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12 Maggio 2023

Il Malleus Maleficarum

MALLEUS MALEFICARUM

Articolo del podcast Storia della Magia, episodio 16: il Malleus Maleficarum, “martello delle streghe”

Il Malleus Maleficarum, ovvero il Martello delle streghe, fu pubblicato sul finire del Quattrocento in Germania dai frati domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger. In breve tempo divenne un manuale sulla caccia alle streghe famosissimo in tutta Europa. Un vero e proprio best seller da trentaquattro edizioni per un totale di trentacinquemila copie. Tuttavia, bisogna subito premettere che quest’opera non rappresentava il procedimento standard inquisitoriale, anzi, non fu mai adottato ufficialmente dalla Chiesa. Molti dei precetti contenuti all’interno di questo testo di quasi 500 pagine non facevano parte del modus operandi canonico, soprattutto in Italia e nei paesi in cui questi reati soprannaturali erano disciplinati dalle istituzioni ecclesiastiche. Si tratta, quindi, dell’opinione dei due autori, il loro punto di vista sulla faccenda, in alcuni casi accolto e imitato, in altri ignorato o addirittura contrastato. Ma a chi si rivolgeva questo testo?

Nel Malleus Maleficarum le indicazioni sul perseguimento della stregoneria non sono rivolte solo agli inquisitori e ai giudici ecclesiastici, ma anche ai funzionari laici. Perché la strada che conduce alla completa eliminazione delle streghe richiede che mondo religioso e secolare collaborino strettamente. Qualsiasi organo giuridico può informarsi, interrogare e giudicare fino alla sentenza definitiva con una sola distinzione: nel caso di una penitenza, questa sarà inflitta dalla Chiesa, mentre nel caso della pena capitale no. Di quella se ne devono occupare i tribunali laici, come sempre.

Come iniziare un processo per stregoneria? I due autori del Malleus Maleficarum identificano tre casi. Il primo si verifica quando un individuo accusa un altro e ha delle prove a sostegno. Il secondo quando un individuo accusa un altro e non fornisce alcune prove a sostegno. Nel terzo caso invece non c’è bisogno che nessuno accusi nessun altro, perché è l’istituzione stessa a muovere i primi passi: basta, infatti, che in qualche luogo corra voce che ci siano delle streghe per procedere d’ufficio.

Insomma, istituire un processo per Heinrich e Jacob pare che fosse particolarmente semplice, ma tutto sommato in linea con le consuetudini che si sarebbero diffuse dopo, nel Cinquecento, a seguito della riforma protestante, dello scisma anglicano, la controriforma e le conseguenti e violentissime guerre che infiammarono l’Europa facendola piombare in un clima di sconforto religioso e superstizione. 

“Ogni parola sta nella bocca di due o tre persone“: questa è una delle prime regole enunciate nel testo riguardante l’inizio di un processo e, nello specifico, le deposizioni dei testimoni. Il riferimento è biblico (Matteo 18,16), parabola che a detta dei due inquisitori renderebbe sufficiente la presenza di due o tre testimoni per processare una strega. Ma non tutti i testimoni potrebbero essere mossi dalla buona fede. Potrebbero esserci delle inimicizie tra loro e l’accusato. Perciò è necessario interrogarli sotto giuramento e in maniera ripetuta per scoprire se la loro parola è da prendere in seria considerazione. Ad esempio, se un testimone accusa una donna d’avergli maledetto la vacca, e un secondo testimone dice che la stessa donna gli ha maledetto il figlio, le due deposizioni devono essere considerate concordanti, e quindi valide, perché entrambe riguardano la stregoneria, nonostante il bersaglio del maleficio fosse diverso.

I nemici mortali, invece, gli scomunicati, i confidenti, i complici di un crimine, gli infami, i criminali e i servi contro i padroni non sono ammessi a testimoniare in qualunque causa di fede. Neppure gli eretici possono testimoniare contro gli eretici e le streghe contro le streghe.

