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30 Novembre 2022

Un nazista sulle tracce del Graal: Otto Rahn

la ricerca del graal di otto rahn

L’ispirazione per la saga di Indiana Jones direttamente dalla storia esoterica del Terzo Reich: le spedizioni di Otto Rahn alla ricerca del Graal

Berlino, 1929. Il venticinquenne tedesco Otto Rahn (1904-1939) ha da poco completato gli studi in filologia romanza. E’ appassionato di archeologia, storia antica ed esoterismo. Negli ultimi anni si è concentrato su una leggenda medievale che lo ha assorbito completamente, tanto da spingerlo a viaggiare in Germania e Francia sulle tracce di una comunità di eretici del XIII secolo: i Catari. I quali, secondo il mito, erano i custodi del Graal.

Il Graal, la coppa da cui bevve Gesù Cristo nell’ultima cena. La reliquia più importante del Cristianesimo, simbolo di potere e conoscenza, il cui possesso permetterebbe più di ogni altra cosa di avvicinarsi a Dio. 

Una leggenda che Otto ritiene verità indiscussa, quasi un dogma di fede, e che studia a partire dalla letteratura, ovvero dal Parsifal di Chrétien de Troyes dove, a dir la verità, il Graal non viene mai descritto come una coppa. E neppure nei vangeli si menziona tale oggetto sacro. Si tratta, più che altro, di una trovata medievale, nata assieme agli altri grandi miti cristiani, come la presunta lancia di Longino; tutti miti finiti nel sangue.

Dopo la crociata albigese, ovvero la campagna militare dei primi decenni del XIII secolo (1209-1229), indetta dal papa per eradicare una volta per tutte il movimento cataro, gli eretici sopravvissuti si asserragliarono nel castello di Montségur, nella Francia occidentale, alle pendici dei Pirenei, per un’ultima disperata difesa.

Al termine di un assedio durato oltre un anno, i crociati del papa spezzarono le difese del poderoso castello in cima allo sperone di roccia. I catari si arresero con la promessa di avere salva la vita se si fossero pentiti tramite abiura. All’alba di mercoledì 16 marzo 1244, 222 catari si rifiutarono di abiurare la loro dottrina, e furono condotti al rogo, ponendo fine all’intero movimento.

Se non fosse che, secondo la leggenda, quattro catari, la notte prima del rogo, riuscirono a fuggire dalla fortezza, portando con loro il tesoro della comunità. Un tesoro che Otto Rahn, ovviamente, identificava nel Graal.

Nonostante la mancanza di fonti storiche attendibili, Otto prosegue la sua ricerca guidato dall’ossessione e giunge alla pubblicazione del suo primo libro: “I Catari guardiani del Graal”. 

Un titolo avventuroso, che oggigiorno richiama i film di Indiana Jones, ma che non ha alcun riscontro in ambito accademico. Un fallimento vero e proprio, che costringe Otto ad allontanarsi dalle misteriose pagine di storia perduta per svolgere impieghi umili e saltuari, mantenendosi con difficoltà. E’ così a corto di denaro che arriva persino a impegnare copie del libro presso una tabaccheria, in cambio di sigarette1. Finché, nell’anno 1935, quel libro non finisce tra le mani di un ufficiale delle SS. E la vita di Otto prende tutta un’altra piega.

Karl Maria Wiligut, austriaco naturalizzato tedesco, proprio come Hitler, celebre per le sue presunte capacità di evocare ricordi ancestrali facendo da tramite con i saggi della preistoria germanica. Diceva di essere un medium, l’ultimo erede dei seguaci del dio Krist, i quali, secondo lui, erano i veri autori della Bibbia, scritta originariamente in Germania. Inutile dire che un personaggio del genere aveva qualche rotella fuori posto. E infatti nel 1924 era stato internato a Salisburgo, privato della capacità giuridica con una diagnosi di schizofrenia a sfondo paranoideo e megalomania2.

