Il Pas d’Armes, un duello cavalleresco
Pas d’Armes o passo d’arme, un duello amichevole tra cavalieri medievali: la storia dello spagnolo Suero de Quinones e del francese Boucicaut
Sul finire del XIV secolo cominciò a diffondersi nell’Europa medievale una disfida fra le più intriganti e apprezzate dal pubblico: il pas d’armes, ovvero il “passo d’arme”. A differenza della giostra e della mischia, specialità torneistiche meglio conosciute oggigiorno grazie anche ai romanzi e ai film, il passo d’arme non prevedeva l’allestimento di recinti e nemmeno il coinvolgimento di giudici e altre figure organizzative. Tutto quel che serviva era un luogo già esistente e pronto per sua natura a ospitare la sfida, come un portale, un ponte o semplicemente una strada, che uno o più cavalieri potevano reclamare per difenderlo da eventuali nemici.
Tutti noi abbiamo ben presente Little John, il fuorilegge, che nel racconto di Robin Hood difende un passaggio nel bosco con l’intento di farsi pagare un “pedaggio”, minacciando di menare chiunque non voglia farlo. Sembrerebbe un cliché da film, eppure l’idea alla base di questo elemento narrativo presenta varie analogie con il pas d’Armes, di cui abbiamo svariate attestazioni nelle fonti storiche.
La caratteristica predominante di questa tipologia torneistica è quella del “gioco d’armi”. Nella maggioranza dei casi, infatti, si trattava proprio di un gioco da svolgersi amichevolmente, seguendo gli ideali cavallereschi analoghi alle opere letterarie (come nel ciclo bretone e nella saga di re Artù). Non a caso, il pas d’Armes si diffuse sul finire del medioevo, dal quattrocento in poi, quando i campi di battaglia cominciavano a riempirsi di polvere nera, bombarde, archibugi e, soprattutto, di fanterie stipendiate: soldati pagati per far la guerra, che di nobiliare e cavalleresco non avevano un bel niente (però la guerra la facevano bene).
Nella fase che molti storici definiscono come il “tramonto della cavalleria”, ebbe inizio una sorta di “tentativo di rivalsa” da parte degli eroi senza macchia e senza paura che, dopo aver perduto l’incontrastato predominio sul campo, divennero ansiosi di dimostrare il proprio valore tramite una serie di “gesta”: azioni eroiche a metà tra finzione letteraria e realtà militare. Ma in cosa consistevano?
Nell’anno 1435, in prossimità del ponte dell’Orbigo, sulla via di pellegrinaggio per il santuario di Compostela, un araldo affisse una “lettera d’armi” che annunciava l’inizio di un gioco, un nuovo pas d’Armes indetto dal cavaliere Suero de Quinones1. Tramite i 22 capitoli che spiegavano le modalità dello scontro, il cavaliere spagnolo s’impegnava a sfidare i cavalieri che volevano attraversare il ponte: chiunque si fosse rifiutato di duellare, avrebbe dovuto deporre un guanto in strada e attraversare il fiume a nuoto, in segno di codardia.
Il gioco d’armi durò un mese, entro il quale don Suero de Quinones avrebbe dovuto spezzare un totale di trecento lance (tre per ogni cavaliere incontrato) per assolvere l’impegno che aveva giurato di portare a compimento. Lo faceva in nome di una dama di Santiago e, soprattutto, in nome del proprio onore. Anche perché il “fardello” che portava addosso era sia simbolico che materiale, dato che per mostrare a tutti la serietà con cui affrontava la sua “quest”, soleva indossare un collare di ferro: prova del legame che lo vincolava all’amata Leonor de Tovar.
Re Juan II di Castiglia in persona diede il permesso di svolgere questa modalità di torneo, invitando i migliori cavalieri del regno a passare per il cammino di Santiago, a partire dal 10 luglio 1434 fino al 9 agosto dello stesso anno. Sessantotto cavalieri tra francesi, tedeschi, italiani, portoghesi e spagnoli accorsero sul luogo, attirati dal gioco d’armi che ormai era sulla bocca di tutti. I cavalieri sfidarono don Suero de Quinones, uno dopo l’altro, per oltrepassare il ponte. E l’evento divennne così celebre da meritare d’esser citato pure nel Don Chisciotte di Miguel de Cervantes.