Da notare una cosa particolare, che mi ha colpito molto per via delle sue implicazioni narrative: neppure i famigliari sono ammessi a testimoniare a meno che non vogliano testimoniare contro. Perché secondo gli autori del Malleus Maleficarum se gli stessi parenti dell’imputato confermano il crimine, allora devono essere creduti. Un giudizio, a mio parere, completamente fuori dalla realtà. Come se i parenti si volessero tutti bene, e le liti e le cause processuali tra consanguinei non esistessero. Anzi, l’odio tra parenti esiste ancora oggi, e spesso sfocia addirittura nella violenza. Posso solo immaginare cosa succederebbe se avessimo a disposizione un’arma giuridica del genere: in Italia ci sarebbe una causa di stregoneria in ogni famiglia.

Dopo aver fatto giurare l’accusato o l’accusata di stregoneria, con una mano sui quattro vangeli e l’altra mano sollevata con tre dita aperte e due chiuse a simulare la trinità, comincia l’interrogatorio. Un primo interrogatorio, senza tortura: fase fondamentale dell’intero processo. Nel Malleus Maleficarum viene riportata una lunga sequenza di domande, tutte già impostate come una sorta di canovaccio, e ricolme di trabocchetti. Si comincia col chiedere all’accusata il luogo in cui abita e il luogo di nascita, per poi domandare se i suoi genitori sono morti bruciati. Questa terza domanda così spiazzante, quasi priva di contesto, è ovviamente un tranello. Perché (secondo gli autori) molto spesso le streghe offrono i propri figli al diavolo per educarli e così l’intera progenie s’infetta: se i genitori sono stati condannati in passato, allora pure i figli devono esserlo. Matematico.

Di fondamentale importanza è la domanda sul luogo di provenienza. Perché se fosse stato un luogo dove abbondavano le eresie, allora l’accusato diventava fortemente sospetto d’essersi trasferito per perseguire i suoi scopi diabolici. Insomma, già da queste prime tre domande si sarebbe deciso l’esito dell’intero processo. Se invece le risposte erano positive, l’interrogatorio sarebbe proseguito con la seguente domanda:

Hai mai sentito parlare di stregoneria in questi luoghi?

Una domanda delicata perché deve spronare l’accusata a parlare da sola, facendogli raccontare tutto ciò che conosce sulla magia. Se l’accusata non rilascia alcun dettaglio specifico e se ne sta troppo sul vago (o addirittura resta in silenzio), allora deve essere il giudice a chiederle se ha mai sentito parlare di bestie stregate, di mucche che non danno più latte, tempeste improvvise e cose di questo genere.

L’accusata deve raccontare tutto ciò che ha da dire sull’argomento, ma se dovesse affermare di non aver mai sentito parlare di queste cose, allora scatta la domanda più importante di tutte:

Tu ci credi alle streghe?

Gli autori del Malleus Maleficarum si concentrano molto su questa fase dell’interrogatorio. E specificano che in generale le streghe per lo più negano. Il fatto è che non tutti ci credevano a queste cose, anzi. Svariati autori contrastarano con forza tali superstizioni, persino alcuni teologi, cattolici e protestanti.

Nel De praestigiis daemonum del 1563 e nel De lamiis del 1582, l’autore Johann Weyer attacca con forza le affermazioni contenute nel Malleus Maleficarum. Secondo lui le donne che ammettevano di essere streghe erano solo ignoranti e soffrivano di allucinazioni, per questo non dovevano essere processate. La cosa interessante di questi scritti è che le varie ipotesi vengono dimostrate tramite il sapere medico dell’epoca: le confessioni e le relative attività diaboliche venivano considerate dall’autore come una conseguenza della melanconia, ovvero un disturbo dell’utero.

Ma, come abbiamo visto finora, il Malleus Maleficarum è forse l’espressione più oscura e becera della religione cristiana. Quindi, se l’accusata nega l’esistenza della stregoneria in fase di interrogatorio, allora si è, come dire, tirata la zappa sui piedi, poiché pioverà su di lei la seguente contro-domanda:

Se la stregoneria non esiste, finora sono stati condannati degli innocenti sul rogo?

