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27 Settembre 2022

Storie di misteri medievali

storie di misteri medievali

La resurrezione dei morti, l’oscurazione della luna e una spaventosa pioggia di sangue: tre avvenimenti storici all’origine dei misteri medievali più spaventosi

Nelle cronache medievali compaiono innumerevoli descrizioni di prodigi sovrannaturali, narrati come eventi d’indubbio significato profetico. Tali accadimenti lasciavano a bocca aperta gli ignari spettatori e venivano spesso interpretati come presagi funesti, che avrebbero scosso la comunità o, addirittura, il mondo intero. Oggi voglio raccontarvi tre misteri medievali scovati nelle cronache provenienti dai tre angoli dell’Occidente: quella sassone di Tietmaro di Merseburgo1, quella inglese di Guglielmo di Newburgh2 e quella toscana in italiano volgare iniziata da Giovanni Villani e proseguita, nell’episodio specifico, dal fratello minore Matteo Villani3.

I tre autori, certi della veridicità di tali argomenti, basano il loro resoconto sull’attendibilità dei testimoni oculari e sulla natura stessa degli eventi, porzioni integranti dei grandi temi spirituali dell’epoca. Il primo avvenimento, infatti, riguarda la resurrezione dei morti, e nello specifico il corpus di storie all’origine di fantasmi, zombie e vampiri della letteratura gotica e, oggigiorno, del fantasy. Il secondo riguarda uno spaventoso miracolo legato alla tradizione cristiana del sangue, oggetto di una visione dal sapore apocalittico. Il terzo, invece, ricade nell’ambito proto-scientifico dell’astronomia, disciplina oggetto dei più raffinati studi assieme alla matematica, la geometria e la musica: le “quattro vie” del quadrivio.

La progressione cronologica di questi tre misteri medievali non è casuale, poiché attesta il mutamento sociale e le diversità culturali tra i paesi occidentali: da una parte abbiamo il cuore del Sacro Romano Impero di inizio XI secolo, con un racconto legato al fondamento della religione cristiana, dall’altra abbiamo la lontana Inghilterra del XII secolo, dove religione e macabro si mischiano in un cattivo presagio di stampo biblico e, infine, l’Italia trecentesca, con un avvenimento interpretato dagli individui più ricchi e sapienti dell’epoca.

Chiacchiere al cimitero

Il racconto di Tietmaro, vescovo di Merseburgo, ci ricorda che i cristiani medievali credevano con tutto il cuore alla resurrezione dei morti, e lo fa citando i profeti:

“Ma di nuovo vivranno i tuoi morti,
risorgeranno i loro cadaveri.
Si sveglieranno ed esulteranno
quelli che giacciono nella polvere,
perché la tua rugiada è rugiada luminosa,
la terra darà alla luce le ombre.”

Isaia 26:19

“Non vi meravigliate di questo; perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio.”

Giovanni 5:28-29

Tietmaro, si trovò egli stesso testimone di un prodigio dalle atmosfere macabre, legato ai misteri medievali d’Oltretomba. Nei suoi possedimenti di Rottmersleben, un giorno di dicembre, una grande luce scaturì dalla chiesa al primo canto del gallo. La luce colpì l’intero cimitero e diede inizio a uno scatenarsi di rumori forti, simili a grugniti.

Il giorno dopo Tietmaro chiese agli abitanti se fosse mai accaduta una cosa del genere, e alcune delle persone più anziane della comunità gli spiegarono che molto tempo prima era già successo: un presagio che aveva significato la morte di qualcuno.

Tietmaro racconta di aver udito una seconda volta dei rumori d’Oltretomba, quello stesso anno, e più precisamente di notte, quando si trovava nella sua stanza e “i morti cominciarono a parlare.”

Il prodigio si rivelò essere davvero un cattivo presagio, poiché il giorno dopo morì sua nipote Liudgard: prova, secondo lui incontrovertibile, che i segni ricevuti dal cielo erano autentici. Tietmaro, oltre a raccontarci delle “chiacchiere al cimitero”, getta le basi per un altro grande elemento ricorrente nei misteri medievali, ovvero quello del rumore bestiale, nella fattispecie del grugnito: un verso che anticipa la venuta del Maligno e che ritroviamo in svariate altre opere occidentali, da Cesario di Heisterbach al Malleus Maleficarum, più di due secoli più tardi. Questo, come molti altri misteri medievali, è diventato parte integrante della cultura esoterica conosciuta ancora oggi.

