Le avventure di Richard Sharpe
La serie di romanzi scritti da Bernard Cornwell che narrano le avventure del fuciliere Richard Sharpe
Richard Sharpe nacque nel 1777, circa. La data di nascita esatta non la conosce, e non gli importa neppure di conoscerla. Sua madre era una prostituta, suo padre non l’ha mai visto. Per sfuggire alla povertà e al degrado, Richard si dà al crimine. Sopravvive compiendo furti e rapine finché un giorno commette un omicidio. La forca sembra una fine inevitabile per un avanzo di galera simile, non vi pare? Ma Sua Maestà Giorgio III non amava sprecare le vite umane: una seconda possibilità era concessa a tutti.
Per non finire impiccato, Richard si arruola nell’Esercito britannico. Viene spedito in India assieme ad altri migliaia di farabutti come lui, costretti a marciare sulle distese polverose fra battaglie, malattie e parrucche pulciose. I combattimenti si svolgono in linea, una scarica di moschetto alla volta. Non si sprecano gli assalti alla baionetta, e neppure intrighi e incursioni notturne in territorio nemico. Questo, signori, è solo l’inizio delle avventure del fuciliere Sharpe, scritte da Bernard Cornwell.
Bernard Cornwell è uno scrittore specializzato in romanzi storici. Famosissima è la sua trilogia di Excalibur, che lo ha consacrato come uno dei mostri della narrativa d’avventura. Le sue storie sono ricche di azione ed eroismo; una festa per la mente, che si trova dinnanzi a mondi appartenenti a un passato lontano ma così vivo da risultare familiare. Ho già parlato di lui, qua e là per il blog, ma oggi vorrei soffermarmi sulla saga che mi è rimasta impressa nella memoria: quella di Richard Sharpe.
Il periodo precedente alle guerre napoleoniche è un’ambientazione dalla forte identità storica. Sono molte le opere che raccontano le battaglie che hanno visto come protagoniste le giubbe rosse; le linee di fanteria che si sparano addosso a meno di un centinaio di metri di distanza, il fumo di cannoni e moschetti, i tamburini e i pifferi… Tutti elementi che hanno lasciato il segno nella cultura occidentale, e difficilmente lasceranno indifferenti lo spettatore.
I contrasti messi in scena dalla società del XVIII secolo sono evidenti: da un lato l’eleganza di facciata, dall’altro la spietata macchina da guerra sempre in funzione. Gli eserciti delle potenze europee mandavano al massacro orde di disgraziati scampati alla forca, ma lo facevano con garbo e buongusto: se un soldato di Sua Maestà si fosse azzardato a togliersi la parrucca d’ordinanza sarebbe stato punito con le frustate. Lo trovo un ottimo modo per imparare il bon ton.
Il protagonista di questi romanzi è un perfetto esempio del soldato inglese del Settecento. E’ un opportunista, per certi versi anche spietato. Ha più difetti che pregi, ma questo gli consente di emergere dal mare di sangue e polvere da sparo come un personaggio efficace, che fa subito breccia nel cuore del lettore. Veniamo a conoscenza del suo passato oscuro e ci ritroviamo a fare il tifo per lui mentre combatte i francesi e sconfigge il sultanato del perfido Tippu Sahib.
La Sfida della tigre è il primo romanzo di una lunga serie, ed è forse quello che mi è rimasto più impresso. Se vi piacciono le avventure esotiche ammantate di storia e illuminate dal fuoco dei moschetti, non lasciatevi perdere questa perla. Per coloro che sono interessati al cinema, esiste perfino il riadattamento televisivo in sedici episodi con un giovane Sean Bean nei panni del protagonista fuciliere di Sua Maestà.
Non l’ho mai visto, ma dicono che non sia malaccio.
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