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6 Maggio 2023

Fata Morgana e mago Merlino 

morgana e merlino

Articolo del podcast Storia della Magia, episodio 13: Fata Morgana e mago Merlino nel ciclo di Artù

Fata Morgana è uno dei personaggi letterari più conosciuti del medioevo. Maga ambigua, talvolta considerata persino più potente di Merlino, e nota nel folclore di quasi tutto l’Occidente. Grazie al suo carisma e alla forte identità narrativa, svariate tradizioni europee si sono impossessate del personaggio e le hanno permesso di assumere moltissime forme: da guaritrice devota a strega adoratrice di demoni. Ma chi era davvero Morgana?

Una delle sue prime apparizioni la troviamo in un’opera del XII secolo che narra la storia della guerra di Troia. Si tratta di una specie di riadattamento medievale dei testi antichi che, oggi come allora, serviva per rinfrescare le stesse storie e metterle sotto una nuova luce.

Nel Romanzo di Troia fa la sua comparsa una fata di nome Orva che regala a Ettore un cavallo per sedurlo. Ettore respinge sia il dono che l’amore della fata e quest’ultima, infuriata, inizia a perseguitarlo. Alcuni copisti hanno mutato il nome da Orva in Morva, da cui si pensa derivi il nome Morgana. Cosa su cui non tutti sono d’accordo, per la verità. Ma l’aspetto davvero interessante è che da questo momento in poi prende piede un archetipo letterario molto diffuso, ovvero quello dell’amante soprannaturale.

Ed è su questo aspetto che si snoda l’intera faccenda. Morgana ci può apparire ambigua nelle sue scelte e nei suoi amori poiché lo era la stessa figura della donna letteraria. Da un lato abbiamo pulzelle, dame e damigelle che gli autori antichi permeavano di valori positivi; nel ciclo arturiano sono innumerevoli le avventure nate dal desiderio d’accontentare una certa dama o, più banalmente, di salvarla. Dall’altro lato, invece, abbiamo la demonizzazione della mitologia pagana avvenuta col propagarsi della religione Cristiana. I miti e il folclore cui era abituato il popolo antico furono sostituiti progressivamente: le feste divennero cristiane, le divinità locali divennero santi, ed è in questo contesto che il personaggio di fata Morgana si sviluppò per come lo conosciamo noi oggi: sorella di re Artù, amante di Merlino (o talvolta dello stesso artù), ma soprattutto temibile fata.

Il termine “fata” è presente in latino (fata), francese antico (fae, fei), inglese (fey) e tedesco antico (feie). La tradizione delle Sibille nella mitologia greco-romana è probabilmente il punto di origine delle fate, che condividono quell’aura soprannaturale comune alle profetesse. Le Moire greche divennero le fatae dei romani, ovvero le Parche: tre entità responsabili del cosiddetto filo della vita, il “fato” umano, per l’appunto.1

In un manoscritto del XII secolo, l’Erec di Hartmann, fata Morgana appare come una dea in grado di muoversi con incredibile velocità, fare il giro del mondo in volo, respirare sott’acqua, essere immune alle fiamme, e trasformare gli uomini in pietra o in animali. Inoltre ha il potere di dominare i demoni e il diavolo, suo amante, che appaga ogni suo desiderio. Il testo recita, infatti, che Morgana:

“Viveva contro il comandamento di Dio. I suoi desideri erano seguiti da uccelli, bestie e spiriti malvagi. Poteva fare miracoli perché i draghi dall’aria le erano servitori. Ma aveva anche seguaci nelle profondità infernali e il diavolo era il suo compagno.”

Fata Morgana in Erec, Hartmann von Aue XII sec.

Molti di questi poteri riflettono una natura demoniaca, diabolica, ma in altre versioni Morgana è capace di compiere atti di estrema bontà, come salvare suo fratello Artù dalla morte. Quello della guarigione è infatti un altro potere di cui la fata è capace. I suoi unguenti sono in grado di curare qualsiasi malanno, persino la follia. Tutto questo insieme di elementi ha una certa assonanza con un altro personaggio del folclore europeo, una figura che noi attribuiamo ai Secoli Bui: la strega.

L’aura sovrannaturale di fata Morgana, il suo aspetto erotico e al tempo stesso pericoloso frutto di un dualismo amore/morte non può che richiamare alla mente il personaggio narrativo della megera che diviene bellissima quando le pare e piace. Da fata a strega il passo è davvero breve e già nel Lancillotto del XII secolo, o “cavaliere del carretto”, ne abbiamo la conferma:

“A quei tempi venivano chiamate fate tutte le donne che sapevano di incantamenti, e in Bretagna ve n’erano più che in ogni altra terra. Esse conoscevano le virtù delle parole, delle pietre e delle erbe e grazie a esse si mantenevano giovani, belle e ricche a loro piacere”

Lancelot ou le Chevalier à la charrette, XII sec.

