Le cariche di cavalleria sono fra le manovre di battaglia più spettacolari e affascinanti della storia. L’azione dirompente di un assalto al galoppo è stata sfruttata fin dall’antichità è ha perdurato ben oltre la comparsa della polvere da sparo.

Dagli Unni di Attila ai Normanni di Guglielmo il Conquistatore, dai cavalieri coperti d’acciaio di Francia agli ussari alati di Polonia: da sempre gli uomini di ogni epoca e nazione sono montati in sella al proprio destriero per lanciarsi contro il nemico. In questo articolo voglio parlarvi di 9 spettacolari cariche di cavalleria che hanno ispirato ballate, dipinti e storie narrate ancora oggi.

330 a.C. – Isso

battaglia di isso carica di cavalleria alessandro magno

Per inseguire il sogno di realizzare l’impero universale, Alessandro il Grande si spinse fino agli estremi orientali del mondo conosciuto. L’armata ai suoi ordini era composta principalmente dalla falange macedone (la celebre formazione di fanteria dotata di lunghe picche) e da un’altra componente imprescindibile, senza la quale non sarebbero state possibili molte imprese belliche memorabili: la cavalleria pesante.

Sul finire dell’estate del 330 a.C., a Isso, fu proprio la cavalleria pesante a decidere le sorti della battaglia. Alessandro in persona guidò la travolgente carica nel cuore dell’esercito persiano utilizzando la tattica dell’incudine e del martello; attraverso i ripetuti assalti della cavalleria, il nemico venne spinto a scontrarsi con la fanteria armata di picche e restò intrappolato in una morsa.

I persiani di Dario III si ritrovarono così in una sanguinosa mischia, stretti fra la cavalleria macedone e le micidiali sarisse, le picche lunghe sei metri. A nulla valse la soverchiante superiorità numerica dell’esercito di Persia: quella di Alessandro Magno fu una vittoria schiacciante, degna di uno dei migliori strateghi della storia militare.

451 d.C. – Campi Catalaunici

Come tutti i popoli della steppa, gli Unni erano addestratori di cavalli da tempi immemori. La loro cultura ruotava attorno al nobile destriero e questo si rifletteva sul loro modo di combattere. Disse di loro il goto romanizzato Jordanes:

Sono animali selvaggi, bestie a due zampe, semi-uomini che mangiano i loro vecchi, bevono il sangue e si nutrono della carne scaldata sotto le selle dei loro cavalli.”

L’arrivo degli Unni terrorizzò l’occidente romano e fu il principio, secondo alcuni storici, della successiva caduta dell’Impero. Attila incarnava questo terrore. Assieme ai suoi cavalieri nomadi strinse un’alleanza con i re barbari del nord e diede inizio all’invasione delle Gallie. Nel vasto campo pianeggiante detto dei Campi Catalaunici, l’armata degli spaventosi Unni incontrò le disciplinate truppe di Roma in quella che tradizionalmente viene considerata una delle battaglie decisive della storia europea.

L’esercito che fronteggiava gli Unni quel giorno era affiancato da un miscuglio di popoli un tempo nemici fra loro, come gli Alani e i Visigoti. Roma aveva bisogno dei suoi antichi avversari per sopravvivere. Fu proprio uno di questi barbari romanizzati a ribaltare le sorti dello scontro. Dopo che le ripetute cariche di cavalleria unne penetrarono le formazioni romane decretando la morte del re visigoto Teodorico, fu proprio Torismondo, il figlio del re caduto, a tenere uniti gli uomini e impedire che abbandonassero il campo.

Torismondo non ebbe neppure il tempo di piangere il padre. Spinto dalla furia e dalla sete di vendetta, riorganizzò la cavalleria e contrattaccò gli Unni sul fianco. Questa manovra colse di sorpresa Attila, il quale dovette ordinare la ritirata per evitare il rischio di accerchiamento. I nomadi della steppa abbandonarono l’idea dell’invasione e per un breve periodo Roma poté godersi la pace.

14 ottobre 1066 – Hastings

battaglia di hastings

Guglielmo il Conquistatore sbarcò sulle coste d’Inghilterra con i suoi milites, uomini equipaggiati con maglia di ferro, elmo a nasale, scudo a mandorla, lancia e spada: anticipazione di quello che successivamente sarebbe diventato il cavaliere feudale.

La cavalleria Normanna erano così temuta che i Sassoni guidati da Aroldo quando seppero dell’imminente invasione si posizionarono sulla cima di una collina e si ripararono dietro un muro di scudi; intendevano contrastare i potenti avversari grazie alla posizione rialzata e a una solida difesa.

