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11 Dicembre 2023

Sceso all’Inferno: seicento anni prima di Dante

dante

Una discesa infernale narrata da Beda il Venerabile, nell’anno 696: visitare l’Inferno prima ancora di Dante Alighieri e della Divina Commedia

Dante Alighieri ci ha raccontato della sua discesa all’Inferno, della salita al Purgatorio e dell’ascesa al paradiso, emozionando il mondo intero per secoli. Ma, non è stato mica l’unico. Molti altri autori ci hanno accompagnato tra i fuochi degli Inferi, per mostrarci quel che ci aspetta se non facciamo i bravi. Uno tra questi è Beda il Venerabile, monaco benedettino inglese che seicento anni prima di Dante ci ha raccontato di un viaggio nel sottosuolo, avvenuto precisamente nell’Anno domini 6961.

Nel Northumberland, regione a nord-est dell’Inghilterra, oggi confinante con la Scozia, viveva un uomo di nome Cuningham, padre di famiglia, devoto, che un giorno si ammalò, riempiendosi di cimurro tanto da aggravarsi sempre più finché, al principio della notte, morì. Il fatto straordinario, però, è che al mattino tornò in vita, all’improvviso. Si alzò a sedere e tutti coloro che lo stavano vegliando, piangendo, si presero paura e fuggirono. Solo la moglie rimase vicina a lui, potendo quindi ascoltare cosa aveva da dire:

“Non temere, perché ora sono veramente risorto dalla morte, e mi è permesso di vivere di nuovo tra gli uomini; tuttavia, non vivrò come ero solito, ma d’ora in poi in modo molto diverso.”

L’uomo, infatti, una volta ritornato dal mondo dell’Aldilà, divise i suoi beni, li spartì tra i famigliari e i poveri della comunità, per poi trasferirsi in un monastero dove trascorse tutti i giorni che gli restavano della sua vita. Molti gli chiesero cosa fosse accaduto per renderlo così contrito e penitente, diventando quasi un sant’uomo. E lui raccontò di quella notte passata nell’oltretomba: un viaggio che lo aveva fatto finire all’Inferno e poi più su, nei cieli.

Il suo viaggio da trapassato cominciò dietro una guida dal volto splendente e una veste luminosa, che lo condusse a nord-est, verso “una valle di grande ampiezza e profondità, ma di lunghezza infinita; che sul lato sinistro sembrava piena di terribili fiamme, mentre dall’altro lato era altrettanto orribile per violenta grandine e fredda neve che volavano in tutte le direzioni; entrambi i luoghi erano pieni di anime umane, che sembravano a turno sballottate da una parte all’altra, come in un violento temporale.”

Subito, con questa descrizione, ci troviamo davanti al supplizio di anime umane, che dopo la morte vengono torturate, per l’eternità, con tanto di fiamme: i classici fuochi dell’Inferno che, a quanto pare, già nel VII secolo facevano parte dell’immaginario collettivo. Tuttavia la guida spiegò subito al fresco trapassato Cuningham, di non pensare che quello fosse l’Inferno, perché non lo era, non ancora. L’oltretomba, proprio come lo immaginiamo noi e come lo immaginò Dante, già in quest’opera appare stratificato, su più livelli distinti da una crescente sofferenza. L’atmosfera stessa si va via via più orrida, come descrive l’autore:

“Quando mi ebbe condotto, molto spaventato, via da quell’orrendo spettacolo, a poco a poco, fino in fondo, d’un tratto vidi che il luogo cominciava a farsi buio, riempiendosi di oscurità. Quando vi entrai, l’oscurità, a poco a poco, divenne così fitta, che non potevo vedere altro oltre alla veste di colui che mi guidava. Mentre procedevamo attraverso le ombre della notte, all’improvviso apparvero davanti a noi frequenti globi di fiamme nere, che si levavano come fuori di una grande fossa, e poi ricadevano di nuovo nella stessa. Quando fui condotto là, la mia guida scomparve improvvisamente, e mi lasciò solo in mezzo alle tenebre e a questa orribile visione, mentre quegli stessi globi di fuoco, senza interruzione, uno alla volta volavano e ricadevano in fondo all’abisso; e osservai che tutte le fiamme, mentre salivano, erano piene di anime umane.”

