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16 Novembre 2021

L’eterno gioco di Phersu

phersu giochi funebri etruschi

L’enigma irrisolto di Phersu nella mitologia degli Etruschi: dai crudeli giochi funebri alle religioni misteriche dell’Antica Grecia

Sappiamo ben poco sugli etruschi e quel poco che sappiamo l’abbiamo imparato studiando le necropoli sparse per l’Italia centro-settentrionale. I nostri antenati affrontavano la morte con molta più consapevolezza di quanto saremmo portati a credere, arrivando perfino a celebrarla con feste, banchetti e giochi funebri; il tutto sotto l’occhio osservatore di un misterioso personaggio sopravvissuto indenne (o quasi) allo scorrere dei millenni: Phersu.

Phersu fa la sua comparsa sugli affreschi di quattro tombe etrusche della necropoli di Tarquinia. Viene spesso indicato col nome di fianco, porta una maschera con la barba nera a punta ed è raffigurato in pose dinamiche, che danza o corre, mentre al suo cospetto si consuma un gioco che oggi definiremmo quantomeno “crudele”1.

Nella tomba degli Auguri, Phersu tiene al guinzaglio un molosso (una razza canina oggi scomparsa, utilizzata in passato per la caccia e perfino la guerra) e lo aizza contro una vittima accecata da un cappuccio di stoffa bianca. La vittima non riesce a difendersi dalle fauci del molosso, ritrovandosi così avvinghiata in un combattimento all’ultimo sangue. Phersu osserva gli assalti del molosso attraverso la maschera, mettendo in scena una rappresentazione simbolica che sfugge alla nostra comprensione.

Affresco nella Tomba degli Auguri a Tarquinia, 530-520 a.C.

Le risposte che gli storici hanno dato a questo arcano episodio sono numerose. Qualcuno ci vede una forma primordiale di giochi gladiatori che gli etruschi potrebbero aver tramandato ai conquistatori romani, successivamente divenuti famosi per i sanguinari eventi sulla sabbia dell’arena2. Qualcuno ci trova un’analogia con l’eroe greco Perseo (Phersu-Perseus), soprattutto al livello etimologico3. Altri vedono nella presenza del molosso tenuto al guinzaglio la chiave di lettura dell’episodio tramite una connessione con la mitologia greca, e più specificamente col mito di Atteone.

Atteone, uno dei molti allievi del centauro Chirone, si trovava a cacciare nel bosco con i suoi molossi quando s’imbatté in una visione paradisiaca: la dea Artemide stava facendo il bagno assieme alle sue compagne di caccia per una pausa rinfrescante, tutte nude, ovviamente, come nel miglior cinepanettone con Boldi e De Sica. Il nostro Atteone si piazzò in prima fila per godersi lo spettacolo, ma la dea se ne accorse e s’infuriò così tanto da punirlo con una spietata vendetta.

Trasformò Atteone in un cervo e aizzò i suoi molossi contro di lui. Il tragico massacro che lo vede scannato dal branco di cani è anche immortalato in una spettacolare fontana della Reggia di Caserta, scena che alla lontana potrebbe ricordare l’affresco di Phersu. Anche se personalmente ci vedo una certa forzatura, visto che l’unica connessione fra le due è la presenza del molosso. Per il resto siamo parecchio lontani.

L’interpretazione più affascinante è quella che arriva a lambire i segreti delle religioni misteriche, in particolare gli arcani rituali legati al culto di Orfeo. Gli etruschi conoscevano molto bene il mito di Orfeo4 e la leggenda della sua potente musica in grado di incantare sia le creature terrestri che quelle appartenenti al mondo sotterraneo, dell’Aldilà. Dopo che Orfeo nella struggente storia tramandataci dai più grandi autori dell’Antichità venne a conoscenza della morte della sua amata Euridice “morsa al tallone da un serpente5, decise di scendere nell’Ade per riportarla in vita attraverso una delle più spettacolari “catabasi” della mitologia greca.

