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23 Agosto 2022

San Galgano, il cavaliere sacro

san galgano

La leggenda italiana di san Galgano e della spada nella roccia: tra profezie, punizioni divine e duelli col Diavolo

Sono molte le leggende che narrano di guerre, miracoli e santi guerrieri. Gli episodi medievali che vedono queste entità sacre impugnare la spada al fine di sconfiggere un nemico mortale, o lo stesso Maligno, sono innumerevoli. Da san Teodoro a san Mercurio, passando per il celebre san Giorgio, sterminatore di draghi, poi affiancato da san Demetrio e san Maurizio durante la battaglia di Antiochia del 1098, dopo il ritrovamento della sacra lancia che trafisse Gesù Cristo al costato per mano del legionario romano Longino: i tre santi cavalcarono al fianco dei crociati contro i turchi, spada in pugno, per condurli alla vittoria. In Italia, il cavaliere sacro più celebre è probabilmente san Galgano, di cui voglio raccontarvi l’originale storia tratta da un manoscritto del XV sec.1 

“Galgano per natione fu di Toschana, del contado della città di Siena, d’un castello che si chiama Chiuslino; lo cui padre ebbe nome Guidotto e la sua madre Deonigia, nato di nobile parentado e di generatione, ma di virtù e sanctità più nobile. Lo quale Galgano fu huomo feroce e lascivo a modo che sono e’ giovani, implicato nelle cose mondane e terrene. Ma le revelationi di misser santo Micchele arcangelo profetaro ch’elli doveva essere cavalieri di Dio: perciò che cui la dispensatione divina vuole salvare, non è tanto peccatore nè involto ne le cose carnali e terrene che lo possino tenere che a Dio non torni. Onde, essendo Galgano in questo stato che detto e, cioè innanzi la sua conversione a Dio, sì gli apparbe santo Micchele arcangelo in visione, lo quale affettuosamente addomandava a sua madre che lo dovesse vestire e addornare d’abito di cavaliere; la cui madre a le preghiere dell’angelo acconsentiva, ed elli, essendo così addornato da la sua madre di vestimenta di cavaliere, con efforzati passi seguitava l’arcangelo così come la visione li mostrava.”

San Galgano nacque in Toscana, nel contado della città di Siena, ovvero nel castello di Chiusdino. Era di nobile estrazione, “huomo feroce e lascivo a modo che sono e’ giovani”. La storia vuole che la gioventù del santo fosse minata dalle iniquità e dal peccato, caratteristiche comuni alle vite di molti altri santi. Tuttavia in lui si nascondevano virtù e santità fra le più nobili. Infatti, san Michele arcangelo gli apparve in sogno, profetizzando la sua investitura a “cavaliere di Dio”.

“E desto e isvegliato che fu dal sonno, la detta rivelatione e visione incontamente l’ebbe manifestata a la sua madre, la quale con ineffabile allegrezza, ripiena di molta letitia, tacitamente quello che la visione significasse considerava. E in questo modo parlò al suo figliuolo, e dixe: “Figliuol mio, buona è la tua visione e ammirabile, e perciò non dubitare che grande allegrezza significherò, con ciò sia cosa che io sia vedova, e tu sia orfano rimaso dopo la morte del tuo padre. Onde sappi che noi saremo raccomandati a la custodia e guardia del beato santo Micchele a cui tuo padre, quando viveva, spetiale e singulare reverentia e devotione aveva sopra tutti gli altri santi”. Passati che furono alquanti anni, pensando Galgano nell’animo suo che fine avarebbe la detta visione e revelatione, lo detto arcangelo anco si apparbe in visione a Galgano e dixeli: “Seguitami”. Allora Galgano, con esmisurata allegrezza e gaudio levandosi, e desiderando a la detta cavalleria pervenire che l’arcangelo gli aveva promesso in visione, e con grandissima devotione le pedate e le vestigie sue seguitava insino a un fiume, sopra el quale era un ponte el quale era molto longo e senza grandissima fadigha non si poteva passare, sotto lo qual ponte, siccome la visione li mostrava, si era uno mulino lo quale continuamente si rotava e si volleva, lo quale significava le cose terrene le quali sono in perpetua fluxione e movimento e senza nessuna stabilità e in tutto labili e transitorie.”

