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29 Febbraio 2024

Tagliaferro: un eroico bardo

tagliaferro

Taillefer, in italiano Tagliaferro, cavaliere normanno che a colpi di spada e terzine versò il primo sangue ad Hastings, nel 1066

Anno 1066, Guglielmo il Conquistatore sbarca sulle coste dell’Inghilterra con il suo esercito di feroci guerrieri: uomini temprati dal ferro, pronti a conquistare le isole britanniche a suon di spadate, scudisciate e canzoni. Già, perché si parla spesso dei normanni e della battaglia che li consacrò protagonisti di gran parte della storia medievale, quella dell’anno 1066, appunto, ma non si menziona mai l’eroe che li accompagnava, quel guerriero abile a cavallo e che cantava assai bene, tanto da infervorare l’intero esercito con la sua sola voce. Sto parlando di Tagliaferro, bardo e cavalier-poeta. E questa è la sua storia.

Nel 1066 il duca di Normandia, Guglielmo il Conquistatore, attraversa la Manica e sbarca in Inghilterra con i suoi milites, uomini equipaggiati con maglia di ferro, elmo con nasale, scudo a mandorla, lancia, spada e un bel destriero in mezzo alle cosce: l’anticipazione, il prototipo, di quello che successivamente sarebbe diventato il cavaliere feudale vero e proprio. Perché attorno all’anno mille, i tipici cavalieri medievali che ci immaginiamo noi, con lo stemma e l’armatura scintillante, ancora non esistevano.

La cavalleria normanna era quindi una forza di guerrieri a cavallo, letteralmente, senza nessun altro significato sociale e culturale, come avverrà dopo. Non erano, quindi, necessariamente nobili, non erano paladini della società, non avevano un codice cavalleresco da rispettare, e men che meno dame da salvare. Tuttavia, questa nuovissima forma di combattere era così temuta che gli inglesi, guidati dal re d’Inghilterra Harold Godwinson, quando seppero dello sbarco nemico, si radunarono sulla cima di una collina e si ripararono dietro un muro di scudi; intendevano contrastare i galoppanti avversari grazie alla posizione rialzata e a una solida difesa. E lo era davvero, solida.

Poiché tra le loro fila si trovavano gli huscarl, guerrieri leggendari che costituivano la difesa personale del re inglese. Huscarl, in inglese Housecarls, che vuol dire, semplicemente, “uomini di casa”, ovvero gli uomini che stanno a casa, (del signore) per proteggerla. Le guardie migliori, insomma, quelle su cui contare nel momento del bisogno. Guerrieri d’origine norrena, che si trovarono a combattere stipendiati dagli inglesi, per via dello stretto legame che condividevano gli anglosassoni con i popoli del nord, i quali bazzicavano spesso quelle coste con le loro navi (il più delle volte per razziare e sterminare). L’arma principale degli huscarl era la grande ascia danese, uno strumento da guerra da impugnare a due mani, dal manico lungo più di un metro e una lama forte, che si dice fosse in grado di sfondare gli scudi avversari. Ma gli avversari, di paura non ne avevano affatto. Perché erano guidati dal Conquistatore, Duca di Normandia, e dal cavalier-poeta: Tagliaferro. Ma chi era questo cantore affilato?

Tagliaferro (Taillefer in francese antico) era un guerriero, forse addirittura un bardo, come lo erano gli antichi celti della Gallia. Non sappiamo quasi niente sul suo conto, se non che faceva parte del seguito armato di Guglielmo il Conquistatore, e che nel 1066 sbarcò in Inghilterra con i suoi fratelli d’arme per affrontare l’armata anglosassone del re inglese Harold Godwinson. Harold che, tra le altre cose, aveva appena sgominato un’altra invasione in quello stesso anno, su quelle stesse coste, e più precisamente… un mese prima! Tale invasione era stata tentata da un altro popolo che voleva conquistare le isole britanniche, ovvero il popolo di Harald Hardrada, re di Norvegia, che ho menzionato anche nel precedente episodio di Leggende Affilate, a tema berserker.