“Dicasi che sono state burle le giostre di Suero di Chignones del Passo, le geste di don Mossen Luigi di Falces contra don Gonzalo di Gusman, cavaliere castigliano, e tante e tante altre imprese compite da cavalieri cristiani di questi o dei regni stranieri, sì autentiche e vere che, torno a dire, chi si facesse a negarle mancherebbe affatto di senso comune e di ogni maniera di buon ragionare.”
Suero de Quinones non riuscì nell’impresa di spezzare trecento lance durante il pas d’armes, ma portò a termine il pellegrinaggio fino al santuario di Compostela, dove ottenne il perdono e lo scioglimento dal voto.
Fra i racconti d’imprese cavalleresche che dilagarono nell’Europa medievale nel XV secolo, quelli francesi sono probabilmente i più numerosi. Jean Froissart, storico e autore delle Chroniques, ci restituisce una nutrita serie di episodi che riguardano proprio il pas d’armes, scendendo fin nel dettaglio degli scontri, regalandoci delle preziose descrizioni di duelli in sella al destriero.
Torneo di Saint-lnglevert
Cronache di Froissart, XIV secolo
Tre cavalieri francesi, Boucicatt il giovane, Regnault de Roje e Jean de Sempy, avevano lanciato una sfida invitando tutti i partecipanti a incontrarli in un’amichevole sfida d’armi presso Calais. La sfida era rivolta in particolare all’Inghilterra, con la quale era stata recentemente conclusa una tregua di tre anni. Parte dell’invito formale era il seguente:
‘. . . e preghiamo tutti quei nobili cavalieri e scudieri stranieri che sono disposti a venire, di non immaginare nemmeno per un momento che lo stiamo facendo per orgoglio, odio o malizia, ma per l’onore della loro compagnia e per conoscerli meglio, cosa che desideriamo con tutto il cuore. E nessuno dei nostri scudi sarà coperto di ferro o acciaio, né saranno gli scudi di coloro che verranno a giostrare contro di noi. Né deve esserci qualsiasi altro vantaggio ingiusto, frode, inganno o disegno malvagio, né nulla non approvato dagli incaricati da entrambe le parti a guardia delle liste.’
Tre importanti cavalieri francesi, fra i quali figurava Boucicaut il giovane, ovvero quel Jean Le Meingre II che abbiamo imparato a conoscere per i suoi fantastici esercizi ginnici da eseguirsi con indosso un’armatura completa, lanciarono un’importante sfida a tutti i valenti cavalieri del tempo, soprattutto gli inglesi, in virtù della tregua triennale che aveva messo in pausa le secolari guerre fra i due paesi.
Si trattava di una sfida “amichevole”, un pas d’armes da disputarsi nei pressi di Calais con l’unico intento di battersi onorevolmente, senza alcun “vantaggio ingiusto”, come ad esempio ricoprire gli scudi di ferro e acciaio (dettaglio interessante, che mi ricorda uno stratagemma torneistico messo in atto nel 1446 da un cavaliere borgognone di nome Baltasin, che ricoprì il cavallo di “spuntoni d’acciaio”, non ammessi dal regolamento2.
“Furono felici di apprendere che un gran numero di cavalieri e scudieri avevano raggiunto il luogo della sfida. Al fine di affrettare le cose, avevano allestito tre grandi e lussuose tende cremisi in un punto intermedio fra Calais e Saint-Inglevert. All’ingresso di ogni tenda c’erano due scudi blasonati con le armi di ciascun cavaliere, uno scudo di pace e uno scudo di guerra. L’accordo era che chiunque volesse tenere un duello contro qualcuno di loro avrebbe dovuto toccare uno degli scudi, o inviare qualcuno che lo facesse, o entrambi gli scudi se gli piaceva.”
Il 21 maggio 1390, i tre cavalieri allestirono delle tende cremisi sul luogo dove si sarebbe dovuto svolgere il pas d’armes, sistemando i propri scudi blasonati all’ingresso. Chiunque avesse voluto sfidarli, non avrebbe dovuto far altro che “colpire” lo scudo corrispondente, o mandare qualcuno dei servi a farlo.