Una pioggia di sangue

“Capitolo 34: Della riconciliazione del re Riccardo e dell’arcivescovo di Rouen; e di un certo prodigio
In questo momento l’illustre re Riccardo e Walter, arcivescovo di Rouen, dopo una lunga inimicizia, ristabilirono con più sobrietà l’antica amicizia che esisteva tra loro: il prelato cedette il suo diritto a favore del principe e il principe poté soddisfare il prelato in quelle cose che toccano il diritto della chiesa di Rouen, che aveva usurpato per necessità di guerra, grazie a un giusto scambio. Infatti, quando il re ebbe individuato un luogo molto conveniente nella città che si chiama Andeli, e che era il patrimonio della chiesa di Rouen, per costruire un castello sulla Senna per la difesa della Normandia, temendo che lo stesso fosse occupato in opposizione a lui dal re di Francia, ritenne opportuno impadronirsene subito. L’opera dell’uomo, meravigliosamente aiutata dalla natura del terreno, cominciò a costruire, con spese sontuose, un fortissimo castello ai denti del re di Francia.”

Re Riccardo I, passato alla storia come “Cuor di Leone”, per difendere la Normandia dalle mire espansionistiche del re di Francia Filippo II (una terra che a quel tempo era di dominio inglese), s’impadronì dei luoghi nei pressi di Les Andelys, lungo la Senna, dando inizio alla costruzione di una formidabile fortezza: Chateau Gaillard, Castel Gagliardo.

Quelle terre, però, appartenevano al vescovo della chiesa di Rouen, il quale non fu affatto contento di vedersi espropriati i suoi possedimenti.

“Ma il detto pontefice vedeva con insoddisfazione questa astrazione del patrimonio della sua Chiesa; ed i Francesi guardarono con indignazione, e invano si irritarono contro l’invidiosa impresa, che non poterono impedire. Il principe, tuttavia, placò poi l’arcivescovo con un congruo compenso; vale a dire, dando in cambio alla chiesa di Rouen, per il distretto conteso, il famoso porto marittimo che si chiama Dieppe. Fatto ciò, d’ora innanzi si prestò all’opera iniziata con una fiducia più allegra, e una cura più diligente quanto più leggera era la sua coscienza; e quanto maggiore avea assicurata la difesa per le proprie frontiere, tanto più irritava per questo stesso fatto la ferocia del nemico.”

Per riappacificarsi col vescovo di Rouen, Riccardo Cuor di Leone fu costretto a donare l’importante porto marittimo di Dieppe, affacciato sulla Manica. A quel punto, ricevuta la fondamentale benedizione da parte della chiesa per la costruzione di Castel Gagliardo, i lavori poterono proseguire. Se non fosse che, poco tempo dopo, furono nuovamente disturbati da un prodigio alquanto sanguinario: uno fra i misteri medievali più macabri.

“In quel luogo, mentre era in corso questa grande impresa, si racconta che sia accaduto un evento meraviglioso. Infatti, come affermano alcune persone non ignobili, che affermano di essere presenti, nel mese di maggio, poco prima delle solennità dell’Ascensione del Signore, mentre il re si avvicinava e sollecitava l’opera (poiché venne spesso per indicarne e affrettarne il compimento, e con grande piacere vederne l’avanzamento), cadde improvvisamente una pioggia mista a sangue, con stupore di tutti gli astanti che erano presenti con il re, mentre osservavano gocce di vero sangue sulle loro vesti, e temeva che un avvenimento così insolito potesse presagire il male: ma il re non si sgomentò di questo, né si rilassò nel promuovere l’opera in cui si dilettava così tanto, che (se non mi sbaglio) se anche un angelo dal cielo lo avesse convinto a desistere, avrebbe pronunciato un anatema contro di lui.”

Come affermano molti testimoni, fra i quali molti “non ignobili”, e quindi attendibili, quando re Riccardo Cuor di Leone giunse sul sito di costruzione per osservare l’avanzamento dei lavori, quello stesso giorno “cadde improvvisamente una pioggia mista a sangue”.

