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2 Marzo 2023

Le origini della magia: la strega antica

streghe di tessaglia

Storia della Magia, episodio 1: L’archetipo letterario della strega antica, dalla mitologia greca a quella romana.

Preparatevi a immergervi in un mondo di incantesimi, pozioni e misteri che si snoda attraverso i secoli, dall’Antichità fino al Medioevo. Ogni episodio del podcast “Storia della Magia” si basa su una rigorosa ricerca storica, attingendo da fonti antiche, medievali e moderne. Attraverso papiri, pergamene, manoscritti e cronache dell’epoca, ripercorreremo le diverse forme di magia che hanno caratterizzato la storia dell’area mediterranea e nord europea: dai rituali degli antichi Egizi e del mondo greco-romano, alle arti magiche degli stregoni medievali.

Io sono Lorenzo Manara e vi guiderò in questo viaggio alla scoperta della “Storia della Magia”, a cominciare dalla figura più presente nell’immaginario collettivo: la strega. Ma chi è la strega?

Oggigiorno esistono molte definizioni di “strega”. La parola stessa, nell’immaginario collettivo derivato dalle opere letterarie, assume innumerevoli significati. Ciascuno di noi potrebbe immaginare una strega diversa. Vi è la strega di mestiere (la levatrice, la sverminatrice), quella che se ne intende, insomma, le cui capacità derivano da un’approfondita (e segreta) conoscenza empirica del ciclo vitale degli esseri umani, e del mondo naturale (erbe, intrugli, filtri, pozioni). Vi è la strega accusata d’essere tale, ma che in realtà non lo è, la classica fanciulla innocente dei film, perseguitata da folle di contadini superstiziosi coi forconi e inquisitori vari. E vi è anche la strega consapevole d’esserlo, che va ai sabba di notte volando con la scopa perché è in combutta col Diavolo, e lo fa sghignazzando con la tipica risatina. Infine, vi è la strega mostruosa, orrida quanto crudele, vera e propria creatura soprannaturale, che non appartiene all’umanità, che non è un essere umano, (spesso presente nei film horror) dotata di poteri spaventosi. 

Tanti personaggi, tutti femminili, che rispondono a un unico nome, nonostante le differenze. Perché la parola “strega” non possiede un significato univoco. Nel corso dei secoli, e a seconda dei luoghi geografici, tale significato è mutato, talvolta assumendo una sfumatura diversa, talvolta ribaltando completamente la sua concezione. L’etimologia stessa è fumosa. Difficile stabilire quando si sia diffuso il termine. Molti storici concordano nel farlo risalire al latino strix, striges1 2, ovvero gli uccelli notturni, come i gufi, i barbagianni, che oggi per l’appunto si definiscono strigidi, e che nel folclore greco-romano rapivano i bambini e addirittura succhiavano sangue umano; credenze che alcuni interpretano all’origine di un’altra figura folcloristica: il vampiro.

In questo calderone di credenze, però, c’è un elemento comune: qualcosa che accomuna le streghe comparse nelle opere antiche e medievali prima della loro rivalutazione tramite le correnti letterarie moderne, il neopaganesimo, l’esoterismo new age… tale caratteristica, comune in ogni strega, era la malvagità. Le streghe erano rappresentate come crudeli soprattutto perché praticavano la magia andando contro le consuetudini religiose o addirittura le religioni stesse. Badate bene, non solo la religione cristiana, ma le streghe andavano contro anche ai culti cosiddetti pagani, e agli dèi, come quelli greco-romani.

Infatti, alle origini di questa figura, vi è una delle opere più celebri del mondo antico: l’Odissea. Perché nell’Odissea di Omero compare colei che potrebbe rappresentare la nascita del mito: una specialista dell’arte soprannaturale, esperta di filtri, rituali e metamorfosi, ovvero Circe, la cosiddetta “maga” Circe.