Gli scudi esposti fuori dai padiglioni erano due: lo scudo di pace e lo scudo di guerra. Tale distinzione ricalcava le due modalità di duello cavalleresco: una modalità più facile e una più difficile (proprio come nei videogiochi!). Se si sceglieva di duellare in modalità “pacifica”, le armi da imbracciare non erano le stesse usate in guerra, e questo valeva soprattutto per la lancia, realizzata in maniera meno robusta (spesso in legno di pino), per spezzarsi ancor più facilmente e con una punta in ferro coronato per “agguantare” lo scudo avversario e disperdere l’energia al momento dell’impatto.
La modalità di “guerra”, invece, prevedeva l’utilizzo di una lancia più robusta, molto più simile (e in alcuni casi tale e quale) alle lance usate in guerra. Il legno con cui venivano realizzate era quello di frassino o faggio, molto più robusto, e la punta di ferro all’estremità dell’asta era acuminata.
“Il 21 maggio, secondo il proclama, i tre cavalieri francesi erano pronti, con i loro cavalli sellati ed equipaggiati, come da regole del torneo. Lo stesso giorno, tutti quei cavalieri e scudieri che volevano giostrare, o assistere alla giostra, partirono da Calais e cavalcarono verso il punto designato, dove si fermarono su un lato della strada. Era un tratto ampio e spazioso di terreno con superficie piana di buona erba. Sir John Holland (conte di Huntingdon) inviò uno dei suoi scudieri a bussare allo scudo di guerra del signore Boucicaut. Boucicaut uscì dalla sua tenda in piena armatura, montò a cavallo, prese uno scudo e poi una robusta lancia con una buona punta in acciaio. I due cavalieri cavalcarono verso le estremità separate e, dopo essersi guardati attentamente, affondarono gli speroni e si scontrarono a tutta velocità. Boucicaut colpì il conte di Huntingdon in modo tale da trafiggergli lo scudo e fece scivolare la punta della sua lancia proprio sopra il braccio senza ferirlo. Entrambi i cavalieri continuarono la cavalcata e si fermarono ordinatamente alla fine della loro corsa. Questa giostra fu molto ammirata.”
Il primo ad accettare il pas d’armes dei tre cavalieri francesi fu Sir John Holland, cavaliere inglese e conte di Huntingdon, che dopo aver inviato uno dei suoi scudieri per bussare sul blasone appeso fuori dalle tende cremisi, scelse di scontrarsi col più famoso dei tre: Boucicout, Jean Le Meingre II. Forse però aveva scelto un avversario troppo più bravo di lui, poiché Boucicaut gli piantò la lancia nello scudo tanto a fondo da perforarglielo e colpirlo al braccio.
Grazie all’armatura, il conte inglese non si ferì in modo grave e chiese di disputare una rivincita, ma Boucicaut non gliela concesse: tornò nella tenda e disse che per quella giornata aveva concluso. Il conte allora provò col secondo cavaliere francese, Jean de Sempy, e mandò lo scudiero a bussare sul suo blasone. Jean accettò la sfida e si armò di tutto punto. S’incontrarono sul campo, al galoppo, in un primo spettacolare scontro che lasciò il cavaliere inglese privo di elmo, volato in terra a causa dello schianto. Dopo esser tornato a “bordo campo” per rimettersi l’elmo, i due cavalieri s’incontrarono ancora, questa volta centrandosi in pieno con le lance, dritte contro gli scudi. Rischiarono entrambi di finire a terra, ma strinsero le gambe per restare in sella e riuscirono a tenere duro.