San Galgano attese qualche anno prima che Michele arcangelo si presentasse nuovamente a lui, per investirlo cavaliere di Dio. La visione angelica lo condusse su un ponte molto lungo e faticoso da attraversare, sotto cui si trovava un mulino sempre in funzione, che rappresentava la caducità delle faccende terrene.

“E, passando oltre, pervenne in uno bellissimo e dilettevole prato, lo quale era pieno di fiori, del quale esciva smisurato odore e gratioso. Poi, escendo di questo prato, parveli di entrare sottoterra e venire in Monte Siepi, nel qual monte trovava dodici appostoli in una casa ritonda, li quali recavano uno libro aperto, e che elli lo leggesse ne la qual parte del libro era questa sentenza: “Quoniam non cognovi licteraturam, introibo in potentias Domini, Domine memorabur iustitiae tuae solius”. Essendo in questa chasa ritonda cogli occhi in cielo, vidde una immagine speciosa e bellisima nell’aire. Unde dimandò che fusse quella immagine, e gli apostoli risposero e dixero: “Quella immagine si è quelli che fu ed era, e che die venire a ggiudicare el mondo, Idio e Huomo”.”

San Galgano attraversò il ponte per trovarsi in un bel prato fiorito, oltre cui si trovava l’odierna località di Montesiepi. In una casa rotonda, i dodici apostoli lo attendevano con un libro aperto ai piedi di un’immagine luminosissima: Gesù Cristo. E la visione ebbe termine.

“Udito che ebbe Galgano queste parole, meravigliandosi tra se medesimo de la visione, si svegliò e subbitamente narrò a la madre sua la sopra detta visione, e con esmisurato gemito e pianto di letitia pregò la madre sua ch’ella insieme co llui andasse al luogo de la detta visione, andasse cioè a quello Monte Siepi, e menasse maestri di pietra e di legname, li quali ine facessero una casa ritonda, come quella che lli mostrò l’arcangelo, a onore de la maestà divina e de’ dodici appostoli. Allora rispose la madre, e dixe: “Figliuol mio carissimo, el tempo è ora fuore di stagione, però che è di verno, ed è el freddo grandissimo, ed è la fame grande, e el luogo è agresto, e quasi di non potervi andare ora; ma tosto verrò tempo abile, sicche al tuo desiderio e volere ti potrò satisfare”. “

Raccontata la visione alla madre, san Galgano non ottenne il supporto sperato. Poiché la madre gli sconsigliò di intraprendere una tale impresa d’inverno per erigere una casa tonda a Montesiepi come quella che gli era stata mostrata in sogno. Il cavaliere di Dio fu quindi costretto ad attendere.

“E di po’ questo, andando Galgano a un castello che si chiama Civitella, el cavallo andando per la via si trattenne, e stette fermo; e speronando Galgano el cavallo con ammenduni gli speroni, e non volendo el cavallo mutarsi ne andare più oltre, tornò adietro ad un castello de la Pieve di Luriano, lo quale v’era presso, e ine si albergò. L’altro dì, tornando al detto luogo e passo per andare al detto castello di Civitella, lo detto cavallo in quello medesimo luogo anco si rattenne, e, speronandolo cogli speroni e non potendolo far mutare, si posò la retine sopra lo collo del cavallo, e pregò Idio devotissimamente in queste parole, e dixe: “Creatore altissimo, principio di tutti e’ principii, e che facesti lo mondo di quattro elementi, et che lo mondo, per li peccati degli uomini corrotto, per diluvio sì sanasti e purificasti, e che passare facesti lo tuo popolo e seme d’Abramo lo Mare Rosso a ppiedi secchi, e che, nel tempo de la plenitudine de la gratia, del seno del tuo Padre nel ventre de la Vergine Maria descendesti vestito de la nostra humanitade, e lo patibolo de la croce, li chiovi, e sputi, e fragellato e humiliato per ricomprarci sostenesti, e lo terzo dì resuscitando da morte a coloro che tti credettero apparisti, e che lo quadragesimo dì in cielo salisti, per cui comandamento e volontà tutte le cose procedono; drizzami ne le tue semite e ne la tua vita e nell’opere de’ tuoi comandamenti, acciò che, al tuo servigio devotissimamente stando, lo promesso habito di cavaliere meriti d’acquistare, lo quale ne la visione mi mostrasti; e menami, Signor mio, ne la via de la pace e de la salute, siccome menasti lo tuo servo e profeta nel lago de’ leoni, lo quale portasse lo cibo da mangiare a Daniello”.”