Una descrizione, questa del XII secolo, cui noi oggi associamo il termine “strega”, da contrapporsi al più bonario “mago”, che nell’immaginario collettivo viene rappresentato indiscutibilmente da un unico grandioso personaggio: Merlino.

Merlino nella cultura contemporanea viene considerato il tipico mago medievale responsabile di tutto quel che vi è di magico a Camelot, da immaginarsi rigorosamente con la tunica azzurra e il cappello conico a punta. In alcuni casi viene considerato un “druido”, ovvero il membro di una casta sacerdotale della tradizione celtica. Secondo un’altra interpretazione di stampo prettamente cristiano, invece, Merlino sarebbe un demonio, figlio del Diavolo. Come mai così tante versioni?

La concezione di magia e stregoneria dell’Europa medievale proviene prevalentemente dalla cultura greco-romana. Molti non ci fanno caso, ma quelle dell’Antica Grecia e dell’Impero romano erano società piene di magia, di miti e mitologia, spiriti che non si facevano mai gli affari loro, sacerdoti e sacerdotesse dotati di poteri divini, eccetera, eccetera. Dico che “molti non ci fanno caso” perché tutto questo viene offuscato dal mito della grande epoca classica cui noi attribuiamo solo gli elementi positivi: arte, filosofia e ingegneria idraulica. Come al solito, invece, la parola Medioevo evoca posti bui, rovine disastrate, contadini vestiti di marrone e tante streghe coi capelli sudici appiccicati sul viso. Eppure, come ben sappiamo, tutto ciò che vi era di superstizioso in quell’epoca tanto bistrattata fu ereditato dai grandi del passato.

Oltre all’area greco-romana ci furono altre tradizioni che influenzarono la magia medievale (e dunque la magia che conosciamo noi), ovvero le antiche pratiche dei popoli nordici di area germanica e celtica. Plinio il vecchio nel suo Naturalis Historia, un’opera enciclopedica monumentale di trentasette libri che racchiude le conoscenze del mondo antico, scrisse che la magia della Britannia celtica era molto potente e che quei druidi superavano in grandezza perfino i magi persiani (altra cultura magica tenuta in grande considerazione).

Cesare nel De bello Gallico scrive che “I druidi d’Irlanda ci appaiono soprattutto come maghi e profeti. Predicono il futuro, interpretano il volere segreto delle fate e praticano gli auspici.”

Cesare menziona il regno delle fate perché al tempo si riteneva che il sapere e i poteri magici dei Celti fossero trasmessi dal contatto con queste creature, creature che naturalmente dobbiamo distinguere dalle fate dell’età moderna, con le ali di farfalla sulla schiena. Le fate originarie erano più simili a divinità minori, o alle ninfe classiche. Anche se non sappiamo quasi niente sul loro conto.

Tra le altre cose, c’è chi associa il mondo fatato e druidico ai cerchi di pietre megalitici, come Stonehenge: un legame molto vivido nella cultura new age, che però viene appena accennato nell’opera di Goffredo di Monmouth: “Storia dei re britanni”. Secondo l’autore, fu proprio Merlino a erigere quello stesso mucchio di pietre, prelevandolo magicamente dalla cima di un monte irlandese per poi trasportarlo con un incanto fino in Inghilterra.

“Manda a prendere il Cerchio dei Giganti sul monte Killarus, in Irlanda. Poiché là si erge una costruzione di pietra che nessuno in quest’epoca saprebbe erigere, se non unendo l’astuzia alla perizia. Le pietre sono enormi, se fossero collocate qui attorno, a guisa di come sono state innalzate laggiù, ci rimarrebbero per sempre. Molti anni fa, i Giganti, dalle più lontane propaggini dell’Africa, le trasportarono e le innalzarono colà, all’epoca in cui vivevano in quel paese.” (Merlino Ambrosius, Goffredo di Monmouth)

Il cosiddetto Cerchio dei Giganti menzionato nel testo è proprio il sito megalitico di Stonehenge, nei pressi di Salisbury, in Inghilterra. Tuttavia l’argomento non viene approfondito ulteriormente. Infatti, secondo molti storici, i cerchi di pietra non avevano alcun ruolo nella religione dei druidi. Ma allora, al netto di tutto questo, chi era veramente Merlino?