Uscito dal manicomio otto anni dopo, nel 1932, fece parlare di sé negli ambienti esoterici della Germania nazista, finché non fu presentato al Reichsführer in persona: Heinrich Himmler, il quale rimase profondamente impressionato dal personaggio, tanto da intrecciare con lui uno strettissimo rapporto di amicizia (senza sapere che fosse un pazzo uscito dal manicomio). Nel settembre del 1933, Wiligut entrò nelle SS con lo pseudonimo di Weisthor, ritagliandosi il ruolo di mentore e capo spirituale dell’ala occulta legata al Terzo Reich. Più tardi fu soprannominato “Rasputin di Hitler”. 

Ed è proprio questo ufficiale delle SS a scovare il libro di Otto sui Catari e il Graal. E ad apprezzarlo moltissimo. Tanto da proporre allo squattrinato autore, che non aveva soldi neanche per le sigarette, di entrare a far parte del  “Dipartimento di preistoria e protostoria dell’Ufficio centrale per la razza e gli insediamenti” dipartimento dell’istituto fondato da Himmler in persona, poi divenuto parte integrante delle SS, nel ‘36: ovvero l’Ahnenerbe.

L‘Ahnenerbe era un istituto che si interessò nel corso degli anni di molti aspetti storici legati al passato ancestrale del popolo tedesco, talvolta effettuando importanti ritrovamenti. Ma, sebbene la metodologia scientifica fosse all’avanguardia per quanto riguarda gli standard dell’epoca, le ricerche svolte dall’Ahnenerbe erano viziate da un’impronta distorta e fortemente ideologica, basata sul sofismo ariano, l’esoterismo e svariati preconcetti privi di fondamento. Il cuore “cerimoniale” di questa struttura fu una trovata dello stesso Weisthor, quel medium uscito dal manicomio, che identificò nella foresta nera di Teutoburgo un castello a forma di punta di freccia, proiettato verso il nord dell’Ultima Thule, l’isola leggendaria da cui avrebbe avuto origine il mito della razza superiore. Quel castello era Wewelsburg.

Il castello di Wewelsburg, a partire dal 1934, divenne un vero e proprio centro spirituale dove l’ideologia nazista poteva esprimere tutta la sua natura mistica. I gerarchi dell’Ahnenerbe erano dodici, come gli apostoli di Gesù Cristo e i cavalieri di re Artù; portavano un anello con il simbolo della società e quando si riunivano nella cripta del castello vi erano dodici piedistalli ad attenderli, uno per ogni gerarca. Non si sa bene cosa avvenisse là dentro. E’ probabile, però, che si discutesse delle spedizioni alla ricerca del passato ancestrale tedesco, spedizioni di cui doveva occuparsi pure Otto.

Otto Rahn, nelle sue nuove vesti di SS, membro dell’Ahnenerbe, nel 1936 partecipò a una spedizione nel nord della Francia e in Islanda, alla ricerca di un luogo di culto degli dèi Odino e Thor. Tuttavia, tale spedizione si rivelò infruttuosa. Otto tornò in Germania con una serie di appunti, che rimise assieme sotto forma di diario e intitolò “La corte di Lucifero”, dando vita al suo secondo libro pubblicato. Ma anche questo libro fu un fallimento, destinato ad essere ignorato persino dalla cerchia nazista: secondo alcuni, non piacque neppure al Führer3.

Eppure, Otto Rahn ci credeva davvero alla riuscita della sua missione: ritrovare il graal perduto, esattamente come aveva fatto il cavaliere di Camelot, Parsifal, nella sua quest narrata da Chrétien de Troyes. Un mito, quello di Parsifal, che ispirò moltissimo Otto, a cominciare dai luoghi in cui i Catari avrebbero nascosto la reliquia più preziosa lasciata da Gesù Cristo.

Le ricerche di Otto lo condussero sulle tracce dei catari sopravvissuti al rogo, nascosti nelle grotte dell’Ariège, una regione della Francia. Ed è proprio in quelle zone, che Otto Rahn spese la maggior parte delle sue energie, alla ricerca della sacra reliquia che, se ritrovata, lo avrebbe portato al cospetto del Führer e, forse, ancora più in alto.

In una lettera diretta al “Rasputin di Hitler”, Weisthor, Otto scrisse di essere molto vicino alla scoperta di un importante segreto, descrivendo gli esiti della sua ricerca. Raccomandando, però, la più completa discrezione, poiché la sua missione non doveva essere condivisa con nessun altro, se non Himmler stesso4.