Secondo altre versioni, la madre promise in sposa a san Galgano una dama del castello di Civitella, per costringerlo alla normale vita coniugale e impedirgli di seguire la via del monachesimo. Tuttavia, il cavaliere di Dio, ogni volta che si recava in viaggio verso Civitella si vedeva fermare sulla strada dallo stesso destriero, che si rifiutava di proseguire. Al termine di una preghiera, san Galgano scoprì che il destriero rispondeva alla volontà divina, la quale lo condusse fino a Montesiepi dove aveva avuto luogo la visione degli apostoli, del libro e di Gesù Cristo.

“Finita che fu l’oratione, incontenente senza che altri lo guidasse, e senza che Galgano co li speroni lo pognesse, el cavallo senza endugio si pervenne in Monte Siepi, del quale con grandissima allegrezza si discese da cavallo in quello luogo, dove in visione li dodici appostoli aveva veduti, e, non potendo fare una croce di legname, si prese la spada ch’egli aveva a lato e in luogo di croce su la dura pietra la ficcò, la quale insino al dì d’oggi così è ne la pietra fitta. Poi acconciò il suo mantello a mmodo di veste monacile, e, fatto uno forame nel mezzo a mmodo di schappulare, sel vestì. Di po’ questo, diliberando nell’animo di ritornare a casa per distribuire a’ poveri quello che questo misaro mondo gli aveva dato, la prima volta, e la seconda, e la terza, udì dal cielo questa boce che diceva così: “Galgano, Galgano, sta’ fermo, perciò che in questo luogo gli tuoi dì finirai. Non si vuole al principio corrare colui che combatte, ma a la fine”. Unde Galgano, udito ch’ebbe questa boce, si stette fermo e lassò ogni pensiero di volere dispensare lo suo patrimonio. ”

San Galgano, non avendo modo di costruire una croce di legno, sguainò la spada e la ficcò nella dura pietra, poi forò il mantello nel centro e lo indossò a modo di veste monacale. Decise di distribuire ai poveri ogni suo avere, ma una voce dal cielo glielo impedì, spiegandogli che sarebbe morto in quel luogo, ma solo dopo aver combattuto. Cosa che sarebbe accaduta di lì a breve.

“Et essendo in luogo salvatico, che non v’aveva cosa neuna da mangiare, si discendeva a ppiè del monte e ine sostentava lo corpo suo d’erbe selvatiche, che si chiamano crescioni. Et essendo una notte fra due valli a ppiei di questo monte appiattato fra due carpini, udì lo demonio venire contra di lui, lo quale si ingenia di ingannare ogni huomo che vuol servire Dio. Galgano, come costante e fermo, si uscì contra lo demonio per combattere co llui. Allora, vedendo lo demonio la costantia sua, sì percosse in quel luogo una trave di fuoco, et con grande stridore confuso se n’andò.”

San Galgano cominciò a vivere come un eremita, cibandosi di erbe selvatiche e pregando dinnanzi alla spada che aveva conficcato nella roccia. Ma una notte, acquattato fra due “carpini” per far la guardia al suo eremo, san Galgano vide il demonio andargli incontro. Senza indugio, il cavaliere di Dio fece quello per cui era stato chiamato dal Signore, e si levò contro il demonio, a mani nude, preparandosi alla battaglia. Il demonio, vedendosi arrivare addosso il coraggioso cavaliere, fu colto dallo spavento e scagliò sul posto una colonna di fuoco2 per poi scomparire con “grande stridore” (secondo alcune versioni, ululando).

