5 scene di battaglia epiche della narrativa
La classifica delle migliori scene di battaglia in libri e fumetti: 5 opere che narrano i momenti più coinvolgenti delle storie di guerra.
La guerra è drammatica quanto affascinante: questa è una verità che ci accompagna fin dai tempi antichi. Si tratta di un argomento che tocca gli istinti più reconditi dell’animo umano, sentimenti che sono impressi a fuoco nel nostro codice genetico. Queste emozioni però vengono risvegliate solo grazie alla narrazione: senza una storia appassionante le scene di battaglia ci apparirebbero stupide e crudeli come lo sono nella realtà.
E’ proprio qui che entrano in gioco i romanzi e i fumetti, opere che sono riuscite nel difficile intento di farci apprezzare qualcosa che meriterebbe solo disprezzo (così come avviene con molte altre tematiche). Qui di seguito voglio elencarvi la classifica delle scene di battaglia che mi sono rimaste impresse nella mente anche a distanza di anni.
J.R.R. Tolkien – Il Signore degli Anelli
La saga che ha gettato le fondamenta di un intero genere narrativo è anche una delle opere più ricche di battaglie e combattimenti spettacolari. I romanzi scritti da Tolkien hanno come tema principale il concetto d’impresa eroica: l’estremo sacrificio di personaggi disposti a compiere gesta straordinarie pur di sconfiggere il male. Queste imprese si concretizzano in alcuni momenti determinanti per la trama, come ad esempio l’assedio del Fosso di Helm nel secondo volume e quello di Minas Tirith nel terzo.
L’accuratezza di armi e tattiche militari non è fra le migliori della narrativa, specialmente quella moderna, e talvolta emergono delle trovate fin troppo ingenue. Ad esempio la cotta di maglia in mithril che porta con sé Frodo non è il massimo della verosimiglianza; il mithril potrà essere anche il materiale più duro e resistente al mondo, ma una martellata sulle costole resta pur sempre una martellata sulle costole. C’è anche il celebre problema delle aquile e del loro tardivo intervento ma, insomma, non sono qui per fare le pulci al buon Tolkien.
Il Signore degli Anelli è un capolavoro della letteratura, opera d’arte che narra di battaglie così maestose da scuotere l’animo, e la scena che mi ha fatto drizzare i peli delle braccia è sicuramente la carica di cavalleria dei Rohirrim, nella Battaglia dei Campi del Pelennor. Una sola parola: epica.
“Dal dubbio e dalle tenebre verso il giorno galoppai,
E cantando al sole la spada sguainai,
Svanita ogni speme, lacero è il cuore:
Ci attende la collera, la rovina e il notturno bagliore!”
J.R.R. Tolkien – Il ritorno del re
Bernard Cornwell – L’arciere di Azincourt
Bernard Cornwell è un maestro del romanzo storico e dell’avventura. Il suo ciclo di Excalibur è una di quelle saghe che non dovrebbero mai mancare nella libreria di un appassionato; in 5 volumi è riuscito a mettere insieme le ormai abusate e numerosissime versioni del ciclo bretone per dar vita a una storia unica, piena di personaggi memorabili e originali. Il libro che voglio consigliare oggi però è di tutt’altra fattura. Si tratta di un romanzo storico di precisione estrema, affilato come la punta di una freccia: L’arciere di Azincourt.
Ne L’arciere di Azincourt, Cornwell ci mostra la battaglia che ebbe luogo nell’omonima località della Francia, fra i pochi e stremati soldati d’Inghilterra e i numerosi e potenti cavalieri francesi. Si tratta di uno scontro divenuto celebre per l’esito inaspettato, che vide la vittoria schiacciante degli inglesi grazie alle impervie condizioni del campo, alle pessime scelte tattiche francesi e all’impiego di un’arma micidiale: il longbow, l’arco lungo inglese.
Nonostante l’inferiorità numerica e la soverchiante superiorità delle armature nemiche, gli inglesi scatenarono una tempesta di frecce che si rivelò decisiva contro i cavalieri impantanati nel fango. La cura per i dettagli e la precisione con la quale Cornwell ci mostra queste scene di battaglia è una vera goduria. Non mancano riferimenti a documenti storici e perfino qualche citazione Shakespeariana, come nel caso del discorso di Enrico V prima della mischia.
“Questa storia ogni brav’uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest’oggi, fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi pochi. Noi felici, pochi. Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!”
Enrico V – Shakespeare
Frank Miller – 300
Il mito degli spartani negli ultimi anni è diventato popolare grazie a Frank Miller e al suo fumetto. Sebbene gli abitanti della Laconia, severi e marziali, abbiano da sempre occupato un posto di rilievo tra le figure più affascinanti della storia, oggi sono celebrità moderne al pari di Batman o Iron Man. I guerrieri con l’elmo corinzio sono divenuti supereroi dalla volontà incrollabile, esempi di travolgente risolutezza in grado di smuovere le montagne e far inginocchiare gli imperi.
La battaglia delle Termopili è la rappresentazione perfetta del conflitto drammaturgico: uomini che lottano per un ideale e rifiutano di cedere pur conoscendo l’esito della loro scelta. Si tratta di un tema potente, che per risultare pienamente efficace ha necessitato di un profondo lavoro di sceneggiatura culminato in una delle scene di battaglia più romantiche e affascinanti della storia del fumetto.