Il fresco trapassato Cuningham era rimasto solo, in mezzo ai tormenti dei dannati che bruciavano nei globi di fiamme nere. Finché alle sue spalle, non udì un lamento orribile e miserabile, e nello stesso tempo una forte risata. Dalle tenebre comparve una banda di sghignazzanti spiriti maligni che trascinavano anime ululanti e lamentose. I demoni li spingevano verso una fossa ardente e s’inabissarono con loro, per poi riemergere soli, dopo averli scaricati di sotto. Dopo aver portato a termine il compito, i demoni si accorsero di Cuningham, e gli andarono Balzarono su di lui impugnando tenaglie roventi, con gli occhi di fuoco, e fiamme che sprizzavano dalle bocche e dalle narici diaboliche. Tuttavia, non poterono toccarlo, poiché dall’oscurità emerse una forte luce, come una stella che brilla nella notte, e tutti quei diavoli fuggirono.

Già arrivati a questo punto, ma ancor prima del resoconto, si possono individuare molte analogie con la Divina Commedia. Questa stessa scena, ovvero l’incontro di una banda indiavolata e sghignazzante, sembra gettare solide basi di ispirazione per quel che scriverà Dante, poi. Ma anche la guida di Cuningham, questo sconosciuto brillante come una stella, ci ricorda il duce del Sommo, ovvero Virgilio, e anche un po’ Beatrice, nel gran finale della Commedia.

Guida che, dopo avergli fatto assaggiare le pene dell’Inferno, condusse il protagonista del viaggio verso sud-est, verso un’atmosfera di chiara luce, fino a trovarsi dinnanzi a un vasto muro, di lunghezza e altezza, in ogni direzione, sconfinate. Cuningham chiese che ci facevano lì davanti visto che non c’era alcuna porta, ma la guida lo aiutò a oltrepassare quel muro infinito, non si sa come, senza neppure muoversi: uno spostamento che trascende le leggi del tempo e dello spazio, simile agli spostamenti che Dante compirà nel Paradiso, dove non c’è posto per la comprensione umana.

“Al di là del muro c’era un campo vasto e delizioso, così pieno di fiori profumati, che l’odore della sua deliziosa dolcezza dissipò immediatamente il fetore della fornace oscura.Tanta era la luce in quel luogo, che sembrava superare lo splendore del giorno, o il sole nella sua altezza meridiana. In questo campo c’erano innumerevoli assemblee di uomini vestiti di bianco, e molti sedevano insieme gioendo.” 

Cuningham cominciava a credere d’essere finito in paradiso. Ma ancora una volta, come era accaduto all’inizio della discesa, la guida stellare gli spiegò che quello non era il regno dei Cieli, sottintendendo, quindi, che il trapassato stava solo ammirando un assaggio della beatificazione divina, così come aveva appena intravisto le pene d’Inferno che, nella realtà dei fatti, erano persino peggiori. Questo gioco di eccessi si basa sempre sulla scarsa comprensione umana relativa alla sfera soprannaturale: fatta di elementi così lontani dal nostro modo di ragionare da risultare indescrivibili. Ecco perché il protagonista si limita a sfiorare l’anticamera dell’Inferno e del Paradiso, senza mai vederli davvero. Un concetto che approfondirà anche Dante, soprattutto nel Paradiso, quando si troverà a descrivere la Trinità, e lo farà in maniera poeticamente criptica.

Non appena Cuningham si trovò a sfiorare le delizie del perimetro esterno del regno dei Cieli, la guida cominciò a riportarlo indietro lungo tutto il percorso. E nel frattempo gli spiegava cosa aveva appena visto. La valle che consumava anime tra il freddo e il fuoco è il luogo dove sono puniti coloro che si pentono in punto di morte dopo aver ritardato tanto a confessare e correggere i loro delitti. Una sofferenza temporanea, poiché dopotutto si sono pentiti, anche se tardivamente. Perciò nel giorno del Giudizio saranno ricevuti nel regno dei cieli. Oppure anche prima, se aiutati dai loro cari, viventi, con preghiere, messe, digiuno ed elemosina. La fossa, invece, dove venivano gettate le anime di sotto era la bocca dell’Inferno, in cui chi cade ci rimarrà per l’eternità.

Passando oltre il muro, invece, quel bel prato luminoso accoglieva le anime dei buoni ma non così tanto da meritarsi il paradiso vero e proprio. Perciò, la guida ammonì Cunningham dicendogli che lui sarebbe tornato nel suo corpo per vivere di nuovo tra gli uomini in virtù di quel che aveva appena visto.

Ed ecco perché aveva mollato la moglie, la famiglia e i parenti per chiudersi in monastero, prendere la tonaca e vivere da sant’uomo per il resto della sua vita. Col tempo divenne così famoso che persino il re andò a trovarlo. E tutti lo ammiravano pregare in continuazione, solo e penitente, col caldo e col freddo, in estate e in inverno. E tutti gli chiedevano come facesse a sopportare quelle condizioni restando sempre fedele, e lui rispondeva che poteva sopportarlo perché aveva visto un fuoco e un gelo peggiori.