Molti furono presi dallo sconforto pensando a una profezia nefasta, una sorta di maledizione che era caduta sull’impresa e sul castello stesso. Ma non Riccardo. Egli era così convinto, e testardo, come traspare dalle stesse parole del cronista, che se un angelo fosse sceso dal cielo per convincerlo a desistere riguardo la costruzione di Castel Gagliardo, il re “avrebbe pronunciato un anatema contro di lui”.

Assieme al castello venne eretta una cittadina fortificata, Petit Andely, la quale sorgeva su un’isoletta al centro della Senna, collegata alla terraferma da due soli ponti. Tale cittadina forniva una prima barriera difensiva che i francesi avrebbero dovuto superare per arrivare al castello vero e proprio. Tuttavia, come accade in molti altri drammatici misteri medievali, la profezia della pioggia di sangue si avverò con la morte dello stesso re Riccardo nell’anno 1199 e la successiva tragica perdita del castello.

Il successore di Riccardo, infatti, Giovanni Senzaterra, non si interessò granché di Castel Gagliardo e nel 1203 il sovrano francese Filippo II si recò nei pressi di quell’importante fortezza sulla Senna con un grandioso esercito. Il sogno del Cuor di Leone si concluse in un assedio sanguinoso che diede luogo a una pesante sconfitta per gli inglesi di Normandia, proprio come aveva profetizzato quell’orrenda pioggia rossa.

Un’eclissi lunare

“Come scurò tutto il corpo della luna. Capitolo XII
Martedì notte alle ore quattro, a dì sedici di febbraio anno 1355, cominciò la scurazione della luna nel segno dell’Acquario, e alle cinque ore e mezzo fu tutta scurata, e bene dello spazio d’un’altra ora si penò a liberare.”

Il 16 febbraio dell’anno 1355, un martedì alle 4 di notte, cominciò un’eclissi lunare della durata di un paio d’ore. Tale evento ebbe luogo nella costellazione dell’acquario, fra le più antiche costellazioni conosciute dall’uomo.

L’astronomia, assieme alla matematica, la geometria e la musica, formava una delle “quattro vie” del quadrivio, l’insieme delle discipline di studio medievali più importanti, che davano accesso propedeutico a studi più approfonditi come quello della teologia. Oggigiorno questi raggruppamenti simbolici di stelle, un tempo usati per mappare la volta celeste, non hanno ovviamente alcun senso scientifico, poiché sono frutto della nostra prospettiva privata del senso di tridimensionalità del cosmo.

Le stelle che sembrano vicine tra loro, ad esempio, e che fin dai tempi antichi raggruppiamo all’interno di forme evocative, nella realtà potrebbero non essere affatto vicine l’una all’altra. Questo a causa dell’assenza di profondità, impossibile da stimare a occhio nudo. Le costellazioni esistono, dunque, solo osservandole dalla Terra.

Tuttavia, nell’ambito dell’astronomia medievale, le costellazioni sono molto importanti. Matteo Villani, il cronista che ci descrive questo evento lunare, lo sa bene.

“E non sapendo noi per astrologia di sua influenza, considerammo gli effetti di questo seguente anno, e vedemmo continovamente infino a mezzo aprile serenissimo cielo, e appresso continove acque oltre all’usato modo il rimanente d’aprile e tutto il mese di maggio, e appresso continovi secchi e stemperati caldi insino a mezzo ottobre. E in questi tempi estivali e autunnali furono generali infezioni, e in molte parti malattie di febbri e altri stemperamenti di corpi umani, e singularmente malattie di ventre e di pondi con lungo duramento.”

In seguito all’eclissi lunare del febbraio 1355, il cielo rimase serenissimo fino a metà aprile, quando cominciarono delle piogge che proseguirono per tutto maggio per poi fermarsi dinnanzi a un’arida stagione, secca e calda, che durò fino a ottobre. Un’estate così secca diede luogo a “generali infezioni”, e focolai di febbri e malattie di ventre e “pondi con lungo duramento”, presumibilmente riferito alla dissenteria. Uno scenario che ricorda da vicino il racconto della grande epidemia che colpì proprio in quegli anni, in pieno Trecento: la peste nera.

