Il fossato del castello, una lurida difesa
Spazzatura, rifiuti, liquami e malattie: il fossato del castello medievale era una fogna a cielo aperto che non aveva nulla di fiabesco
Quando ci si immagina un castello medievale uno degli elementi più iconici che lo rappresentano è certamente il fossato: il profondo scavo che circonda il perimetro delle mura, ricolmo di lucente acqua cristallina. Sfortunatamente, nella maggior parte dei casi non appariva affatto così.
Riempire il fossato del castello era una pratica estremamente difficoltosa, che richiedeva lo sfruttamento delle acque superficiali che scorrevano nelle vicinanze oppure del raggiungimento delle falde acquifere nel caso non si trovassero troppo in profondità. Se riempirlo era complicato, mantenerlo lo era ancora di più.
Evitare che l’acqua ristagnasse diventando un ricettacolo poco igienico di malattie e pericoli per la salute era una vera e propria battaglia. Ed è per questo che il fossato del castello era molto spesso asciutto, nient’altro che una trincea fangosa.
Le fortificazioni che vantavano un fossato adacquato dovevano fare i conti con i rifiuti biologici. Tutti gli scarti e i liquami prodotti entro le mura finivano nel terreno circostante e, spesso, direttamente nel fossato. Il risultato di questo continuo scarico di schifezze poteva dar luogo a una fogna a cielo aperto, torbida e dal fondo melmoso; un pantano che fungeva da formidabile difesa contro gli assalti, ma che di certo non offriva l’immagine romantica a cui siamo abituati oggi.
Lo stesso Dante nel canto XVIII dell’Inferno paragona le Malebolge ai fossati dei castelli, tanto dovevano apparire orribili. Le eccezioni ci sono state, ovviamente, e riguardavano tutte le fortificazioni nei pressi di un fiume o del mare. Se il fossato del castello godeva di un ricircolo d’acqua allora la situazione igienica si faceva incredibilmente migliore. Senza contare che i signori più raffinati potevano ordinare agli uomini alle proprie dipendenze di dare una ripulita, anche se l’operazione poteva essere alquanto complicata e, soprattutto, costosa.
Il vescovo di Modena nella metà del Duecento rinunciò alla proprietà di un’importante fetta di territorio cittadino poiché la sua manutenzione risultava insostenibile1: il canale che attraversava quella zona della città raccoglieva infatti i liquami di gran parte della popolazione e necessitava di pulizia costante. Problema che affliggeva ogni città, compresa Londra.
I Gong Farmer erano coloro che si occupavano di svuotare le latrine della capitale inglese nel XV secolo; lavoro disgustoso, ma sfortunatamente insostituibile per i secoli a venire, fino all’evoluzione tecnologica dell’Ottocento. Il problema delle deiezioni umane infatti non era di semplice soluzione e diede parecchi grattacapi perfino alle soglie del Novecento. L’episodio più celebre è la “Grande Puzza” che avviluppò Londra in una torrida estate, quando il livello del Tamigi si abbassò a tal punto da lasciare affiorare “Una puzzolente pozza stigiana di ineffabile ed insopportabile orrore“2.
Molti pensano che il Medioevo sia stata un’epoca buia e soprattutto sudicia. Nonostante sia una credenza alquanto superficiale, nel caso dei mefitici fossati possiamo ritenerla abbastanza vicina alla realtà storica. Ma non facciamoci l’abitudine, però.
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