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2 Marzo 2023

La strega dal Medioevo all’Età Moderna

la strega moderna

Articolo del podcast Storia della Magia, episodio 7: l’archetipo letterario della strega dal medioevo all’età moderna

I termini strix o striga, in latino, indicavano le cosiddette viaggiatrici notturne. Autori antichi, tra cui Plinio il Vecchio, le descrivono come delle entità spirituali in grado di volare e che si nutrono di sangue umano. Dal termine strix è derivato nella lingua corrente il nome della famiglia degli strigidi, rapaci notturni come gufi e gli allocchi ma, soprattutto, la parola che utilizziamo ancora oggi nell’ambito letterario fantastico: la strega.

Oggigiorno abbiamo due ritratti in mente quando pensiamo alle streghe: quello antichissimo legato alle donne orribili, dotate di poteri sovrannaturali, che abitano luoghi oscuri alla maniera di Erictho, capaci di ogni genere di nefandezza; e poi un secondo ritratto più moderno di donna praticona, guaritrice, membro utile della comunità, ma al tempo stesso emarginata, associata a un’epoca ben precisa: il Medioevo. Peccato che le streghe, perseguitate dalle grandi e sanguinose cacce, bruciate sui roghi dell’Inquisizione, non siano medievali neanche un po’.

L’idea delle levatrici e guaritrici che vivono nell’ultima casa del villaggio sul limitare del bosco e che sono colpevoli di aver copulato col demonio, vittime innocenti della società ignorante, è un’idea più che altro moderna, comparsa per la prima volta all’alba del Rinascimento.

Il trattato più celebre a riguardo è il Malleus Maleficarum. Pubblicato nel 1487 in Germania da due frati domenicani, fu un vero e proprio best seller non ufficiale. Poiché non fu mai adottato dalla Chiesa. 

I dettami contenuti nel Malleus Maleficarum, infatti, non facevano parte del procedimento standard inquisitoriale, soprattutto in Italia e nei paesi sotto il controllo dell’istituzione ecclesiastica cristiana. Anzi, il trattato attirò le critiche di molti autori e teologi già all’epoca in cui venne scritto, poiché viziato da ideologie prive di fondamento dottrinale.

Infatti fu in quello specifico manuale che si mise nero su bianco la relazione fra i mestieri femminili (come quello della levatrice) e la possibilità di effettuare malefici. Secondo i due autori dell’opera, le levatrici erano infatti in grado di creare pozioni per l’aborto e filtri d’amore.

Nel tracciare il ritratto della strega moderna, dal Tardo Medioevo in poi, possiamo dunque partire proprio dal sesso femminile, tratto prevalente tra gli accusati di stregoneria. Studiando i verbali dei processi inquisitori possiamo notare come nella maggior parte dei casi, in determinati contesti, furono le donne a finire in tribunale. E questo sembrerebbe corrispondere allo stereotipo della strega per come lo conosciamo oggi. Ma perché proprio le donne?

Per trovare una risposta a quella che all’apparenza risulta misoginia fine a sé stessa dobbiamo conoscere il ruolo sociale della donna a quel tempo. Le donne si occupavano degli aspetti legati all’esistenza: dalla nascita alla cura del bambino, dall’assistenza alla guarigione dei malati, fino ad arrivare alla morte: alla preparazione e sepoltura dei corpi. Tutte queste conoscenze, in molte culture, appartenevano socialmente alle donne e guai a interferire.

Lo storico Alessandro Barbero racconta nel suo libro “Dante” l’episodio in cui il Sommo si reca al funerale del padre di Beatrice e si ritrova ad aspettar fuori, senza poter né vedere il morto né Beatrice. Perché le usanze cerimoniali sul finire del Duecento a Firenze prevedevano che le donne entrassero in casa a compiangere il defunto e che gli uomini invece aspettassero fuori. Ma non solo. Quando Dante si ritrova a singhiozzare sull’uscio del palazzo viene “beccato” dalle donne e finisce per essere sgridato: “lascia piangere noi!” gli dicono.

A questo punto però è bene considerare che vi sono stati alcuni paesi (come la Normandia, la Russia, l’Estonia e l’Islanda) dove la percentuale di individui maschi accusati di stregoneria supera di gran lunga quella femminile. E vi erano anche paesi come la Finlandia dove si raggiungeva addirittura una parità di genere.

Perciò quando si parla di prevalenza di donne accusate di stregoneria è bene tenere presente che si tratta, appunto, di una prevalenza media. Dunque gli accusati di sesso maschile non erano affatto una rarità. Senza contare che per fini politici l’accusa di stregoneria, magia nera e di eresia, colpiva soprattutto gli uomini.