L’epidemia di peste colpì l’intero Occidente a partire dall’anno 1346 per poi diminuire d’intensità intorno all’anno 1353. Gli episodi però si susseguirono sia prima che dopo, senza mai svanire del tutto. Lo stesso autore della Nuova Cronica, Giovanni Villani, morì di peste nel 1348, lasciando il compito di proseguire l’opera a Matteo, suo fratello, che in questo breve frammento ci racconta quello che accadde dopo l’affascinante eclissi lunare all’origine di svariati misteri medievali, fra cui uno dei più oscuri: il tarantismo.

“Ancora avvenne in quest’anno un disusato accidente agli uomini, e cominciossi in Calabria a Fiume freddo e scorse fino a Gaeta, e chiamavano questo accidente male arrabbiato. L’effetto mostrava mancamento di celabro con cadimenti di capogirli con diversi dibattimenti, e mordeano come cani e percoteansi pericolosamente, e assai se ne morivano, ma chi era provveduto e atato guariva.”

In seguito all’eclissi, secondo Matteo Villani, un nuovo “accidente” si diffuse a partire dalla Calabria: il “male arrabbiato”. I sintomi erano: mal di testa, capogiri, svenimenti e una sorta di “rabbia” che spingeva gli infermi a mordere “come cani e percoteansi pericolosamente”. Gli affetti dal male arrabbiato venivano colti da una sorta di frenesia, che li faceva mordere e percuotersi. Ne morirono in molti anche se, grazie alla cure e all’aiuto, era possibile guarire.

Il parallelo più immediato è quello con lo strano fenomeno del tarantismo storico, che condivide parte dei sintomi elencati da Matteo Villani e che ha perdurato nel sud Italia a lungo, ben oltre il Medioevo, dando luogo a un folclore danzante oggi divenuto festa tradizionale (quella della taranta). Qualcun altro più avvezzo alle opere dell’intrattenimento ispirate ai misteri medievali potrebbe invece leggerci dei sintomi simili a quelli che legano le malattie sovrannaturali, come quella del vampirismo e del moderno zombie, unite dal famelico elemento del morso.

“E fu nel detto anno mortalità di bestie dimestiche grande. E in quest’anno medesimo furono in Fiandra, e in Francia e in Italia molte grandi e diverse battaglie, e nuovi movimenti di guerre e di signorie, come leggendo si potrà trovare. E nel detto anno fu singulare buona e gran ricolta di pane, e più vino, non si sperava, perché un freddo d’aprile l’uve già nate seccò e arse, e da capo molte ne rinacquono e condussonsi a bene, cosa assai strana. E da mezzo ottobre a calen di gennaio furono acque continove con gravi diluvi, e perdessene il terzo della sementa, ma il gennaio vegnente fu sì bel tempo, che la perduta sementa si racquistò. I frutti degli alberi dimestichi tutti si perderono in quest’anno. Non ne avremmo stesa questa memoria se la scurazione predetta non vi ci avesse indotto.”

Dopo la siccità estiva, da metà ottobre ricominciarono copiose piogge che distrussero i raccolti e condussero a una forte carestia, incrementata dalle molte guerre che si combatterono in tutto l’Occidente fino al termine di quell’anno nefasto, quando ogni cosa tornò alla normalità. L’autore della cronaca conclude dicendo che non avrebbe steso questa memoria, se la “scurazione predetta” non lo avesse indotto. Poiché i presagi devono essere colti e interpretati da uomini sapienti, che sappiano come farne uso, altrimenti restano solo eventi privi di significato.

Resta da queste parti per scoprire autentiche storie avventurose, fra battaglie e misteri medievali ripresi dalle antiche cronache, e non perdere il mio ultimo romanzo, “La Stirpe delle Ossa”, se vuoi immergerti nelle vicende di un’Italia perduta dove abbondano sangue e ferro affilato.

  1. Chronicon di Tietmaro di Merseburgo (975-1018)
  2. Historia rerum anglicarum di Guglielmo di Newburgh (1136-1198)
  3. Nuova Cronica di Giovanni Villani (1280-1348) e Matteo Villani (1283-1363)
Lorenzo Manara
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