Conosciamo tutti la storia. Regina di un’isola sperduta, che vive circondata da bestie che un tempo erano uomini, e che lei stessa ha tramutato per mezzo dell’incanto. Circe s’imbatte in Ulisse, capitato sull’isola con la sua nave e il suo equipaggio, composto da quegli uomini che uno dopo l’altro vengono tramutati in bestie dopo essere stati attirati con l’inganno dalla stessa padrona dell’isola.

Circe offre loro un lauto banchetto dove, però, ha inserito un pharmakon, ovvero il termine greco che significa  “rimedio” e, al tempo stesso, “veleno”3: termine da cui deriva la parola in inglese “pharmacy”. Se ci pensi bene, un rimedio medicinale può essere al tempo stesso un veleno per il nostro corpo, se assunto in dosi o modi sbagliati, e gli antichi già lo sapevano. Con pharmakon gli antichi designavano le piante medicinali, le droghe, le tinture e quei procedimenti analoghi alla preparazione di pozioni magiche, filtri incantati e rituali, gli stessi utilizzati da Circe.

Una donna crudele, che maledice i viaggiatori capitati nella sua isola. I marinai di Ulisse cadono nella trappola: accettano la finta ospitalità e si dissetano con il ciceone, bevanda a base di formaggio, farina d’orzo, miele, vino di Pramno… e veleno. Dopo aver somministrato questo intruglio, Circe fa uso del suo rhabdos per completare la bestiale trasformazione (Rhabdos è il termine greco che significa verga, bacchetta, e talvolta anche bastone, inteso come bastone di potere). L’antica magia con la bacchetta riguardava anche la divinazione, chiamata “rabdomanzia” (divinazione con la bacchetta). Ma della divinazione antica ne parleremo nei prossimi episodi.

Solo dopo aver toccato i malcapitati con la sua verga magica Circe è in grado di compiere il prodigio, cosa che non avviene però con Ulisse, poiché l’eroe è protetto dai consigli del dio Ermes e dall’utilizzo di un farmaco buono, che neutralizza l’incanto di Circe.

Circe, quindi, sembrerebbe incarnare l’archetipo della strega ancestrale, l’origine da cui tutto ha avuto inizio. Prepara pozioni, utilizza una bacchetta, compie divinazioni e profezie, e riveste un ruolo a metà, fra l’antagonista e il personaggio di supporto all’eroe, come avverrà nelle ultime fasi dell’incontro tra lei e Ulisse. Tutto combacia, se non fosse per un aspetto importante, fondamentale nel definire la natura magica di Circe: costei, infatti, non è una maga, contrariamente a come spesso viene chiamata, maga Circe, ma una dea. Una creatura divina, che rientra nella sfera della religione greca, dove la magia non esiste. Il termine stesso “magia” è anacronistico. Al tempo di Omero, nell’VIII secolo a.C., non esisteva.

Il concetto di magia nasce più tardi, nel V secolo a.C. a partire da Erodoto, il quale si trova a descrivere per la prima volta i sacerdoti persiani che si occupavano di sacrifici, riti funebri, divinazioni e interpretazione dei sogni, ovvero i magi4. L’episodio che potremmo considerare all’origine della storia della magia (almeno in senso etimologico) avvenne sotto il dominio di Serse, nel corso delle guerre persiane, e più precisamente nel 480 a.C. quando i magi persiani sacrificarono i cavalli bianchi del loro imperatore per favorire l’attraversamento dell’intero esercito sul fiume Strimone5.

Erodoto, dovendo descrivere questo prodigio compiuto dai sacerdoti di Serse, un prodigio estraneo alla religione greca, e quindi di natura diversa, traslitterò il termine mágos dal persiano antico, dando origine così, alla netta distinzione tra le capacità soprannaturali di dominio divino, e quelle appartenenti al dominio dei mortali, gli esseri umani.

Per la prima volta, forse, l’uomo greco si rese conto dell’esistenza di altri poteri, oltre a quelli derivanti dagli dèi dell’Olimpo. L’Occidente conobbe la magia.