La “trave di fuoco”, come viene chiamata in questo manoscritto, può essere intesa anche come un lampo o meteorite, ed è presente nel folclore italiano, soprattutto al sud, legato al giorno di san Giovanni, quando il mare si riscalda per un prodigio ed è sconsigliato fare il bagno.

“Unde di lì a pochi dì si propose nell’animo suo di andare ad visitare la basilica degli appostoli, cioè a Roma, per la visione ch’egli ebbe di loro: et partendo da Monte Siepi pervenne a Roma, e infinite basiliche di santi sì visitò. Et facendo a Roma alcuna dimoranza, si vennero alquanti pieni d’invidia al luogo dove la sua spada era fitta, et ine con marroni e altri ferri sì si engegnavano sconficcarla di terra, e con molta fadiga, come a Dio piacque, non potendola sconficcare, sì la ruppeno; et volendola portare co lloro, e non potendo, sì la lassaro così rotta in terra e andavansene.”

Nell’unica occasione in cui san Galgano si allontanò dal suo eremo per andare in pellegrinaggio a Roma, tre invidiosi raggiunsero la casa tonda con l’intento di rubargli la spada nella roccia. Tuttavia, essendo conficcata per miracolo, non riuscirono ad estrarla. Tentarono in ogni modo, ma finirono solo per spezzarla.

Visto che ormai non serviva più a niente, i criminali abbandonarono il luogo lasciandosi alle spalle la spada infranta, con la punta ancora conficcata nella roccia e l’elsa sul terreno. Il danno era fatto, ma l’ira di Dio si abbatté su di loro.

“Et andandosene per tornare alle lor case, per divino giudicio ne furono così puniti: e, partiti che furono, e l’uno cadde in uno fiumicello d’acqua e annegò, e all’altro vene una saetta da cielo e uciselo, poi venne uno lupo e aventossi addosso all’altro e preselo per lo braccio; e raccomandandosi al biato Galgano, incontanente el lupo fuggì, e non morì.”

Il primo cadde in un fiumiciattolo e annegò, il secondo venne colpito da un fulmine e il terzo fu agguantato da un lupo, che lo trascinò via. Tuttavia, quest’ultimo, si appellò alla misericordia di san Galgano ed ebbe salva la vita.

“Galgano, tornando da Roma, e trovando la spada rotta, incominciò ad avere grandissimo dolore, e dixe: “Forse perciò permisse Idio che la mi fosse rotta, perch’io lassai el luogo che l’angelo m’aveva mostrato”. Sicche, volendo Idio la sua tristizia consolare, una volta e due e tre sì gli apparbe in visione, e mostrogli che dovesse porre la spada rotta in sul pezzo ch’era rimasto fitto ne la pietra, et che la spada starebbe più ferma che innanzi. Allora Galgano così fece, tolse la spada e congionse l’un pezzo con l’altro. La spada fu incontenente risalda, ed e stata così salda insino al dì d’oggi.”

San Galgano, dopo esser tornato a Montesiepi, trovò la spada infranta e fu colpito da un gran dolore. Pensò che si trattasse della punizione per aver lasciato l’eremo, nonostante l’arcangelo Michele gli avesse comandato di non farlo mai. Ma il Signore Iddio volle consolare il suo cavaliere, suggerendogli di accostare l’elsa spezzata al resto della lama conficcata nella roccia.

San Galgano ricongiunse le due estremità e la spada “fu incontenente risalda”, così come la vediamo oggi, nell’abbazia.