Si conclude così la storia del morto di troppo cimurro e poi risorto. Ascolta Leggende Affilate per altri fantastici episodi provenienti da autentiche cronache medievali!

“In questo tempo un miracolo memorabile, e simile a quelli dei giorni precedenti, fu compiuto in Britannia; perché, affinché i vivi potessero essere salvati dalla morte dell’anima, un certo uomo, che era stato da tempo morto, risuscitò in vita, e raccontò molte cose straordinarie che aveva visto; alcuni dei quali ho ritenuto opportuno qui brevemente prenderne atto. C’era un padrone di famiglia in quel distretto dei Northumbriani che si chiama Cuningham, che conduceva una vita religiosa, come anche tutto ciò che gli apparteneva. Quest’uomo si ammalò, e il suo cimurro aumentava ogni giorno, essendo portato all’estremo, morì al principio della notte; ma al mattino presto, improvvisamente tornò in vita, e si alzò a sedere, su cui tutti quelli che sedevano intorno al corpo piangendo, fuggirono con grande spavento, solo sua moglie, che lo amava di più, sebbene in grande costernazione e tremante, rimase con lui. Egli, confortandola, le disse: “Non temere, perché ora sono veramente risorto dalla morte, e mi è permesso di vivere di nuovo tra gli uomini; tuttavia, non vivrò nell’aldilà come ero solito, ma d’ora in poi in modo molto diverso. ” Onde subito levatosi, si ripari all’oratorio della cittadina, e continuando sino al giorno in orazione, subito divise in tre parti tutta la sua sostanza; di cui uno lo diede alla moglie, un altro ai suoi figli, e il terzo, che apparteneva a se stesso, lo distribuì immediatamente tra i poveri. Non molto tempo dopo si trasferì al monastero di Melrose, che è quasi racchiuso dal tortuoso del fiume Tweed, e dopo essersi rasato, andò in una dimora privata, che l’abate aveva fornito, dove rimase fino al giorno della sua morte , in una tale straordinaria contrizione della mente e del corpo, che sebbene la sua lingua fosse stata muta, la sua vita dichiarava di aver visto molte cose o temute o ambite, di cui altri non sapevano.”

“Così raccontò ciò che aveva visto. “Colui che mi guidava aveva un volto splendente e una veste luminosa, e andavamo in silenzio, come pensavo, verso nord-est. Proseguendo, arrivammo a una valle di grande ampiezza e profondità, ma di lunghezza infinita; su la sinistra sembrava piena di terribili fiamme, l’altra parte non era meno orribile per violenta grandine e fredda neve che volavano in tutte le direzioni; entrambi i luoghi erano pieni di anime umane, che sembravano a turno sballottate da una parte all’altra, come in un violento temporale, perché quando i disgraziati non poterono più sopportare l’eccesso di calore, balzarono in mezzo al freddo pungente e, non trovandovi riposo, balzarono di nuovo in mezzo alle fiamme inestinguibili. una moltitudine innumerevole di spiriti deformi veniva così tormentata alternativamente lontano e vicino, per quanto si poteva vedere, senza alcuna interruzione, cominciai a pensare che forse questo poteva essere l’inferno, delle cui fiamme intollerabili avevo spesso sentito parlare. mi precedette, rispose al mio pensiero, s dicendo: ‘Non crederci, perché questo non è l’inferno che immagini.”

“Quando mi ebbe condotto, molto spaventato da quell’orrendo spettacolo, a poco a poco, fino in fondo, d’un tratto vidi che il luogo cominciava a farsi buio e si riempiva di oscurità. Quando vi entrai, l’oscurità, a poco a poco, divenne così fitta, che non potevo vedere altro oltre alla forma della veste di colui che mi guidava. Mentre procedevamo attraverso le ombre della notte, all’improvviso apparvero davanti a noi frequenti globi di fiamme nere, che si levavano come fuori di una grande fossa, e ricadere di nuovo nella stessa. Quando fui condotto là, il mio capo scomparve improvvisamente, e mi lasciò solo in mezzo alle tenebre e a questa orribile visione, mentre quegli stessi globi di fuoco, senza interruzione, a una volta volava su e un’altra ricadeva in fondo all’abisso; e osservai che tutte le fiamme, mentre salivano, erano piene di anime umane, le quali, come scintille che volavano in fumo, talvolta venivano lanciate in alto, e di nuovo, quando il vapore del fuoco cessò, scese nel profondo bel ahi. Inoltre, con i vapori uscì un fetore insopportabile, che riempì tutti quei luoghi oscuri.”