Nel frattempo, dall’altra parte del mare, prende vita un celebre personaggio, nato dal libro di Samuele, scritto all’incirca nel V secolo a. C., più o meno l’epoca di Erodoto, e facente parte del racconto biblico dell’Antico Testamento. Un personaggio passato alla storia come una terribile strega, una delle più celebri del mondo antico: la strega di Endor.

Si narra che Saul, il sovrano che regnò su Israele mille anni prima della nascita di Cristo (primo re d’Israele), avesse perso il favore di Dio. Si rifiutava di seguire i dettami di Samuele, ovvero il profeta indicato come l’autore del libro da cui è tratto questo episodio biblico, e dunque, questo sovrano, doveva essere tolto di mezzo. Dio aveva bisogno di un nuovo sovrano, qualcuno che potesse rappresentarlo al meglio fra gli uomini. E chi meglio di Davide avrebbe potuto ricoprire un incarico così delicato?

Esatto, il Davide biblico che tutti conosciamo grazie a Michelangelo: forte e coraggioso, così coraggioso da affrontare il gigante dei filistei con la sua frombola e prenderlo in piena fronte con una bella sassata. Per poi mozzargli la testa, ovviamente. Davide era il nuovo prescelto benedetto da Dio, guerriero famoso e bravo anche a suonare l’arpa o la cetra con la quale spazzava via gli spiriti maligni. Saul però era ancora re. E di lasciare il posto a quello sbarbatello musicista non ne aveva alcuna intenzione.

Re Saul tentò di uccidere Davide in più modi, ma non ci riuscì mai. Perché Davide era benedetto da Dio e Saul non lo era più. Nel frattempo i nemici giurati degli israeliti, i filistei, avanzavano con il loro poderoso esercito per ottenere il controllo di quella striscia di Terra Santa ancora oggi contesa fra i popoli. Alcuni storici ritengono che i filistei fossero tecnologicamente più evoluti rispetto agli israeliti, all’epoca di Samuele ancora fermi all’Età del bronzo. Si pensa che i filistei avessero legioni armate col ferro, e carri da guerra alla maniera degli Egizi (e, a quanto pare, giganti). Anche se lo stesso Golia, il gigante ucciso da Davide, viene descritto con armi e armatura di bronzo. In ogni caso Saul non aveva alcuna speranza di vincere perché sia gli uomini che Dio gli avevano voltato le spalle. Ed è per questo che scelse di rivolgersi ai morti.

Si recò a Endor per consultare l’ultima necromante rimasta del regno e le chiese di evocare lo spirito del defunto profeta Samuele per interrogarlo. La strega di Endor compì quindi la sua divinazione, invocò lo spirito del profeta, ma il responso non fu consolante. Re Saul aveva perso il favore di Dio e consultando una necromante aveva peggiorato ancora di più le cose. Gli fu profetizzata la sconfitta in battaglia e la morte. Cose che avvennero entrambe.

Questo episodio biblico ci mostra una forma di magia, ovviamente inconciliabile con la dottrina cristiana, ma che a tutti gli effetti funziona. La strega di Endor tramite la sua necromanzia riesce a convocare lo spirito del profeta. Quindi nella bibbia è presente (tra gli altri) un esempio di magia funzionante, un potere estraneo al prodigio divino. Un episodio, come possiamo immaginare, divenuto oggetto di dibattito teologico per secoli. 

La posizione della Chiesa fino al Tardo Medioevo sull’argomento “magia” era abbastanza unitaria sotto questo punto di vista (poi le cose cambiarono). Fino a un certo punto della storia medievale, da sant’Agostino a Tommaso d’Aquino la risposta era semplice: gli uomini non possono compiere stregonerie e neppure miracoli (i quali, nel caso, sono concessi solo ai santi). 

Potete immaginare come sia difficile giustificare certi principi del Cristianesimo se all’interno degli stessi testi sacri compaiono forme di magia che non dovrebbero esistere. Alcuni hanno risolto la questione interpretando l’episodio come un inganno del Diavolo: lo spirito infatti non era davvero quello di Samuele, ma un demone che faceva finta di esserlo. Altri ancora invece ritengono che lo spirito fosse stato mandato da Dio stesso, e che la strega di Endor credesse di possedere poteri magici, ma in realtà era solo un’illusa6.