Ed ecco scattata la trappola. Perché se l’accusata mette in discussione l’esistenza della stregoneria, non fa altro che mettere in discussione l’intera dottrina, comunicando all’inquisitore che il suo mestiere è fondato sul nulla. E non solo. Se la stregoneria non esiste allora tutti coloro che sono stati condannati sono innocenti e dunque i giudici hanno emesso sentenze sbagliate spacciandole per volontà di Dio. Una cosa inaudita.

Questo è un esempio di come l’interrogatorio doveva essere condotto secondo gli autori del Malleus Maleficarum: un sistema che prediligeva la retorica piuttosto che la ricerca della verità, sfruttando anche l’uso più banale dei sillogismi aristotelici. L’interrogatorio sarebbe proseguito a lungo, tutto di seguito, senza essere rimandato. Scavando sempre più a fondo, con domande sempre più insidiose, che talvolta potevano fornire un’ancora di salvezza.

Perché la gente ha paura di te?

Sai di essere infamata e odiata?

Queste altre due domande servono per arrivare al fondamento dell’inimicizia, di cui parlavo poco fa. Perché se le testimonianze sono viziate da inimicizia è possibile ottenere un’assoluzione, punto sul quale gli avvocati difensori facevano leva per vincere la causa. Esatto, nella procedura inquisitoriale era prevista la figura dell’avvocato, menzionata pure nel Malleus Maleficarum. Un qualcosa che non si vede spesso nei filmacci hollywoodiani, vero? Un avvocato in mezzo alle turbe di contadini infuriati con fiaccole e forconi rovinerebbe la cupa atmosfera medievale… Peccato che questa è la realtà storica.

Ma prima dell’intervento di un eventuale avvocato, sarebbero state poste tutte le domande relative alle deposizioni dei testimoni, raccolte precedentemente. Si tratta di accuse specifiche che variano di caso in caso, e che nel manuale per eccellentissimi inquisitori vengono esemplificate, ipotizzando situazioni comuni, come ad esempio:

Hai stregato bambini o bestie?

Come li hai stregati?

Perché sei stata vista nei campi o nella stalla con gli animali?

Perché toccavi bambini e animali come fanno di solito le streghe?

Cosa facevi nei campi al momento della tempesta?

Perché pur avendo soltanto una vacca, hai più latte delle vicine che ne hanno quattro o sei?

L’interrogatorio della strega dunque prosegue su questi punti e addirittura prevede di tornare indietro alle domande precedenti per verificare se l’accusata resta dello stesso parere, proprio come nei moderni interrogatori. Tutto viene trascritto finché non si arriva al momento della confessione. L’accusata rilascia una confessione che non necessariamente deve essere positiva (ovvero la conferma dell’accusa): ma può essere anche negativa (ovvero, quando l’accusata si ritiene innocente).

Se l’accusata nega tutto bisogna tenere in considerazione tre elementi prima di procedere: la cattiva reputazione, gli indizi e le deposizioni dei testimoni. In base a questi elementi il giudice può stabilire la gravità del reato e, a seconda dei casi, comandare l’arresto. Quella dell’arresto è una fase delicata, perché non è facile catturare una strega. E’ importante attenersi a una procedura ben specifica, per evitare che qualcuno si faccia male. E non mi riferisco alla strega.

Nel caso di un arresto, si deve entrare in casa all’improvviso e impedire alla strega di correre in camera per prendere un qualsiasi oggetto. E’ risaputo, infatti, che ci sono alcuni oggetti stregati che le consentirebbero di resistere. Inoltre è lecito sollevarla da terra e rinchiuderla in un cestino o in una gabbia. Perché mantenendo un contatto col terreno la strega potrebbe scatenare il suo potere.

Questa concezione magica è antica, di stampo medievale. Una magia concreta: niente lucine o effetti scintillanti alla Harry Potter. Maghi e streghe sfruttano la natura e la piegano al loro volere, ottenendo effetti ben radicati nel paradigma mentale dell’epoca. Certe fonti ci spiegano, ad esempio, che se un mago non mantiene un contatto fisico con la terra, non può sviluppare appieno i suoi poteri.