Non so se è chiaro quanto fosse disperata la situazione per l’Inghilterra, invasa due volte: a settembre dai norvegesi e a ottobre dai normanni. In un tempo così breve che il re dovette correre con tutto l’esercito da un punto all’altro del paese per incontrare i due diversi avversari, sbarcati ovviamente in luoghi diversi. Ed ecco perché, il giorno della battaglia contro i normanni, gli inglesi si piazzarono sulla cima di una collina, protetti da un muro di scudi: perché, probabilmente, erano già a pezzi dalla battaglia precedente… che avevano vinto.

La località dove sorge la collina degli inglesi di Harold, oggi si chiama Battle (battaglia) proprio in ricordo dello scontro che ebbe luogo quel giorno. Battaglia oggi identificata come la battaglia di Hastings. Io ci sono stato in quei luoghi, per visitare il campo e la stessa collina dove si ergevano gli huscarl, e devo dire che è un luogo molto suggestivo, che val la pena visitare anche per via del bel museo e dell’abbazia. La sensazione che ho provato camminando su quella terra me la ricordo ancora, e mi ha fornito buona ispirazione per scrivere alcuni dei miei romanzi.

Insomma, quel giorno d’ottobre dell’anno 1066, l’esercito normanno e quello inglese si schierarono, uno davanti all’altro. E il nostro Tagliaferro, a quanto pare, voleva essere il primo ad aprire le danze.

Cantando le gesta di Carlo Magno, Rolando (o Rollone, secondo alcuni storici) e dei cavalieri che morirono a Roncisvalle, Tagliaferro si portò in prima linea, davanti a tutti, per chiedere al duca normanno di poter sferrare il primo colpo in battaglia. Lo chiese in virtù del suo lungo e onorato servizio, come dovuto “guiderdone”, ovvero la sua ricompensa. Il re doveva acconsentire, proprio per ricompensarlo. Cosa che fece.

“Te lo concedo.” disse Guglielmo il Conquistatore. E Tagliaferro partì, al galoppo. Caricò, in sella al destriero, prima di tutti e completamente solo. Si allontanò dalla schiera normanna per dirigersi a spron battuto verso la collina, e verso il muro di scudi inglese. Raggiunse il nemico, abbassò la lancia, e colpì. Prese in pieno un inglese, proprio sul petto, e finì per immergersi tra i nemici. Dopo il primo colpo di lancia, che solitamente finiva perduta o addirittura spezzata, Tagliaferro sguainò la spada, completamente circondato. Ammazzò un altro inglese, e si mise pure a gridare “Avanti, signori! Che aspettate?” Giusto per dileggiare il nemico, per incitarlo a combattere. E quindi gli inglesi gli andarono addosso, tutti assieme, inghiottendolo.

A quel punto, i normanni si lanciarono alla carica, dietro di lui, magari per raggiungere il cavaliere cantore, completamente sommerso dal nemico. E la battaglia vera e propria cominciò così, stando alla cronaca di Wace.

I primi attimi dello scontro sembrarono dare ragione alla tattica inglese. Gli housecarls di Harold, asserragliati sulla collina e protetti dagli scudi, apparivano intoccabili. I Normanni provarono con l’assalto di più cariche di cavalleria, e persino il lancio di frecce, ma nessuno di questi stratagemmi fu decisivo. Il tempo passava e i difensori non cedevano di un passo, ben difesi da quel muro invalicabile.

Durante l’ennesimo attacco alla collina un gruppo di cavalieri normanni subì così tante perdite che si diede alla fuga. Si sparse pure la voce che Guglielmo stesso, il Conquistatore, fosse rimasto colpito, e che ora giaceva sul terreno, morto. Tra le file normanne si diffuse il panico, molti altri si lanciarono in una fuga disperata. Gli inglesi credettero di avere la vittoria a portata di mano. Ruppero la posizione difensiva, per la prima volta da quando era cominciato lo scontro, e si lanciarono all’inseguimento per porre fine alla battaglia. E fu proprio quello, il loro errore.