Tramite le attività di cui era tradizionalmente incaricato il sesso femminile era possibile, secondo le tradizioni esoteriche, praticare la magia nera. Tendenzialmente era la donna a occuparsi della nascita e della morte, della malattia e della guarigione, ma anche della nutrizione, della preparazione del cibo. Tutte queste attività portavano a una maggiore conoscenza delle erbe, piante e frutti e le relative pratiche medicinali. Recarsi ogni giorno nel bosco dove cresceva quel determinato arbusto e tornare a casa col cestino pieno di radici era materia prevalentemente femminile, come la guerra era materia prevalentemente maschile. Con tutte le eccezioni culturali che, in determinati contesti, potevano anche ribaltare questi ruoli.

E arriviamo perciò all’ultima caratteristica tipica della strega: la vecchiaia. Perché la strega è spesso ritratta come una vecchia? La spiegazione più semplice è che le professioni di levatrice, guaritrice necessitano di una vasta esperienza, e quindi sono praticati da donne anziane. Un’altra spiegazione potrebbe essere che l’accusa di stregoneria con conseguente istruzione di un processo inquisitoriale, era una pratica giuridica lenta, che spesso richiedeva anni di maturazione, e coloro che erano sospettati più degli altri erano di fatto i più conosciuti della comunità, coloro che avevano portato avanti il mestiere più a lungo, e quindi i più anziani.

E’ facile immaginare i contadini medievali che con torce e forconi catturano le donne del villaggio per gettarle tra le fiamme. Si tratta di uno stereotipo diffuso, ma a giudicare dalle cifre parrebbe che non fosse così facile trovarsi in mezzo a una caccia alle streghe, nella storia europea. Infatti, nella storia europea, dal Tardo Medioevo all’Età Moderna, il numero di processi di stregoneria è stimato in circa 90.000 casi. 90.000 casi in tutta la storia dell’intera Europa. Pochi, rispetto a quelli che ci si immagina di solito guardando film e serie-tv. Una stima, tra le altre cose, che non tiene conto della sentenza, che sarebbe potuta sfociare nella condanna o nell’assoluzione.

Il numero di condanne a morte effettive per magia e stregoneria è difficile da stimare. Dagli atti dei processi che ci sono pervenuti sappiamo esattamente il risultato delle esecuzioni, ma dobbiamo considerare che sono esistiti processi di cui non ci è arrivata alcuna traccia scritta. E talvolta venivano eseguite delle condanne senza il coinvolgimento dell’Inquisizione, o di un qualsiasi altro organo religioso di controllo, che archiviava metodicamente gli atti giudiziari.

Se dovessimo fare una media con tutti i dati che abbiamo a disposizione potremmo dire che il tasso di esecuzioni in Europa a seguito di una caccia alle streghe era del 47%: un accusato di stregoneria su due moriva sul rogo. Ma è una stima superficiale, che poteva cambiare molto a seconda del periodo e dell’area geografica. 

Ad esempio in alcune contee inglesi del XVI secolo troviamo percentuali di condanne a morte inferiori al 30%, mentre in alcuni cantoni svizzeri nel corso del Cinquecento il tasso di condanne a morte nei processi per stregoneria rasentava il 90%.

Insomma, tante società, culture, tradizioni ed epoche diverse. Esistono località europee dove non si è mai condannata una strega o uno stregone e altre, come la celebre Quedlinburg (kledinburg) in Germania, dove furono messe a morte 133 streghe in un solo giorno. E in Italia?

In Italia la situazione era decisamente diversa dall’area germanica e protestante. Il potere dell’Inquisizione si conservò molto più a lungo che nel resto d’Europa e questo portò, paradossalmente, a una notevole inferiorità di condanne a morte per magia e stregoneria.

In Italia gli inquisitori che ottenevano una piena confessione sotto tortura (confermata dopo un periodo di riposo per la piena convalida), concedevano il perdono tramite l’abiura (pubblica o segreta), la fustigazione, la carcerazone o l’esilio. Se le streghe confessavano i propri misfatti magici (e se non c’era alcun vero delitto punibile dal tribunale secolare e dalle leggi del regno) allora l’Inquisizione aveva tutto l’interesse di elargire il perdono, e convertire la strega.

Poiché la conversione era la vera arma per contrastare l’insieme dei miti e delle superstizioni popolari radicate in profondità nelle menti dei fedeli. Così come avvenne con le varie festività antiche, di tradizione pagana, che scandivano l’anno e che furono convertite in feste cristiane.

Gli storici concordano sul fatto che in generale l’inquisizione del Sant’Ufficio non fu un’istituzione assetata di sangue, come si vede nei film, e che abbia agito in maniera molto più moderata rispetto alle autorità laiche del nord Europa, nel periodo più cruento della caccia alle streghe.

La capacità magica che meglio rappresenta la strega e lo stregone medievale nell’immaginario collettivo è certamente l’evocazione demoniaca, e più precisamente, del Diavolo.

Ma di evocazioni, demoni e patti col Diavolo, ne parlerò nel prossimo episodio. Ascolta il podcast Storia della Magia, se vuoi scoprire le vere origini della magia a partire dalle fonti storiche.

Lorenzo Manara
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