William of Malmesbury, nel XII secolo ci racconta le avventure del papa diavolo, Silvestro II, descrivendo l’episodio in cui quello che un giorno sarebbe divenuto pontefice, per sfuggire dalle grinfie di un mago saraceno, si sporse di sotto da un ponte di legno, rimanendo appeso per le mani, in modo da non poter essere tracciato magicamente.

Per questo, al termine di un processo, nel caso di una condanna al rogo, era ritenuto importante legare la condannata bene in alto rispetto al terreno, sospesa, impedendole di sfiorare il pavimento anche solo con un dito. Perché era già accaduto, in passato, che alcune di loro riuscissero a poggiare il piede a terra per poi svanire all’istante, fulminando tutti coloro che si trovavano nelle vicinanze.

Ma seguendo la procedura, dopo l’arresto è necessario rispettare qualche altro passaggio prima di allestire il rogo. E’ probabile, infatti, che a questo punto l’accusata si dica ancora innocente. E che magari chieda di essere difesa. Ed ecco, che compare la figura dell’avvocato. L’avvocato delle streghe, o del Diavolo, parafrasando un vecchio film. Un mestiere che non appare quasi mai nelle opere d’intrattenimento ad ambientazione medievale. Eppure esisteva, in virtù del diritto romano di cui la società si faceva erede (come oggi). Persino in un trattato così estremista come il Malleus Maleficarum si prevede il coinvolgimento di questa figura professionale, la quale però doveva soddisfare determinati prerequisiti per poter essere ammessa al processo.

L’avvocato della strega non doveva essere un uomo litigioso, infido o facilmente corruttibile, inoltre avrebbe fatto bene a rifiutare le cause disperate. Poiché laddove fossero venute alla luce prove schiaccianti, numerosi testimoni o una piena confessione, l’avvocato doveva farsi da parte e restituire i soldi. Questa, ci tengo a ricordarlo, è l’opinione degli autori del trattato, anche piuttosto ingenua. Un avvocato che restituisce i soldi? Vorrei proprio vederlo.

C’è un altro aspetto molto importante che l’avvocato difensore avrebbe dovuto tenere di conto. Egli doveva essere moderato nell’esercizio della propria funzione, e doveva evitare di chiedere dilazioni o altri atti che rendessero difficile lo svolgimento del processo. Perché se fosse stato troppo bravo, sarebbe potuto essere sospettato di complicità e addirittura scomunicato. Insomma, le condizioni migliori per operare con professionalità!

Ci sono numerosi altri “paletti” che avrebbero impedito all’avvocato di svolgere il suo mestiere, come ad esempio l’impossibilità di interrogare i testimoni e perfino di conoscerne l’identità, che restava segreta per tutta la durata del processo (per proteggerli, naturalmente, visto che la strega avrebbe potuto maledirli!). A fronte di tutto questo, il coinvolgimento di un avvocato parrebbe del tutto inutile, ma non è esatto. Vi sono alcuni casi in cui una buona difesa avrebbe permesso l’assoluzione dell’accusata. Ovvero quando fosse stato possibile dichiarare invalidi i testimoni.

Nel caso in cui l’avvocato fosse riuscito a scoprire l’identità dei testimoni e provare un’inimicizia pregressa fra loro e l’accusata, allora il processo si sarebbe potuto risolvere con esito positivo. Non è molto, ma un bravo avvocato, nonostante i numerosi paletti, se la sarebbe cavata con una bella investigazione di stampo poliziesco: io che scrivo romanzi, già pregusto lo svolgimento di una simile storia di genere horror-thriller-giudiziario ambientata nel Cinquecento: come dico sempre, spesso la realtà storica appare molto più originale della finzione.

Se al termine di questa breve procedura la strega si ostina ancora a non confessare, e come abbiamo scoperto nel precedente episodio di Storia della Magia, la confessione è necessaria per emettere sentenza, allora il giudice può procedere all’interrogatorio sotto tortura.