Il primo a menzionare specificamente il nome “Merlino” e a inserirlo nella saga di Artù, fu proprio Goffredo di Monmouth, che nel XII secolo scrisse su di lui una biografia romanzata. Il nome “Merlino” deriverebbe dal gallese Myrddin, termine poi latinizzato dallo stesso Goffredo in “Merlinus”.

Alcuni storici hanno notato questo strano cambiamento (dalla “elle” alla “d”), e hanno ipotizzato che nel tradurre il nome non fu scelto quello linguisticamente corretto di “Merdinus”, poiché nonostante fosse più vicino all’originale Myrddin, risultava decisamente meno evocativo per l’assonanza alla parola “merdus”.

Insomma, grazie al buon gusto di Goffredo di Monmouth, il mago medievale più celebre di tutti i tempi può vantare un nome dignitoso senza far scoppiare a ridere nessuno, lontano dal filologico quanto imbarazzante “Merdino”.

Merlino non è un normale essere umano. La sua origine è sovrannaturale, poiché ci viene presentato come il frutto di un’unione demoniaca. Secondo Goffredo di Monmouth, infatti, che aderiva a una concezione religiosa cristiana (e lui stesso molto probabilmente era un uomo di chiesa), Merlino nacque dal ventre di una principessa gallese ingravidata da un demonio. Lo spirito le faceva visita di notte, a volte comparendo improvvisamente, a volte solo sussurrandole nell’orecchio. Dal legame tra i due ebbe origine questo personaggio, che fin da subito manifestò dei poteri magici. 

Poteri magici inizialmente molto specifici. Merlino superava qualsiasi altro mago in quanto a capacità divinatoria, dominio della magia della tempesta, della metamorfosi, della conoscenza medica e farmaceutica (il pharmakon della tradizione greca antica). Queste erano le sue doti soprannaturali. Dunque egli non è divenuto mago in seguito allo studio della magia, come nella concezione tardo-medievale, ma ha ereditato capacità prodigiose dal padre infernale. Col tempo, però, tutto questo è stato stravolto dagli innumerevoli autori che si sono cimentati nella scrittura della propria versione del ciclo di Artù, talvolta differenziandosi moltissimo dalle prime opere originali.

Insomma, non esiste un’etichetta che riassuma alla perfezione il ruolo di Merlino. Egli viene considerato indistintamente un mago, uno stregone, un druido oppure uno sciamano. La capacità di predire il futuro, secondo la tradizione esoterica, aumenta infatti con l’ascesi, il digiuno, e la solitudine selvaggia tipica dei personaggi magici delle saghe e dei racconti celtici di area gallese, che probabilmente hanno ispirato il Merlino vero e proprio di Monmouth.

Così come avvenuto con Morgana, nel corso della storia ciascuno ha potuto ricamare racconti su questi personaggi, etichettandoli a piacimento. Poiché, naturalmente, la magia non è classificabile secondo parametri universali, e ogni cultura ne plasma le caratteristiche a seconda delle tradizioni e di un’infinità di variabili. Esistono infatti numerosissimi altri “Merlini”. Alcuni rappresentati come giganti (ma pur sempre figli del diavolo), altri ancora come leali consiglieri di re britannici. Il filo conduttore tuttavia è sempre il solito: una figura magica che ha stimolato il genere fantastico dal Medioevo ai giorni nostri e che ancora oggi continua a ispirare nuove storie e varianti, anno dopo anno, a cominciare dal simpatico vecchietto disneyano con la tunica azzurra e la barba bianca lunghissima, amante della ragione e addirittura della scienza, forse più vicino al modello di mago tardo-medievale, che non a quello dei cosiddetti Secoli bui. 

Perché coloro che praticavano la magia nella realtà storica erano ben lontani da questo tipo di rappresentazioni divertenti e scanzonate. Taluni erano veri e propri criminali. Per questo, nel prossimo episodio, ci addentreremo nel malefico mondo dei sortilegi, tra effigi, veleni, maledizioni mortali e scontri giudiziari. Mi raccomando, seguimi se vuoi scoprire le vere origini della magia a partire dalle fonti storiche.

  1. “Le fate sono legate a due registri: quello delle fate madrine che, eredi delle Parche antiche, decidono dei destini umani; e quello delle fate amanti che, innamorate di un mortale, dominano l’immaginario erotico del Medioevo. Dee radiose o streghe creatrici di filtri, le fate non hanno una collocazione precisa nella scala degli essere dotati di poteri soprannaturali: mortali o immortali, esse possono appartenere al nostro mondo o provenire da terre incantate.” (Morgana e Melusina, Harf-Lancner, p XIII)
Lorenzo Manara
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