“Ognuno tornò al limitare del campo per riposarsi un po’ e riprendere fiato. Sir John Holland, sempre desideroso di esibirsi con onore, riprese la lancia e strinse forte lo scudo e spronò il suo cavallo. Quando Sempy lo vide arrivare, non si trattenne, ma cavalcò verso di lui nella linea più dritta possibile. I due cavalieri si colpirono con le lance da guerra sugli elmi d’acciaio, colpendoli così netto e forte che volarono scintille. In questo scontro Sempy rimase senza elmo. Questa giostra fu molto applaudita, e sia il francese che l’inglese dissero che tutti e tre i cavalieri, il conte di Huntingdon, mio signore Boucicaut e Lord Sempy, avevano giocato in modo ammirevole, senza risparmiarsi né danneggiarsi a vicenda. Il conte di Huntingdon chiese di poter usare un’altra lancia per amore della sua dama, ma questo non gli fu permesso.“
Il cavaliere inglese, che aveva voglia di mostrarsi il più valoroso sul campo, dopo essersi scontrato con Boucicaut si scontrò più volte anche con Sempy, regalando momenti spettacolari al pubblico che si trovava nei pressi di Calais per assistere a uno dei pas d’armes più eccitanti della storia medievale. All’ennesima richiesta del conte di Huntingdon di “spezzare ancora una lancia”, i cavalieri francesi si rifiutarono. Avevano combattuto abbastanza, per quella giornata.
Froissart descrive l’intero torneo, incontro per incontro, scendendo nel dettaglio come in una moderna cronaca sportiva. Nei quattro giorni di combattimenti, più di quaranta sfidanti si misurarono con i tre cavalieri francesi, che alla fine del gioco rimasero imbattuti. In tutto, nella cronaca, vengono descritte centotrentasei “lance”, ovvero il numero di scontri disputati, che equivalevano alle lance spezzate contro lo scudo o l’armatura dell’avversario.
Mi piacerebbe riportare tutte e centotrentasei le lance disputate nel pas d’armes di Boucicaut, ma temo che l’articolo diventerebbe decisamente troppo lungo. Vi lascio quindi con alcuni scontri fra i più interessanti.
“Successivamente, un valoroso cavaliere di grande spirito, Giovanni di Beaumont in Inghilterra, si fece avanti e mandò uno scudiero a picchiare lo scudo di mio signore Boucicaut. Quel cavaliere non tardò a rispondere, poiché era già montato a cavallo, avendo giocato poco tempo prima con Sir Lewis Clifford. Prese lo scudo e la lancia e si mise in posizione per la giostra. I due cavalieri spronarono i cavalli in avanti con foga e si attaccarono l’un l’altro. Lord Beaumont non maneggiava bene la sua lancia e colpì Boucicaut di striscio, ma Boucicaut lo colpì esattamente al centro del suo scudo e lo fece cadere da cavallo. Il cavaliere inglese si alzò e, con l’aiuto dei suoi uomini, fu rimesso a cavallo. Lord Sempy si fece quindi avanti per giostrare con lui. Compirono due lance molto graziosamente senza ferirsi a vicenda.”
“Poi si fece avanti Sir Godfrey Seton, un valoroso cavaliere e un buon giostrante. Dimostrò chiaramente, dal modo in cui sedeva a cavallo tenendo la lancia, che era desideroso di giostrare. Mandò uno dei suoi scudieri a picchiare sullo scudo di guerra di Sir Regnault de Roye. Rispose quel cavaliere, perché era pronto a cavallo, con lo scudo al collo. Prese la lancia e si mise in una buona postura da giostra. I due cavalieri si lanciarono in avanti simultaneamente e si unirono con la massima precisione possibile, sferrando un colpo violento sugli scudi l’uno dell’altro. Le loro lance erano robuste e non si spezzavano, ma si curvavano, e le potenti spinte di forti braccia fermavano i cavalli sul posto.“
In questa “lancia” possiamo trovare un dettaglio molto interessante, che va contro a quel che comunemente viene ritenuta la regola del torneo medievale. In uno scontro fra Sir Godfrey Seton “valoroso cavaliere e buon giostrante” e il cavaliere francese Sempy, veniamo a sapere che entrambe le lance non si spezzarono dopo aver colpito i rispettivi scudi. Tali armi erano infatti “robuste” e si curvarono al momento dell’impatto, bloccando i destrieri nell’istante dello scontro.
Come detto sopra, questa era una delle due modalità di torneo medievale che emerge nel pas d’armes francese: la modalità “di guerra”, molto più simile a un vero scontro d’armi. E molto più pericolosa.