“Essendo stato lì a lungo con grande terrore, non sapendo cosa fare, da che parte girare o che fine potevo aspettarmi, all’improvviso udii dietro di me il rumore di un lamento orribile e miserabile, e nello stesso tempo una forte risata, come di una rozza moltitudine che insulta i nemici catturati. Quando quel rumore, sempre più chiaro, mi giunse alla mente, osservai una banda di spiriti maligni che trascinava le anime ululanti e lamentose degli uomini in mezzo all’oscurità, mentre loro stessi ridevano e si rallegravano. Tra quegli uomini, come potevo discernere, ce n’era uno tosato come un pastore, un laico e una donna. Gli spiriti maligni che li trascinavano scesero in mezzo alla fossa ardente; e mentre scendevano più a fondo, non potevo più distinguere tra il lamento degli uomini e il riso dei diavoli, eppure avevo ancora un suono confuso nelle orecchie. Nel frattempo, alcuni degli spiriti oscuri salirono da quell’abisso fiammeggiante e, correndo avanti, mi assalirono da tutte le parti e mi lasciarono molto perplesso con i loro occhi ardenti e il fuoco puzzolente che usciva dalle loro bocche e dalle loro narici; e minacciarono di afferrarmi con tenaglie ardenti, che tenevano in mano, ma non osarono toccarmi, sebbene mi spaventassero. Essendo così da ogni parte rinchiuso dai nemici e dalle tenebre, e guardando da ogni parte in cerca di aiuto, apparve dietro di me, sulla via per cui venni, per così dire, lo splendore di una stella che brilla in mezzo alle tenebre; che cresceva a poco a poco e veniva rapidamente verso di me: quando si avvicinava, tutti quegli spiriti maligni, che cercavano di portarmi via con le loro tenaglie, si dispersero e fuggirono.”

“Colui, il cui accostarsi li mise in fuga, fu lo stesso che prima mi condusse; il quale, voltato poi a destra cominciò a condurmi, per così dire, verso sud-est, e dopo avermi presto tratto fuori dalle tenebre, mi condusse in un’atmosfera di chiara luce. Mentre mi guidava così in piena luce, vidi davanti a noi un vasto muro, la cui lunghezza e altezza, in ogni direzione, sembravano del tutto sconfinate. Cominciai a chiedermi perché ci andassimo al muro, non vedendo alcuna porta, finestra o sentiero attraverso di esso. Quando arrivammo al muro, ci trovammo subito, non so con quale mezzo, in cima ad esso, e dentro di esso c’era un campo vasto e delizioso, così piena di fiori profumati, che l’odore della sua deliziosa dolcezza dissipò immediatamente il fetore della fornace oscura, che mi aveva trafitto in tutto e per tutto.Tanta era la luce in questo luogo, che sembrava superare lo splendore del giorno, o il sole nella sua altezza meridiana In questo campo c’erano innumerevoli assemblee di uomini vestiti di bianco e molte compagnie s seduti insieme gioendo. Mentre mi guidava in mezzo a quegli abitanti felici, cominciai a pensare che questo poteva forse essere il regno dei cieli, di cui avevo sentito tante volte. Rispose al mio pensiero dicendo: Questo non è il regno dei cieli, come immagini.”

“Quando passammo quelle dimore di anime benedette e andammo più avanti, scoprii davanti a me una luce molto più bella, e in essa udii dolci voci di persone che cantavano, e un profumo così meraviglioso procedeva dal luogo, che l’altra che avevo prima ritenuto delizioso, poi mi parve molto indifferente; anche se quello straordinario splendore del campo fiorito, in confronto a questo, appariva meschino e insignificante. Quando cominciai a sperare che dovessimo entrare in quel luogo delizioso, la mia guida d’un tratto si alzò ancora; e poi voltandomi indietro, mi ricondusse indietro per la via da cui siamo venuti.”