“Dipo’ questo, Galgano si fece una cella a mmodo di romito, ne la quale el dì e la nocte vacava in digiuni, e orationi, e meditazioni, e contemplationi, sempre macerando così lo suo corpo. Questa cella era di legname fatta, ritonda a mmodo di quella che oggi è fatta di pietra, come l’angelo gli aveva mostrato in visione. Galgano contemplava in questa cella, avendo sempre la mente a le cose celestiali, spogliandosi d’ogni atto e cogitatione terrena. Lo suo cibo era d’erbe selvatiche, d’altro non rechedeva lo suo corpo. Contemplava la fragilità di questo mondo, come gli onori e la gloria mondana sono cose fuggitive e caduche e come è breve lo tenpo che ci aviamo a vivere. Et contemplava la vita etterna com’ella è inestimabile e perpetua senza fine.”

San Galgano eresse un eremo su quel monte, per proteggere la spada nella roccia, dove pregare giorno e notte, meditare e digiunare. Si trattava di un edificio di legno, rotondo come l’angelo gli aveva mostrato. Finché, una notte, non giunse il momento di andarsene.

“Et vegghiando una notte, e stando in oratione, subito vidde la cella illuminata di tanto splendore che parbe che per mille forami uno razo di sole e di luce risplendesse come fuoco, et entrasse nella cella dov’elli era. Et di questa luce uscì una boce chiara che dixe: “Galgano mio, te’ quello che seminasti”. Unde, al suono di questa boce stupefatto, e ricordandosi che lo dì del Signore cioè la notte come ladro viene, incontenente, levate le mani al cielo e le ginocchia poste in terra, con boce piena di lagrime dixe così: “Tu, Signore, che tucte le cose sai, a ccui niuno secreto è nascosto, lo quale facesti lo ladrone ch’era su la croce crucifixo partecipe di vita etterna, et che tutti gli huomini del ventre de le madri loro innudi li fai nasciare e innudi li ricevi, e che ogni persona fai ritornare ne la sua propria materia, cioè in cennere, come di cennere e di terra li creasti; tu, Signor mio, ricevi me escendo de le miserie et de le cattività di questo mondo, e pericoli, et menami nel porto de la tua tranquillità, e pace, sicchè cogli eletti tuoi e nel consortio de’ giusti io meriti d’essere gloriato ed exaltato”. Fatta ch’ebbe questa oratione, l’anima sua si partì dal corpo, e meritò di pervenire a la patria celestiale de’ santi di vita eterna. Visse el beato Galgano in questa heremitica vita et conversione uno anno meno due dì; et fu sepolto con grande honore e reverentia ne la detta sua cella, ove poi si fece una chiesa ritonda come l’angelo gli aveva mostrato in visione, ne la quale continuamente gli miracoli sono multiplicati. A laude e gloria del nostro Signore Gesù Cristo, lo quale regna col suo Padre in secula seculorum. Amen.”

La cella di san Galgano fu illuminata da un grande splendore, da cui fuoriuscì una voce chiara che lo chiamava a sé. Il cavaliere sacro s’inginocchiò, le mani al cielo, e con voce piena di lacrime pronunciò la sua ultima preghiera.

Venne accolto nella patria celestiale dei santi, lasciando sulla Terra la sua spada, simbolo di eroismo e devozione guerresca, vicino alla quale, ci racconta l’autore dell’agiografia, “continuamente gli miracoli sono multiplicati”.

San Galgano è uno di quei santi guerrieri che hanno ispirato la scrittura del mio ultimo romanzo, La Stirpe delle Ossa, la cui trama si snoda proprio attorno alla figura di un santo che, tuttavia, nasconde un mistero da svelare, la cui risoluzione cambierà il destino dell’intera stirpe… Iscriviti alla newsletter per restare aggiornato sulla sua uscita e non perdere gli articoli sul blog!

  1. “Vita di San Galgano”, contenuto nella Biblioteca Apostolica Vaticana, trascritto da Franco Cardini in “San Galgano e la spada nella roccia”
  2. Trave di fuoco, secondo il Grande dizionario della lingua italiana: “per estens.  Colonna o striscia di fuoco; anche: lampo o meteorite che attraversa il cielo.”
Lorenzo Manara
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