Perché il Conquistatore tornò dal regno dei morti, cavalcando sul suo destriero e mulinando la spada. In realtà non era mai morto, ma semplicemente rimasto in disparte, per un breve lasso di tempo. Quando vide che la sua presenza era richiesta per non finire sconfitti e massacrati, tornò in prima linea e lo fece senza elmo, per farsi vedere in volto da tutti quanti. I suoi lo riconobbero subito e con rinnovata forza si lanciarono dietro di lui. I cavalieri normanni partirono alla carica, seguendo il loro re, e gli inglesi, appena scesi dalla collina, furono colti di sorpresa e travolti. Re Harald morì poco dopo e con lui si concluse un’intera epoca: la carica dei cavalieri normanni decretò l’inizio dell’Età Feudale.

E Tagliaferro? Pare proprio che dopo la sua eroica carica solitaria, nessuno lo ritrovò più. Tuffandosi in mezzo alla schiera nemica aveva condiviso l’immolazione degli antichi eroi greci e romani, di cui aveva cantato le gesta per una vita intera e che, adesso, erano divenuti suoi pari. Da poeta a eroe, proprio come il protagonista del mio ultimo romanzo: La Canzone dei Morti, strettamente ispirato alla figura di Tagliaferro.

Il mio romanzo è infatti ambientato nel medioevo e vede protagonista Leone da Forteschio, un cavaliere poeta che vaga per le campagne di un’Italia sconvolta dalla guerra e dalla peste. Il suo destriero è mediocre, la maglia di ferro sudicia e si è pure fatto rubare la spada. Ma sull’uscio di una cripta in rovina trova una vecchia lama arrugginita: un dono dall’Aldilà per colmare il vuoto del fodero…

La Canzone dei Morti è una canzone di gesta, letteralmente, che prende forma nel corso delle vicende fino all’epica battaglia finale, che deve esserci per forza, altrimenti che ci sto a fare io, qui.

Se la storia di Tagliaferro ti ha appassionato, così come ti hanno appassionato tutte le altre storie che racconto, e magari hai anche letto il mio precedente romanzo “La Stirpe delle Ossa”, acquista subito “La Canzone dei Morti” e buttati nella mischia. La trovi in libreria e negli store online, Amazon compreso. Si tratta di un modo per supportarmi e per mantenere viva l’eroica fiamma delle Leggende Affilate. Grazie, e alla prossima.

“Allora Taillefer, che cantava assai bene, cavalcò un veloce destriero davanti al duca, cantando Charlemagne, e Rollant, Oliver e i vassalli che morirono a Roncesvalles. E quando si avvicinarono agli inglesi, “A boon, sire!” gridò Taillefer; “Ti ho servito a lungo, e tu mi devi qualcosa per tutto questo servizio. Oggi, quindi, per favore, lo ripagherai. Ti chiedo come mio guiderdone, e ti supplico ardentemente per questo, che tu mi permetta di sferrare il primo colpo in battaglia!” E il duca rispose: “Lo concedo”. Quindi Taillefer lanciò al galoppo il suo destriero, caricando prima di tutti gli altri, e colpì a morte un inglese, conficcandogli la lancia sul petto e stendendolo a terra. Quindi sguainò la spada e ne colpì un altro, gridando: “Andiamo! andiamo! Che cosa fate, signori?” Al secondo colpo che sferrò, gli inglesi si spinsero in avanti e lo circondarono. Immediatamente si levò il fragore e il grido di guerra, e da una parte e dall’altra il popolo si mise in moto. I Normanni passarono all’assalto e gli Inglesi si difesero bene. Alcuni colpivano, altri spingevano avanti; tutti erano audaci e mettevano da parte la paura.”

The Chronicle of the Norman Conquest from the Roman de Rou, Master Wace, traduzione di Edgar Taylor 1837
Lorenzo Manara
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