Orfeo scese negli Inferi con la lira in pugno, cantando la sua sofferenza. E da ogni angolo dell’Oltretomba accorsero le anime dei defunti per ascoltarlo.

“E dai luoghi più profondi dell’Èrebo, commosse dal suo canto, venivano leggere le ombre, immagini opache dei morti: a migliaia, come si posano gli uccelli tra le foglie, quando la sera o la pioggia d’inverno dai monti li allontana; donne, uomini, e ormai privi di vita, corpi di eroi generosi, e bambini, fanciulle senza amore e giovani arsi sul rogo davanti ai genitori…”

Virgilio, Georgiche

Caronte per primo e poi Cerbero, il cane a tre teste, rimasero ammutoliti dall’incanto musicale di Orfeo (tema ripreso in maniera un po’ goffa anche da J.K.Rowling nel suo primo capitolo di Harry Potter6), finché la discesa non terminò al cospetto dei sovrani del Ténaro: Ade e Persefone, signori che reggono “lo squallido regno dei morti7. Anche loro si commossero ascoltando le melodie strappalacrime eseguite a forza di plettrate sulla magica lira a nove corde, e acconsentirono al rilascio della defunta Euridice. Orfeo avrebbe potuto quindi scortarla fino in superficie, ma a una condizione: non si sarebbe mai dovuto voltare indietro, altrimenti l’avrebbe perduta per sempre.

Orfeo fece la strada a ritroso, seguito dall’ombra della sua amata, ma una volta in cima, a due passi dall’uscita, cedette alla tentazione di rivolgerle uno sguardo.

“Senza rimedio una follia improvvisa lo travolse, perdonabile, certo, se sapessero i Mani perdonare: fermo, ormai vicino alla luce, vinto da amore, la sua Euridice si voltò incantato a guardare. Così gettata al vento la fatica, infranta la legge del tiranno spietato, tre volte si udì un fragore nelle paludi dell’Averno. E lei: ‘Ahimè, Orfeo, chi ci ha perduti, quale follia? Senza pietà il destino indietro mi richiama e un sonno vela di morte i miei occhi smarriti. E ora addio: intorno una notte fonda mi assorbe e a te, non più tua, inerti tendo le mani’. Disse e d’improvviso svanì nel nulla, come fumo che si dissolve alla brezza dell’aria, e non poté vederlo mentre con la voglia inesausta di parlarle abbracciava invano le ombre…”

Virgilio, Georgiche

Questa storia molto triste era conosciuta anche in Italia, di cui abbiamo svariate connessioni artistiche come nel caso del cratere di Apulia attribuito a Darius, 340-330 a.C, oggi conservato al British Museum. Nelle decorazioni del manufatto è presente una figura con una lira nella mano destra e i rimasugli di quello che doveva essere un guinzaglio nella sinistra. Il molosso alla base della rappresentazione è infatti legato al personaggio senza testa, che alcuni storici identificano come Orfeo durante la sua discesa nell’Oltretomba8.

Apulian calyx krater, British Museum

Ed è proprio questo cratere ritrovato nell’Apulia che apre un legame fra il mito di Orfeo e il Phersu delle tombe etrusche: entrambi hanno soggiogato il cerbero tenendolo al “guinzaglio” e hanno vinto la morte nella più completa solitudine, unici superstiti del viaggio nell’Oltretomba, costretti a osservare il resto dell’umanità dibattersi e morire senza poter fare altro che cantare una melodia malinconica, accompagnati dalle corde della lira incantata.

Basandosi sull’episodio dipinto sul vaso, c’è chi sostiene che il gioco di Phersu consista nel rievocare il mito orfico della risalita dall’Ade: lo sventurato giocatore avrebbe dovuto impersonare l’eroe greco accecato dal buio senza fine dell’Oltretomba (il cappuccio) col Cerbero alle calcagna (il molosso) con l’unico evidente risultato di finire sconfitto in quello che poi si sarebbe tramutato in sacrificio9.