“Entrambi i cavalieri tornarono quindi ai propri posti, senza lasciar cadere le lance, che portavano liberamente davanti a sé prima di riporle nei resti. Poi spronarono i loro cavalli, che erano buoni, forti e tenaci e si incrociarono l’uno davanti all’altro, per colpa dei cavalli, non dei cavalieri. Mentre si passavano l’uno accanto all’altro per tornare ai propri posti, lasciarono cadere le lance, raccolte da mani pronte e per restituirle a loro. Quando le ebbero, le misero nei resti e spronarono i loro cavalli, mostrando che non avevano intenzione di risparmiarsi, perché si erano scaldati abbastanza. Il cavaliere inglese colpì molto duramente Sir Regnault de Roye vicino alla sommità del suo elmo, ma non gli fece altri danni; Sir Regnault lo colpì sullo scudo con una spinta così ferma e potente, sferrata con un braccio così forte (perché era uno dei giostratori più forti e duri in Francia a quel tempo ed era anche veramente innamorato di una giovane allegra e bella signora, e questo contribuì molto al suo successo in tutte le sue imprese), che la sua lancia trafisse il lato sinistro dello scudo del cavaliere inglese e andò direttamente nel suo braccio. Così facendo, la lancia si ruppe, la parte più lunga cadde a terra e la parte più corta rimase nello scudo con la punta d’acciaio nel braccio.“
Un esempio di quanto dovesse essere pericoloso il torneo medievale in modalità “di guerra”, nel caso specifico di questo pas d’armes francese, è testimoniato dallo scontro fra Regnault de Roye e Godfrey Seton. La lancia di Regnault trafisse lo scudo di Godfrey e andò dritta a piantarsi nel suo braccio, penetrando nella carne. La punta spezzata rimase conficcata nell’armatura, probabilmente sfondando gli anelli della maglia di ferro e penetrando l’imbottitura sottostante. Oppure aveva colpito un punto in cui la maglia di ferro era assente?
In ogni caso, il colpo fu micidiale e costrinse Godfrey a ritirarsi. L’autore della cronaca ci spiega che Regnault era uno dei migliori cavalieri da torneo dell’intera Francia e che combatteva così valorosamente perché era innamorato di “una giovane allegra e bella signora”, amore che contribuiva al successo di tutte le sue imprese.
Tuttavia, l’inglese ha completato il suo giro ed è tornato molto vivacemente al proprio posto. I suoi amici lo assistevano. La punta della lancia fu estratta e la ferita tamponata e fasciata, mentre Sir Regnault de Roye tornava dalla sua gente e aspettava lì, appoggiandosi a un’altra lancia che gli avevano dato. Per questa giostra Sir Regnault fu molto ammirato dalla sua stessa parte, e ugualmente dagli inglesi. Sebbene avesse ferito l’altro cavaliere, non gli fu fatta una sola osservazione offensiva, poiché tali sono i rischi delle armi. Un uomo se la cava bene, l’altro male. E inoltre stavano giostrando con l’armamento completo.“
“Si fece avanti uno scudiero inglese e buon giostratore di nome John Savage; era uno scudiero d’onore della guardia del corpo del conte di Huntingdon. Mandò un uomo a picchiare sullo scudo di guerra di Sir Regnault. Il cavaliere, che attendeva armato nella sua tenda, uscì ansioso di giostrare e montò a cavallo. Il suo scudo fu allacciato, prese la lancia e la mise in resta. Entrambi gli uomini si spronarono a tutta velocità l’uno verso l’altro finché non si incontrarono. Si colpirono in pieno nel centro dei loro scudi, con una forza tale che uno o entrambi sarebbero caduti se gli scudi non si fossero spaccati.”
L’aspetto interessante che emerge dal racconto di questo duello è certamente la rottura di entrambi gli scudi dei cavalieri, perforati dalle robuste lance usate in guerra, più robuste di quelle da torneo “pacifico”, come specificato al momento della scelta della modalità di pas d’armes, fuori dal padiglione.
Non è semplice trovare delle cronache attendibili che ci raccontano dettagli così precisi riguardo i combattimenti medievali. Anche perché, in questo caso, non si tratta di un racconto romanzato sullo stile della “Crocea Mors” la spada magica di Cesare descritta in “Storia dei re britanni” (articolo “Le spade magiche nella storia” per approfondire), piantata nello scudo del capoguerra celtico. Qui, Froissart, spiega minuziosamente quali potevano essere le conseguenze di un colpo di lancia vigoroso e bene assestato, fra le quali troviamo perfino la rottura dello scudo dell’avversario. Non era di certo la norma, e le parole dell’autore sembrano andare in quella direzione, tuttavia poteva accadere.
