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2 Marzo 2023

Una vera scuola di magia medievale

scuola di magia

Articolo del podcast Storia della Magia, episodio 10: la storia del maestro di negromanzia in una vera scuola di magia medievale

Sono in pochi a sapere che nel Medioevo esistevano vere e proprie scuole di magia. Non si chiamavano Hogwarts, non si trovavano in Inghilterra, bensì in Spagna. Ce lo racconta Cesario di Heisterbach, nella sua opera teologica, scritta nel XIII secolo, che io non studio per redimermi, pentirmi o imparare la dottrina, ma la uso, banalmente, assieme a tutte le altre fonti storiche per scrivere i miei romanzi, per raccontare storie. Mea Culpa.

Un racconto, quello dell’abate di Heisterbach, che diventa vera e propria avventura, tra cerchi di evocazione, demoni e viaggi nell’Oltretomba.

A Toledo, nella Spagna medievale si studiavano le arti della negromanzia, la magia nera. Perché proprio in Spagna? Perché in Spagna vi erano gli arabi. La Spagna era sotto dominazione araba, ecco perché tutti ambientavano i loro racconti di magia, libri magici, grimori, nella Spagna saracena. Un mito ripreso anche da William of Malmesbury, da Salimbene de Adam, e da molti altri autori e cronisti occidentali.

Un giorno, il maestro della scuola di magia di Toledo, si trovò a fronteggiare un’accorata richiesta da parte dei suoi adepti, gli studenti di questo corso specialistico in negromanzia. Costoro infatti vogliono una dimostrazione pratica su come evocare demoni. 

“Maestro, ti preghiamo di darci una dimostrazione oculare di quello che ci hai insegnato, così da migliorare i risultati dei nostri studi.”

Il maestro dapprima tenta di dissuaderli, poi cede all’insistenza delle giovani menti. All’ora prestabilita, probabilmente mezzogiorno “perché il potere demoniaco, secondo l’abate di Heisterbach, è al suo massimo potere a quell’ora”, il maestro prepara l’evocazione.

Porta i suoi adepti in un campo e dopo aver tracciato intorno a loro un cerchio (cosa che solitamente veniva fatta con una spada), li avverte di non abbandonare mai quel segno, per nessun motivo. Inoltre si raccomanda di non accettare od offrire alcunché, poiché i servi del maligno sfrutterebbero lo scambio per i loro fini diabolici (altra rappresentazione della “burocrazia infernale” di stampo medievale, dove gli accordi, orali e scritti, i pegni e i patti, permettono ai demoni di reclamare qualcosa in cambio).

Al termine dell’evocazione, i demoni compaiono sotto forma di soldati armati e cominciano a combattere intorno al cerchio, dando inizio a una mischia per spaventare i giovani e indurli a uscire. I demoni colpiscono con le lance e le spade, alcune che fendono in direzione degli adepti nel cerchio. Non riuscendo a rompere il cerchio di protezione però cambiano strategia. E si tramutano in bellissime ragazze per sedurli.

Un demone, il più bello del gruppo, prova ad affascinare uno degli adepti, porgendogli un anello d’oro, da infilarsi al dito, e dopo aver provato più volte, finalmente ha la meglio sulla debole mente del mortale. Lo studente mette il dito fuori dal cerchio per ricevere l’anello, e così facendo infrange la “legge del cerchio”: il demone lo tira fuori prendendolo per il dito e lo trascina con sé, all’Inferno.

Non appena lo studente scompare, i suoi compagni sono avvolti da una nebbia vorticosa. Il maestro accorre da loro, ma non c’è niente da fare: “Vi avevo detto cosa sarebbe potuto accadere, dice, perciò non lo rivedrete mai più.”

A questo punto gli studenti dimostrano una determinazione che solo in una scuola di magia nera è possibile trovare. “se non lo riporterai indietro, rispondono al maestro, ti uccideremo.”

Il maestro quindi è costretto a dare inizio a una nuova evocazione, questa volta indirizzata al capo dei demoni. Il capo dei demoni viene convocato dall’Oltretomba e, “mosso a compassione“ dopo aver ascoltato il racconto, rassicura il maestro che avrebbe fatto il possibile, l’indomani,  a un’assemblea demoniaca. A quanto pare, i due collaboravano da molto tempo, e di farsi uccidere un così stimato maestro di negromanzia, il demone non ne aveva voglia. Poiché gli serviva, vivo.

“Il consiglio dei demoni si riunisce, quindi, nell’Oltretomba, e il maestro vi partecipa, sporgendo denuncia riguardo la violenza fatta al suo discepolo. Il demone imputato, colui che aveva portato via lo studente, risponde: «Signore, non gli ho fatto né male né violenza, è stato disobbediente, e non ha osservato la legge del cerchio.”

In questa bellissima rappresentazione di un tribunale dei demoni, che rispecchia il modo di pensare medievale, traslato nelle faccende ultraterrene, il maestro di negromanzia si mette a tu per tu col suo avversario cercando di far valere le proprie ragioni dialetticamente. E l’avversario, puntualmente, chiama in causa la “legge del cerchio” affermando di non aver fatto né male né violenza al giovane, ma di averlo portato all’Inferno solo perché era stato disubbidiente. 

Se questo atteggiamento pacato ci sembra contrastare con le solite rappresentazioni di demoni malvagi e senza scrupoli, quello che fa il capo dei demoni risulta ancora più assurdo. 

Poiché mentre il maestro, colui che ha sporto denuncia, e l’imputato discutono, il capo demone si rivolge a un suo consigliere di fiducia, un altro demone di cui sappiamo pure il nome, che in italiano suona più o meno come Olivero.

“Olivero, gli dice il capo demone, Sei sempre stato un buon consigliere: risolvi tu questa disputa.”

Oliviero risponde: “Decido che il giovane debba essere riportato al suo maestro,” e voltandosi subito verso il demone imputato dice: “Tu restituiscilo, perché sei stato troppo importuno.”

Il capo demone ha quindi affidato la sentenza al suo consigliere, il demone Oliviero, il quale delibera a favore del maestro. Lo studente viene liberato e riportato in superficie.

Come nel finale delle migliori storie dell’orrore, però, il giovane tornato dall’Inferno porta con sé il trauma della catabasi, la discesa agli Inferi.

“Il suo volto divenne smunto, così spettralmente pallido che sembrava essere emerso dalla tomba. Raccontò ai suoi compagni ciò che vide all’Inferno, e mostrò loro l’esempio fattuale, piuttosto che la parola, di quanto fosse odiato da Dio, e maledetto, tutto quell’insegnamento.”

Ecco la morale di questo exempla dottrinale, il vero obiettivo di un racconto così avventuroso: mostrare agli ascoltatori come mai Dio maledica gli insegnamenti di magia nera, di negromanzia.

Lo studente dopo aver accettato l’anello d’oro del bellissimo demone ed essere finito all’Inferno, abbandonò gli studi di magia nera per dedicarsi alla preghiera, prese i voti dell’ordine cistercense, lo stesso dell’abate autore di questa storia fantastica. 

Ma l’ingenuo studente non è l’unico ad aver avuto a che fare con le terribili conseguenze della magia nera. Vi è un altro personaggio che nel corso della sua vita ha abbracciato l’arte oscura, divenendo uno dei signori più spaventosi della realtà storica: il suo nome è Gilles de Rais.

Ma di signori oscuri, castelli maledetti e riti malvagi, ne parlerò nel prossimo episodio. Ascolta il podcast Storia della Magia, se vuoi scoprire le vere origini della magia a partire dalle fonti storiche.

Lorenzo Manara
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