Tuttavia, negli istanti prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Germania era animata da una frenesia febbrile, che travolse persino i vertici del partito. E in un’atmosfera così tagliente, Otto si ritrovò a combattere con il proprio passato: un’accusa non formalizzata di omosessualità, e presunte origini ebraiche da parte di madre. Da lì, cominciò una rovinosa caduta, che lo condurrà dritto nel baratro.

Nel 1938 venne trasferito in servizio nel lager di Dachau, e poi in quello di Buchenwald. Una sorta di demansionamento, ed evidente allontanamento dal compito per il quale era stato arruolato in principio nelle SS dell’Ahnenerbe. Otto era stato liquidato, portato via dal suo lavoro e dalla sua passione.

Finché, nella notte tra il 13 e il 14 marzo del 1939, Otto fu trovato morto nei pressi di Söll, un villaggio alle pendici del Wilde Kaiser (Alpi austro-tedesche), non lontano dal Nido dell’Aquila di Hitler. Una morte senza inchiesta né autopsia, descritta nel necrologio apparso sul giornale come “incidente durante una tempesta di neve”5.

Tre giorni dopo, il 17 marzo, con un atto ufficiale postumo furono accolte le dimissioni di Otto Rahn dalle SS. Il ricercatore del Graal aveva lasciato il partito qualche giorno prima della morte: non si sa se per scelta propria o se per una vera e propria espulsione. Vista l’aura esoterica che permea il caso, tra sacre reliquie, misteri storici e nazismo, le teorie riguardo la scomparsa di Otto si sprecano. C’è chi dice che sia stato fatto sparire apposta. Che in seguito alle sue ricerche, sia stato fatto fuori. E che quindi, di conseguenza, sia riuscito a trovare qualcosa. Qualcosa di troppo importante…

Nel sottobosco degli appassionati di esoterismo, talvolta la sua figura viene romanticizzata in quanto intellettuale costretto dall’ideologia a uniformarsi. Restano, però, le sue opere, che grondano sofismo ariano e “razzismo in modo che non è esagerato definire ributtante”6. Una vita intera basata su precetti sbagliati, privi di fondamento, e nocivi. Per questo, è difficile pensare che Otto Rahn sia stato costretto a portare il totenkopf, la testa di morto, sulla divisa da SS. Lui ci aveva creduto. Almeno finché non si ritrovò nei lager a fare il lavoro sporco, dove teorie e sofismi finiscono sommersi dalle montagne di cadaveri: non c’è spazio per inseguire le chimere, in mezzo ai morti.

I misteri storici sul Terzo Reich si sono susseguiti per tutta la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1941 l’Africa Korps combatteva contro gli inglesi, facendo da sfondo alle vicende dell’Ahnenerbe, ormai incorporata nelle SS, e di presunte ricerche nella piramide di Cheope. Nel 1944, invece, la Panzerdivision Das Reich E giunse a Montségur, quello stesso castello cataro da cui ebbero inizio le ricerche di Otto Rahn. Si trattava di operazioni militari, la cui vicinanza con siti storici così affascinanti ha fornito materiale narrativo che ancora oggi alimenta folle di appassionati.

Compreso io, che tra i misteri della storia antica e medievale ci vado a nozze, e ci scrivo sopra pure romanzi. Ma, non essendoci molto altro su cui discutere in maniera intelligente riguardo Otto Rahn e il Graal, mi fermo qui.

Se vuoi scoprire altre leggende affilate, ti invito a seguirmi. Perché la storia ne è piena. Alla prossima.

  1. Graal occitanico ed esoterico. (su kreuzzug gegen den gral / la croisade contre le graal di otto rahn) di Eugenio Burgio
  2. Goodrick-Clarke Nicholas, Le radici occulte del nazismo, pp. 255-256.
  3. Eugenio Burgio
  4. lettera conservata al Bundesarchiv di Coblenza
  5. “Una morte senza inchiesta né autopsia, trasformata nel necrologio sul «Berliner Ausgabe» del 18 maggio (a firma del Gruppeführer Karl Wolff) in un incidente durante una tempesta di neve.” Graal occitanico ed esoterico, di Eugenio Burgio
  6. Il mito che uccide, Mario Baudino
Lorenzo Manara
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