Il Malleus Maleficarum, in questa fase, suggerisce di fare attenzione a numerosi segni per non farsi fregare dalla strega. Ad esempio, secondo quanto riferiscono antichi racconti degnissimi di fede, come riportano i due autori, una strega non può versare lacrime. Emetterà flebili voci e cercherà di bagnare le guance e gli occhi di saliva, perciò bisogna osservare con cautela per accorgersene. Si tratta di una credenza legata alla purezza delle lacrime, proveniente dalle parole di san Bernardo: “Le lacrime degli umili possono attraversare il cielo e conquistare l’inconquistabile.”

E’ importante anche assicurarsi che la strega non porti con sé alcuna stregoneria che le impedisca di superare indenne la tortura o addirittura di sopravvivere alla pena capitale. A tal proposito si racconta che nella diocesi di Ratisbona alcuni eretici rimasero illesi nel fuoco: il rogo non poté fare nulla contro di loro e neppure l’annegamento. I presenti rimasero stupiti e alcuni cominciarono a dire che gli eretici fossero innocenti. Tuttavia il vescovo di Ratisbona trovò una stregoneria cucita sotto il loro braccio, tra la pelle e la carne. E dopo averla strappata via poté finalmente bruciarli.

Anche questa è una credenza ben più antica, che abbiamo già scoperto in un precedente episodio tratto da una cronaca medievale: quella dell’abate di Heisterbach, contenuta nel Dialogo sui Miracoli, dove si racconta del contratto col Diavolo cucito sotto la pelle degli eretici: un contratto valido giuridicamente, che può garantire poteri straordinari, come ad esempio l’immunità al fuoco o all’annegamento.

Nel Malleus Maleficarum a questo punto ci si interroga sulla possibilità di ottenere la grazia tramite la cosiddetta purificazione volgare. L’accusata di stregoneria avrebbe potuto infatti appellarsi a una prova ordalica di antiche origini, manifestata nella forma del duello o della prova del ferro rovente. Proprio così, nel trattato si paventa la possibilità di dimostrare la propria innocenza tramite ordalia, sfidando a duello gli accusatori.

Se questo era lecito in certe culture antiche e agli inizi dell’Alto Medioevo, con l’introduzione del processo inquisitorio l’ordalia risulta invece illecita. Il duello infatti conferisce la licenza di uccidere anche quando uno dei due sfidanti è innocente, e questo è inammissibile al livello teologico. Senza contare che il combattimento servirebbe a manifestare il giudizio di Dio per le mani degli stessi sfidanti, e ciò equivale a tentare Dio. Cosa inammissibile anche questa. Quindi, mi dispiace, ma l’eccellentissimo inquisitore non può permettere che la strega si appelli all’ordalia del duello.

Per sconsigliare la prova del ferro rovente, inoltre, nel trattato si porta come esempio un fatto accaduto in una contea della Selva Nera, dove una famosa strega si era appellata a tale prova per dimostrare la propria innocenza. Il conte, che era giovane e non molto esperto di queste cose, l’aveva concessa, e la strega aveva superato la prova stringendo nel pugno il ferro rovente molto più a lungo del tempo necessario (aiutata, naturalmente dai suoi poteri), e dunque venne assolta. Continuò a praticare i suoi malefici a lungo, perseguitando i fedeli in ogni modo. Ecco perché la prova del ferro rovente non può essere considerata attendibile.

Nel Malleus Maleficarum sono presenti molti altri dettagli e aneddoti del genere, la maggior parte dei quali deriva da fonti storiche medievali, tra cui spicca una tra le più strabilianti, che ho già citato poco fa: la cronaca di William of Malmesbury, dove si narra delle fantastiche avventure di Silvestro II, ovvero il papa diavolo.

Di lui, però, ne parlerò nel prossimo episodio. Mi raccomando, seguimi se vuoi scoprire le vere origini della magia a partire dalle fonti storiche.

Lorenzo Manara
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