“Questo è stato un incontro bello e pericoloso, anche se i giostratori non subirono lesioni. Dopo aver perforato gli scudi, le loro lance si spezzarono, staccandosi a circa un piede dalle punte fissate negli scudi, mentre i due uomini proseguirono con le aste spezzate. Gli spettatori temettero che si fossero feriti gravemente a vicenda, e ciascuna parte si affrettò a raggiungere il proprio uomo, ma furono felici di scoprire che nessuno dei due aveva subito danni. Fu detto loro che avevano fatto abbastanza per quel giorno, ma John Savage non ne fu soddisfatto, dicendo che non aveva attraversato il mare per spezzare una sola lancia. Quando questa osservazione venne ripetuta a Sir Regnault de Roye, egli disse: “Ha perfettamente ragione. È giusto che sia pienamente soddisfatto da me o dai miei compagni d’armi».”
L’atmosfera epico-cavalleresca del pas d’armes tardomedievale emerge in tutta la sua realtà, mostrando cavalieri che agivano e recitavano come i personaggi delle saghe, e che mettevano a repentaglio la propria vita senza risparmiarsi battute sagaci, irriverenti, ricolme di sprezzo del pericolo. Non importa quanto siano andati vicini a trovarsi con una lancia piantata nel braccio (come già accaduto in una sfida precedente), loro erano lì per giostrare, e intendevano farlo finché non si ritenevano abbastanza soddisfatti.
“Furono nuovamente preparati e dotati di nuovi scudi e lance. Quando ciascuno di loro fu in posizione, al proprio posto, si guardarono e batterono contemporaneamente gli speroni contro i cavalli. Abbassarono le lance e si avvicinarono per scontrarsi, ma furono ostacolati dai loro stessi cavalli. Così mancarono lo scontro, con loro grande irritazione, e tornarono ciascuno al proprio posto. Le loro lance, che avevano scagliato con disgusto, furono restituite loro per metterle in resta, si guardarono attentamente l’un l’altro e spronarono i loro cavalli in avanti. Questa volta si colpirono sull’elmo, dritti sulle fessure per gli occhi; le punte si conficcarono in modo tale che lanciarono via gli elmi a entrambi. Fu una bella sfida che tutti ammirarono. Ognuno tornò al proprio posto. Gli inglesi andarono da John Savage e gli dissero ancora una volta che aveva fatto abbastanza per quel giorno e poteva andarsene con onore, e che altri oltre a lui dovevano avere la possibilità di esercitarsi con le armi. Cedette a questo consiglio, posò lo scudo e la lancia e, scendendo dal suo corsiero, montò su un ronzino per guardare gli altri giostrare.”
La seconda sfida fra lo scudiero inglese John Savage e il cavaliere francese Regnault de Roye terminò con un nulla di fatto: entrambi mancarono il colpo a causa dei loro destrieri, che li condussero fuori traiettoria. Ma la terza e ultima sfida regalò a tutti un momento spettacolare: quando entrambe le lance colpirono in pieno gli elmi dei rispettivi cavalieri e, ficcandosi nella fessura per gli occhi, glieli scagliarono via, in aria. Questo ultimo scontro venne ritenuto soddisfacente per entrambi (anche perché sono arrivati tanto così dal rimetterci un occhio), perciò si salutarono e smontarono di sella.
Queste e altre storie fantastiche raccontate nei più vividi dettagli storici (e reali, ripresi dalle cronache) vi aspettano se restate con me, da queste parti. Iscrivetevi alla newsletter, così vi tengo informati riguardo l’uscita del mio prossimo romanzo: “La Stirpe delle Ossa”. Non perdetelo, perché è davvero un concentrato di storia, avventura e scene drammatiche (con un pizzico di elemento sovrannaturale, che ci sta sempre bene). Ciao!
- El Passo Honroso, Pero Rodriguez de Lena, XV sec. ↩
- Olivier de la Marche and the Court of Burgundy, c. 1425-1502, Per approfondire, leggi l’articolo su “L’armatura chiodata” ↩
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