Non so quale sia l’interpretazione teologica ufficiale, oggi, riguardo questo episodio biblico. Sempre che ne esista una che metta d’accordo tutti. Quel che interessa a noi, però, è il termine “strega”: perché la strega di Endor viene chiamata, appunto, “strega”? Eh, non ne ho idea.

Il fatto è che il racconto biblico presenta un’infinita serie di misteri linguistici, a causa delle sue infinite serie di traduzioni. Traduzione della traduzione, dall’ebraico antico, al greco antico, al latino… col risultato che certi concetti magari di difficile trasposizione, o addirittura di impossibile trasposizione, poiché strettamente legati alla cultura d’origine, mutano, o si perdono. E mettiamoci dentro anche l’errore umano, del traduttore e del copista, che trascrivendo magari sbaglia una lettera e quella lettera cambia tutto (oppure una vera e propria manipolazione intenzionale7. Sono cose che succedono, e gli storici ne hanno individuati parecchi di errori dovuti a monaci medievali pasticcioni, che nel ricopiare opere antiche talvolta saltavano addirittura intere righe.

La strega di Endor, quindi, viene chiamata così, ma in modo anacronistico. Nel V secolo avanti Cristo, periodo di presunta scrittura di tale episodio, tale parola non era usata. Ma questo personaggio rappresenta alla perfezione la figura della strega, ancora oggi ben radicata nell’immaginario collettivo, sebbene con molte varianti: una figura femminile, legata alla magia, quindi lontana dalla religione, emarginata dalla società, e soprattutto malvagia. Una malvagità che tocca l’apice nella sua forma più orrida grazie a un’altra cosiddetta strega dell’antichità, la più terribile di tutte e, anch’essa, guarda un po’, necromante: sto parlando di Erictho, la strega di Tessaglia.

Di Erichto, ne parlerò nel prossimo episodio. Seguimi, se vuoi scoprire le vere origini della magia a partire dalle fonti storiche.

  1. Plauto, Petronio, Properzio definiscono Striges, Strix, Strigibus le donne che influivano maleficamente sugli uomini, che preparavano intrugli, che compivano orrendi riti con calderoni e cadaveri.
  2. All’origine delle streghe moderne vi sono anche quelle che erano chiamate sagae mulieres (donne sagaci, Apuleio, l’asino d’oro) oppure vecchie oscene (Orazio, Epode V su Canidia), oppure malìe o lamie
  3. L’invenzione della magia in Grecia di Marcello Carastro – Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)
  4. Fritz Graf, La magia nel mondo antico, p. 21
  5. Erodoto, Le Storie, Libro VII, 113
  6. Nello Speculum Astronomiae di Alberto Magno, del XII secolo, la magia si divide in due forme, quella ermetica e quella salomonica. Nella magia ermetica il mago si perde in preghiere sottomesse tentando di ottenere i suoi loschi scopi tramite entità maligne. Nella magia salomonica invece si tenta di stabilire un comando con delle entità che sono superiori agli uomini e inferiori alla volontà di Dio. Il mago salomonico dunque è un illuso e le sue formule sono ingenui vaneggiamenti, proprio come doveva esserlo la necromante di Endor (La magia nel Medioevo, Ilaria Parri)
  7. E’ il caso delle “lettere sospese”, lettere che venivano aggiunte sopra la parola per fornire una seconda chiave interpretativa. Il caso più celebre è quello del Libro dei Giudici 18:30, dove la parola Mosè con la sostituzione di una singola lettera viene trasformata in Manasse: questo perché nel versetto si parla di un discendente del profeta macchiato di idolatria e che quindi è preferibile non accomunarlo a Mosè, ma a questo personaggio inventato di nome Manasse
Lorenzo Manara
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