Ma c’è un’ultima interpretazione che si rifà a un celebre eroe greco, forse il più conosciuto di tutti, ovvero Eracle. Gli Etruschi importarono la cultura greca a suon di monete sonanti acquistando tonnellate di vasi dipinti (veri e propri strumenti divulgativi), e le dodici fatiche erano un soggetto molto apprezzato. La dodicesima e ultima fatica è probabilmente la risposta dell’enigma di Phersu.

Come sappiamo, Eracle si ritrovò a servire re Euristeo per dodici anni in una serie di compiti alquanto difficoltosi, al termine dei quali però avrebbe ottenuto il perdono per aver ucciso la sua famiglia in un attacco d’ira scatenato da Era (oltre all’immortalità e alla promozione al rango di divinità a tutti gli effetti). Le cose sono in realtà molto più complesse di così, ma non basterebbe un articolo solo per sviscerarne la storia. Perciò catapultiamoci subito all’ultima fatica, la dodicesima, che era anche la più difficile di tutte: catturare Cerbero.

Re Euristeo sapeva quanto fosse impossibile catturare il cane a tre teste dell’Ade, guardiano dell’Oltretomba, nonché mostro imbattibile. Fra tutti gli eroi mitologici nessuno era mai riuscito a sconfiggerlo (fino a quel momento, poi però ci riuscì pure Orfeo). Ed è proprio per questo che ordinò a Eracle di eseguire il compito, in modo da sbarazzarsi di lui una volta per tutte.

Eracle scese nell’Oltretomba di nuovo (poiché nelle sue varie imprese ci era già stato) e grazie all’aiuto di Ermes si districò nell’oscurità del Tanaro liberando pure il suo amico Teseo, rimasto imprigionato là sotto per aver tentato di liberare Persefone. Dopo varie peripezie, Eracle raggiunse i signori che reggono “lo squallido regno dei morti” e chiese loro il permesso per portar via Cerbero. Ade e Persefone non si arrabbiarono più di tanto, poiché ormai erano abituati al viavai di eroi che facevano loro visita, ma soprattutto conoscevano Eracle: di mettersi contro uno così non ne avevano alcuna intenzione.

Dissero che se davvero voleva portar via Cerbero dall’Oltretomba allora avrebbe dovuto domarlo con le sue sole mani, senza fargli del male. Ed Eracle lo fece per davvero. Lottò a mani nude col Cerbero e lo condusse in superficie, al guinzaglio, come un golden retriever qualsiasi. Ed ecco che la lotta col cane degli Inferi diventa il crudele gioco del Pherso, che gli Etruschi inscenavano durante le celebrazioni funebri dei membri più importanti dell’aristocrazia d’Etruria. Come vittima veniva scelto solitamente un prigioniero di guerra, il quale si ritrovava azzannato dal molosso senza alcuna possibilità di salvezza.

Al termine di questa carrellata di interpretazioni e supposizioni senza alcuna prova a sostegno quel che rimane è solo il fascino per la storia antica e la mitologia, unica certezza che ci accompagna alla scoperta dei miti e le leggende. Iscrivetevi alla newsletter per rimanere aggiornati sulla pubblicazione dei nuovi articoli. Alla prossima!

  1. Affreschi nella Tomba degli Auguri a Tarquinia e nella Tomba dei Giochi Olimpici
  2. “Funera Tusca” Torelli 1999, pag 147
  3. Agnello Baldi , A. 1961. “Perseus e Phersu.”
  4. Vedi lo specchio decorato di Chiusi, IV secolo a.C
  5. Metamorfosi, Ovidio, libro Decimo
  6. “Fufi” nella traduzione italiana, il cane a tre teste di Hagrid si addormenta con la musica
  7. Metamorfosi, Ovidio
  8. Un’altra ipotesi ritenuta più attendibile vuole invece che si tratti di un episodio tratto dall’Antiope di Euripide, “Dangerous perfection” and old puzzle resolved: a “new” Apulian krater inspired by Euripides’ “Antiope”, Alexandra Villing
  9. The Phersu Game Revisited, by Amalia Avramidou
Lorenzo Manara
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