Il mito del martello da guerra
L’arma medievale sovradimensionata grazie alla narrativa fantasy
Quando pensiamo al martello da guerra non possiamo fare a meno di immaginare un martellone da trenta chili di quelli giganteschi, magari impugnato da un barbaro con i pettorali pompati tipo Schwarzenegger. Ok, detta così suona un po’ male. Riformulo l’introduzione. Film trash e videogiochi ci hanno insegnato che i martelli da guerra sono delle armi spropositate, ma la storia è andata in maniera diversa. Com’è fatto realmente un martello da guerra?
Eccolo qua sopra. Questo è un vero martello da guerra; un’arma da botta che viene spesso equiparata alla mazza ma che nasconde un utilizzo estremamente diverso. Lo scopo del martello è quello di contrastare le protezioni a piastre d’acciaio concentrando l’energia del colpo in un unico punto ben preciso. Vedete com’è sottile la testa da sfondamento? E il becco retrostante? Tali caratteristiche rendevano possibile stordire un avversario protetto da una corazza che, ricordiamo, non sarebbe stata neppure scalfite dai martelloni da trenta chili impugnati dagli eroi dei libri fantasy.
Uno dei primi utilizzi documentati del martello da guerra risale agli inizi del Trecento, quando in Bretagna venne combattuta una scaramuccia tra un contingente di 30 inglesi contro pari francesi. Un certo Billesort (o Bellefort) divenne famoso per essersi gettato nella mischia con un martello da guerra a due mani 1. L’utilizzo dei martelli da parte dei popoli anglosassoni è testimoniato anche da un antico poema sulla battaglia di Floddon Field:
Two Scotch earls of an ancient race,
One Crawford call’d, the other Montrofs,
Who led ten thousand Scotchmen strong,
Who manfully met with their foes,
With leaden mells (martelli piombati) and lances long.
Il martello d’armi era usato perfino dagli arcieri inglesi come arma da mischia. In questo stralcio di manoscritto appartenente all’epoca di Queen Elizabeth abbiamo una descrizione dell’intero equipaggiamento da guerra di un arciere, tra cui troviamo l’oggetto protagonista dell’articolo di oggi:
Let every man have a brigandine, or a little cote of plate, a fkull or hufkyn, a mawle of leade, of five foot in lengthe, and a pike, and the fame hanging by his girdle with a hook and a dagger. [Treatise of Martial Discipline, by Ralphe Smithe]
Letteralmente “Un martello piombato lungo un metro e mezzo“. Si trattava di una variante inastata: un mazzapicchio o più probabilmente una lucerna.
Insomma, cominciate a farvi un’idea di come è fatto realmente un martello da guerra? Di sicuro non come l’immagine di copertina di questo articolo, esempio del trash fantasy più becero. Lo so, dovrei smetterla di prendermela con il fantasy. In fondo si tratta solo di un termine tassonomico con il quale viene identificato un determinato genere narrativo. Non è colpa del fantasy se gli autori non si documentano e danno vita a miti assolutamente infondati come sfoderare spadoni dalla schiena oppure katane che affettano la pietra. Forse dovrei prendermela con loro.
Ah, ma già lo faccio.
- Military antiquities respecting a history of the English army, from the conquest to the present, Francis Grose (1801) ↩
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