I primi istanti della battaglia sembrarono dare ragione alla tattica sassone. Gli housecarls di Aroldo, asserragliati sulla collina e protetti dagli scudi, apparivano intoccabili. I Normanni provarono con il lancio di frecce e perfino con l’assalto di più cariche di cavalleria, ma il tempo passava e i difensori non cedevano di un passo.

Durante l’ennesimo attacco alla collina un contingente normanno subì gravi perdite e si diede alla fuga. Si sparse la voce che Guglielmo fosse con loro, e che fosse addirittura morto. Tra le fila normanne cominciò a serpeggiare il panico. I Sassoni credettero di avere la vittoria a portata di mano, ruppero la posizione difensiva e si lanciarono all’attacco per porre fine alla battaglia. Ma quando tutto sembrava ormai perduto, Guglielmo apparve dal nulla cavalcando sul suo destriero e mulinando la spada. I suoi lo riconobbero subito e con rinnovata forza si lanciarono dietro di lui.

Mille cavalieri normanni partirono alla carica seguendo il loro re. I Sassoni appena scesi dalla collina furono colti di sorpresa e vennero travolti. Re Aroldo morì poco dopo e con lui morirono anche la cultura e la società sassone: la battaglia di Hastings e la carica dei mille milites decretò l’inizio dell’Età Feudale.

22 luglio 1298 – Falkirk

Dopo la vittoria schiacciante della battaglia di Stirling, William Wallace si apprestava a fronteggiare nuovamente gli oppressori inglesi. Era stato nominato Guardiano di Scozia e la sua fama di liberatore del popolo era alle stelle. Edoardo I re d’Inghilterra aveva tutta l’intenzione di porre fine alla faccenda e aveva organizzato un esercito per invadere le Highlands.

Le due armate si fronteggiarono nei pressi di Falkirk. Gli inglesi contavano circa 18.000 uomini tra fanti, arcieri e cavalieri pesanti; gli scozzesi solo 6.000 guerrieri dei clan e un migliaio di nobili a cavallo. William era fiducioso e intendeva replicare la strategia degli schiltron, le formazioni a porcospino irte di lance che si erano già dimostrate efficaci in passato. Questa volta però le cose non andarono come previsto.

Gli arcieri inglesi bersagliarono instancabilmente le stazionarie formazioni scozzesi. Sotto il fuoco ripetuto e senza la possibilità di abbandonare le posizioni per non essere preda delle cariche di cavalleria, gli highlanders vennero decimati. Le file si assottigliarono, alcuni si diedero alla fuga e poco dopo i cavalieri nobili li seguirono a ruota. Sul campo di battaglia rimasero solo i più fedeli a Wallace, incitati dal loro comandante a resistere.

Dopo che gli arcieri ebbero indebolito gli schiltron Edoardo I ordinò la carica e per i guerrieri dei clan non ci fu più niente da fare. I cavalieri inglesi bene addestrati e armati pesantemente si lanciarono contro le fila scozzesi in un assalto poderoso, che pose fine alla battaglia trasformandola in un massacro. Wallace riuscì a fuggire, ma da quel momento in poi la sua fama diminuì fino a scomparire finché, nel 1305, venne catturato e condannato a morte.

26 agosto 1346 – Crecy

battaglia di crecy

Le monarchie di Francia e Inghilterra hanno combattuto fra loro durante tutto il Medioevo. Gli storici ottocenteschi chiamarono la parte centrale di questo conflitto “guerra dei Cent’anni”, e la battaglia che si svolse a Crecy fu uno degli scontri più sanguinosi del periodo.

I francesi disponevano di una grande armata: 20.000 fanti, 6.000 balestrieri mercenari e 12.000 cavalieri simbolo dell’aristocrazia di Francia, equipaggiati con le migliori armi e corazze dell’epoca. Gli Inglesi potevano contare su una forza decisamente inferiore; le cariche di cavalleria nemica avrebbero potuto spazzarli via se si fossero scontrati in campo aperto. Il re inglese studiò la situazione e dopo aver esaminato ogni possibilità fece una scelta radicale: decise di far smontare la maggior parte dei suoi cavalieri e schierare l’armata sulla cima di una collina.

Forse gli erano venuti in mente i suoi antenati sassoni nella battaglia di Hastings. O molto più probabilmente si era ricordato della cavalleria inglese sconfitta dagli highlanders nelle guerre di Scozia. In ogni caso, la sua tattica si rivelò vincente.