Le azioni frenetiche sono intervallate da un narratore posato, quasi calmo, che fa da contrasto attraverso le sue considerazioni metodiche con la brutalità guerriera degli spartani. I nemici vengono abbattuti a ondate, figure indistinte che si scontrano con altre figure indistinte: elmi e mantelli, nessun personaggio deve emergere dallo spettacolo di sangue e muscoli tesi. A sublimare tutto questo, poi, arriva una pellicola cinematografica di spessore, in grado di cogliere i punti di forza del fumetto di Miller ed elevarli all’ennesima potenza. Fumetto da leggere e film da vedere, l’ordine decidetelo voi.
I nostri vecchi dicono che noi spartani discendiamo da Eracle stesso. L’impavido Leonida conferma la nostra discendenza. Il suo ruggito è lungo, possente e beffardo. Fissando la morte negli occhi – ride.
Frank Miller – 300
George R.R. Martin – Cronache del ghiaccio e del fuoco
In questa classifica entra di diritto un altro fantasy, forse il più celebre degli ultimi anni: le Cronache del ghiaccio e del fuoco, meglio conosciuto come Game of Thrones. Lessi questi libri nell’estate del 2009 e ne fui ammaliato. La scrittura di Martin è asciutta, diretta ed elegante; niente fronzoli tipici dei pessimi fantasy che hanno cavalcato l’onda del Signore degli Anelli. L’autore conosce gli attrezzi del mestiere e li sfrutta sapientemente per miscelare sotto trame e vicende senza soluzione di continuità fra una morte e l’altra. Già, perché una delle ragioni principali del suo successo è proprio la facilità con cui muoiono i protagonisti.
Sono molte le scene di battaglia presenti nella saga. Una di queste è la Battaglia delle Acque Nere, narrata nel quarto libro in italiano della serie, e di sicuro fra le più storicamente ispirate. Lo svolgimento ricorda la battaglia di Salamina, combattuta nel 306 a.C fra Greci e Persiani nel tratto di mare che bagna le coste di Atene. I persiani, che vantavano una flotta di gran lunga superiore a quella greca, si imbottigliarono in uno stretto passaggio proprio come accade agli uomini di Baratheon nel libro di Martin.
Lo scontro che merita la prima posizione fra le scene di battaglia di Game of Thrones però è un altro. Si tratta del duello tra Syrio Forel, il maestro di spada braavosiano, e sei guardie reali guidate da Meryn Trant. Syrio riesce a battersi in condizioni del tutto svantaggiose e sconfiggere cinque avversari prima di morire, ma ciò che rende spettacolare questo combattimento non è tanto il risultato, quanto le modalità con il quale viene affrontato: il maestro di spada infatti si batte con una semplice spada da addestramento in legno, mostrando come la padronanza della tecnica possa sbaragliare la forza bruta.
“Le mie parole hanno mentito. I miei occhi, il mio braccio hanno gridato la verità. Sei tu che non hai visto.”
George R.R. Martin – Cronache del ghiaccio e del fuoco
Robert Louis Stevenson – L’isola del tesoro
L’ultima opera di cui voglio parlarvi è una delle mie storie d’avventura preferite. Ho già scritto un articolo a riguardo e non voglio ripetermi, perciò mi limito a raccontarvi cosa avviene durante la spettacolare battaglia del fortino, che ritengo un piccolo capolavoro narrativo.
Jim Hawkins, il protagonista sulle tracce del tesoro di Flint, si rifugia in un vecchio fortino sull’isola assieme ai pochi marinai fedeli al capitano Smollet. Parte dell’equipaggio dell’Hispaniola si è ammutinato ed è in procinto di attaccarli per reclamare il loro diritto sul tesoro. Al sorgere dell’alba, quando il caldo caraibico costringe i marinai a sbottonarsi le camice e rimboccarsi le maniche, i pirati guidati da Long John Silver danno inizio all’assedio.
I pirati si precipitano fuori dalla boscaglia, dritti verso la palizzata. Si arrampicano sul recinto accolti dal fuoco dei moschetti, ma i marinai di Smollet sono troppo pochi per respingerli. Il bastione viene invaso e i fucili abbandonati in favore delle sciabole. La mischia si fa cruenta, qua e là crollano marinai e pirati; il fumo della polvere da sparo e le grida di guerra si diffondono per tutta l’isola. Dopo un intenso combattimento, i pirati di Silver vengono messi in fuga e i pochi superstiti si ritirano fra gli alberi. Tesori, sciabole, mari caraibici e pirati: si può desiderare di meglio in un romanzo d’avventura?
“I lingotti d’argento e le armi si trovano tuttora, per quel che ne so io, dove Flint li ha sotterrati; e per quanto mi riguarda, possono restare dove sono. Neppure un carro di buoi riuscirebbe a trascinarmi di nuovo su quell’isola maledetta; e i miei incubi peggiori sono quelli nei quali odo i frangenti tuonare lungo le sue coste, o quando sobbalzo nel letto, con la stridula voce del Capitano Flint che mi rimbomba nelle orecchie: Pezzi da otto! Pezzi da otto!”
Robert Louis Stevenson – L’isola del tesoro
Ed è tutto, questo era l’ultimo. Naturalmente questa classifica è del tutto personale e fin troppo corta. Ci sono molti altri romanzi le cui scene di battaglia sono da ritenersi dei capolavori; che siano ambientati nell’Ottocento napoleonico o nella Seconda guerra mondiale poco importa, i libri di guerra rimarranno sempre un genere letterario di grande impatto emotivo. Ed è importante che lo siano. Perché solo leggendo quelle storie l’umanità sarà in grado di discernere la spietata realtà dall’appassionante fantasia.
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