“Quando siamo tornati in quelle gioiose dimore delle anime vestite di bianco, mi ha detto: ‘Sai cosa sono tutte queste cose che hai visto?’ Io risposi, io no, ed egli rispose: ‘Quella valle che hai visto così terribile per consumare fiamme e tagliare freddo, è il luogo in cui sono processate e punite le anime di coloro che, ritardando a confessare e a correggere i loro delitti, infine ricorrono al pentimento in punto di morte, e così abbandonano questa vita; ma nondimeno, poiché anche alla loro morte si sono confessati e si sono pentiti, saranno tutti ricevuti nel regno dei cieli nel giorno del giudizio; ma molti prima del giorno del giudizio, con le preghiere, l’elemosina e il digiuno, dei vivi, e più specialmente con le messe, sono sollevati prima del giorno del giudizio. Quella fossa ardente e puzzolente, che hai visto, è la bocca dell’inferno, in cui chi cade non sarà mai consegnato a tutta l’eternità.Questo luogo fiorito, in cui vedete questi bellissimi giovani, così luminosi e allegri, è quello in cui sono accolte le anime di coloro che con buone opere lasciano il corpo, ma che non sono così perfetti da meritare di essere immediatamente ammessi nel regno di Paradiso; eppure tutti, nel giorno del giudizio, vedranno Cristo e prenderanno parte alle gioie del suo regno; Perché chiunque è perfetto in pensiero, parola e azione, appena lascia il corpo, entra immediatamente nel regno dei cieli; nel vicinato, dov’è quel luogo, dove hai sentito il suono di un dolce canto, con l’odore fragrante e la luce brillante. Quanto a te, che ora devi tornare al tuo corpo e vivere di nuovo tra gli uomini, se ti sforzerai di esaminare bene le tue azioni e dirigere il tuo parlare e il tuo comportamento con rettitudine e semplicità, dopo la morte avrai un posto o residenza tra queste gioiose schiere di anime benedette; perché quando ti ho lasciato per un po’, è stato per sapere come sbarazzarti di te». Quando me l’ebbe detto, detestavo molto tornare nel mio corpo, deliziato dalla dolcezza e dalla bellezza del luogo che vedevo, e dalla compagnia di coloro che vi vedevo. Tuttavia, non osavo fargli alcuna domanda; ma intanto, d’un tratto, mi sono ritrovato vivo tra gli uomini.”

“Ora queste ed altre cose che quest’uomo di Dio vedeva, non si riferiva a persone indolenti e vissute negligente; ma solo a coloro che, atterriti dal terrore dei tormenti, o deliziati dalle speranze delle gioie celesti, si servissero delle sue parole per avanzare nella pietà. Nei dintorni della sua cella abitava un Hemgils, monaco, eminente nel sacerdozio, che onorava con le sue buone opere: vive ancora, e conduce una vita solitaria in Irlanda, sostenendo la sua età in declino con pane grosso e acqua fredda. Andava spesso da quell’uomo, e facendogli parecchie domande, udiva di lui tutti i particolari di ciò che aveva visto quando era separato dal suo corpo; dalla cui relazione siamo anche venuti a conoscenza di quei pochi particolari che abbiamo brevemente esposto. Riferì anche le sue visioni al re Alfredo, uomo molto dotto sotto tutti gli aspetti, e fu da lui ascoltato così volentieri e attentamente, che su sua richiesta fu ammesso nel monastero sopra menzionato e ricevette la tonsura monastica; e il detto re, quando era da quelle parti, molto spesso andava ad ascoltarlo. A quel tempo il religioso e umile abate e sacerdote, Ethelwald, presiedeva il monastero, e ora con degna condotta possiede la sede episcopale della chiesa di Lindisfarne.”

“Gli fu assegnato un luogo di residenza più privato in quel monastero, dove potesse applicarsi al servizio del suo Creatore in continua preghiera. E siccome quel luogo era sulla riva del fiume, era solito andarvi spesso per fare penitenza nel corpo, e molte volte immergersi completamente sott’acqua, e continuare a dire salmi o preghiere nello stesso tempo finché come poteva sopportarlo, stando fermo a volte fino al centro, ea volte fino al collo nell’acqua; e quando uscì di là a terra, non si tolse mai le sue vesti fredde e gelate finché non diventarono calde e asciutte sul suo corpo. E quando d’inverno gli nuotavano intorno i pezzi di ghiaccio semirotti, che egli stesso aveva rotto, per far posto a stare in piedi o a tuffarsi nel fiume, quelli che lo vedevano dicevano: “È meraviglioso, fratello Dritheim ( poiché così fu chiamato), che tu puoi sopportare un freddo così violento; ” rispose semplicemente, perché era un uomo di molta semplicità e di spirito diverso: “Ho visto un freddo più grande”. E quando dissero: “È strano che sopporterai una tale austerità”; ha risposto: “Ho visto più austerità”. Così continuò, per un instancabile desiderio di beatitudine celeste, a soggiogare il suo corpo invecchiato con il digiuno quotidiano, fino al giorno in cui fu chiamato via; e così ha trasmesso la salvezza di molti con le sue parole e con il suo esempio.”

  1. Beda il Venerabile, Capitolo XII, “Di uno tra i northumbriani, che è risorto dai morti, e relativo alle cose che aveva visto, alcuni terrori eccitanti e altri delizia. Anno domini 696”
Lorenzo Manara
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