I 12.000 cavalieri francesi si gettarono all’attacco, ma risalire il pendio sotto la pioggia di frecce si rivelò una follia. Una dopo l’altra tutte le cariche di cavalleria vennero respinte, finché le perdite non furono così gravi da costringere l’intero esercito francese a una disastrosa ritirata. Secondo le cronache a fine giornata almeno 2.000 cavalieri francesi giacevano morti sul campo.

28 giugno 1575 – Nagashino

battaglia di nagashino

Il clan Takeda aveva posto sotto assedio il castello di Nagashino ormai da dieci giorni. Per spezzare l’assedio il clan di Tokugawa schierò un’armata di 38.000 uomini nelle pianure intorno alla fortezza. Si trattava di un esercito numeroso, che superava di ben due volte quello di Takeda, tuttavia l’esito della battaglia era tutt’altro che certo.

Il clan Takeda era rinomato per le sue cariche di cavalleria. Per difendersi dagli assalti devastanti degli avversari, i Tokugawa si disposero sulla riva del fiume che attraversava il campo e piantarono una lunga palizzata. Poi si misero in attesa.

I cavalieri di Takeda emersero dalla foresta e scorsero la lunga linea difensiva nemica. Pioveva pesantemente quel giorno, il terreno era fangoso e le micce degli archibugi difficili da tenere accese. Forse fu per quest’ultimo motivo che senza alcuna esitazione diedero inizio alla carica. Cominciarono a galoppare, furenti, i vessilli al vento e le lance tese dinnanzi a loro. Si avvicinarono al fiume e quando l’acqua cominciò a schizzare sotto gli zoccoli degli animali, i Tokugawa aprirono il fuoco.

Le scariche di archibugio investirono la cavalleria. Le palle di piombo sparate a distanza ravvicinata riuscirono a penetrare le armature e molti samurai caddero da cavallo imbrattando il fiume di sangue. I Takeda tentarono di risalire la sponda, ma dovettero scontrarsi con la disciplina dei fanti Tokugawa asserragliati dietro la palizzata. Cominciò una mischia durissima che durò fino al pomeriggio.

Dopo ore di combattimenti la cavalleria Takeda ruppe la formazione e abbandonò il campo, cedendo la vittoria agli scaltri Tokugawa che avevano saputo sfruttare il territorio a loro vantaggio.

12 settembre 1683 – Vienna

Quel giorno il re di Polonia osservava la battaglia da un’altura assieme ai suoi 3 squadroni di cavalleria: gli ussari alati. Si trattava di soldati d’élite, formidabili cavalieri che al solo comparire in battaglia facevano tremare il nemico. Il nome deriva dalle ali piumate fissate alla sella, decorazioni che durante la galoppata permettevano loro di apparire maestosi e terrificanti allo stesso tempo.

L’Impero Ottomano aveva posto sotto assedio la città di Vienna. L’intero paesaggio era occupato dai 140.000 uomini del Gran Visir, che da più di due mesi tentavano di farsi largo fra i bastioni della capitale austriaca. Il Re di Polonia era stato chiamato per aiutare i difensori a sconfiggere i turchi, e quella calda mattina del 12 settembre diede l’ordine di suonare l’avanzata: al comando di 3.000 ussari si riversò nella pianura invasa dal nemico.

“Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Arrivavano con un’ala di fronte ai valacchi e moldavi addossati ad una riva del Danubio e con l’altra ala fino all’estremità delle divisioni tartare, coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi.”

Queste furono le parole del cronista turco presente quel giorno. Gli ussari alati caricarono l’armata ottomana in uno scontro devastante, travolgendo chiunque capitasse loro davanti. L’esercito invasore venne sbaragliato e fu costretto alla ritirata, ponendo fine all’assedio che aveva messo in allerta l’intera Europa orientale.

Sono molte le opere che hanno tratto ispirazione da questo episodio, prima fra tutte la saga de Il Signore degli Anelli. La battaglia dei Campi del Pelennor narrata nel terzo libro ricalca alla perfezione l’assedio di Vienna, ponendo l’accento alla forte analogia fra i Rohirrim e gli ussari alati di Polonia.

Ed ecco tutto. Questa è la lista delle cariche di cavalleria più entusiasmanti della storia. Si tratta di un elenco basato sul mio gusto personale e fin troppo approssimativo, ma spero almeno di aver stuzzicato la vostra curiosità. Ognuno di questi eventi può essere approfondito sui libri, magari in un prossimo articolo vi dico quali sono quelli che mi sono piaciuti di più. Per ora vi lascio con una classifica delle migliori scene di battaglia della narrativa. Alla prossima!

Lorenzo Manara
Latest posts by Lorenzo Manara (see all)