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2 Marzo 2023

Il patto col Diavolo: le evocazioni demoniache

patto col diavolo

Storia della Magia, episodio 8: le evocazioni demoniache e il patto col diavolo

La capacità magica che meglio rappresenta il mago e la strega medievale è l’evocazione di demoni e, più precisamente, del Diavolo. Può sembrare un’associazione frutto della fantasia contemporanea, ma invece è un aspetto culturale che dall’Anno Mille in poi caratterizza il folclore di tutta Europa.

L’idea di scendere a patti col Diavolo come “scorciatoia” per ottenere determinati vantaggi nacque proprio nel Medioevo, quando le superstizioni ereditate dall’Antichità si mischiarono con gli aspetti economico-commerciali dando vita a uno scambio legalizzato fra creature mortali e creature della sfera soprannaturale.

Esistono ovviamente esempi di evocazioni soprannaturali ancora più antichi, basti pensare ai necromanti e agli psicagogoi dell’antica Grecia, ma la concezione giuridica all’origine del patto col diavolo deriva dagli strumenti contrattuali e dal sistema di diritto medievale, che con arroganza s’impose su tutti gli aspetti della vita quotidiana, compresi quelli religiosi ed esoterici.

Mai a nessuno, prima di allora, era venuto in mente che una divinità, un’entità ultraterrena avesse bisogno di far firmare un pezzo di carta per far valere gli accordi presi con un mortale. Nel Medioevo, invece,  i demoni necessitano di contratti, accordi, scritti oppure orali. Poiché si tratta del riflesso di una nuova mentalità, che alcuni storici definiscono all’origine del capitalismo.

Perché la concezione stessa di organizzarsi, deriva dal tipico modo di pensare di un mondo in cui nacquero e si diffusero comuni, corporazioni, associazioni, ordini, confraternite, contratti, scambi commerciali, lettere, regole, codici, banche, assegni (sì, nel Medioevo, oltre alle banche, si sono inventati pure gli assegni), licenze… tutte cose che in antichità erano meno presenti e, in certi casi, non esistevano proprio. Ed ecco perché, è proprio nel Medioevo che si diffonde l’idea del patto col diavolo.

I sacerdoti che compivano esorcismi erano autorizzati a evocare il Diavolo per liberare gli uomini dalla possessione o per liberarli dalla piaga dell’eresia (come vedremo nei brani tratti dalle cronache in questo stesso articolo). L’evocazione era quindi uno strumento conosciuto e impiegato per scopi religiosi, ma che non doveva in alcun modo essere adoperato per secondi fini, come accadeva ad esempio per le mere richieste materialistiche (ottenimento di denaro e oggetti preziosi)1.

Infatti, i veri protagonisti delle evocazioni demoniache nel Medioevo non sono le streghe, ma individui di sesso maschile, spesso eretici, e ancora più spesso in possesso dei sacramenti: preti, chierici e sacerdoti. Gli uomini di Chiesa sono coloro che più di tutti conoscono la dottrina, la teologia, attraverso la lettura di libri scritti in latino, talvolta persino in greco e in ebraico, e quindi sono in grado di compiere riti di magia nera, o come la chiamavano all’epoca, di negromanzia, dal latino “nigrum”: nero, oscuro.

Alcuni si ingegnano a sconfiggere il demonio così da ricavarne del Bene. Altri vogliono anche prevedere il futuro, e chiedere al diavolo dove possono trovare oro e gemme preziose. [ … ] Ci sono poi alcuni che agiscono contro Dio e si recano di notte presso un crocevia, e chiamano il diavolo che è il re del Male, così come è scritto su di lui.

Pluemen der tugent, di Hans Vintlers (1411)

In questa pittoresca cornice magico-burocratica, agli inizi del XIII secolo, fanno la comparsa racconti a tema “patto col diavolo”, di cui abbiamo un bellissimo esempio nelle opere di Cesario di Heisterbach, priore di un’abbazia cistercense nel cuore della Germania del Sacro Romano Impero. Un uomo di Chiesa e, indovinate un po’, esperto di magia nera.

Un meraviglioso episodio narrato dall’abate di Heisterbach2, vede protagonisti due eretici giunti in una cittadina come poveri mendicanti. I due si crearono una buona reputazione mostrandosi cristiani devoti, frequentando la cattedrale e accettando solo le offerte più misere, senza mai dimostrarsi avidi. Una volta fatto breccia nel cuore della popolazione questi due furfanti misero in atto il loro piano e cominciarono a predicare gli insegnamenti da eretici, aiutandosi però con dimostrazioni magiche non indifferenti.

Ordinarono di cospargere di farina il pavimento e ci camminarono sopra senza lasciare traccia; alla stessa maniera camminarono sull’acqua senza affondare, e infine, fecero incendiare capanne di legno sopra le loro teste, uscendone indenni dopo il crollo.”

Sia il vescovo che il vicario appena vennero a conoscenza dei presunti miracoli, cercarono di spiegare agli abitanti che quei due malfattori erano eretici e servi del diavolo, ma il popolo si adirò così tanto che i due sant’uomini furono costretti a scappare per non essere linciati. Considerato che a parole non era possibile convincerli, il vescovo ebbe la geniale idea di mandare a chiamare un prete esperto di negromanzia, pregandolo di usare la sua arte per interrogare il diavolo al fine di scoprire l’identità dei due eretici e la natura dei loro poteri. Insomma, per batterli al loro stesso gioco il vescovo ordinò un rituale di evocazione demoniaca: voleva scendere a patti col diavolo.

“Il prete negromante disse: “Signore, ho rinunciato a tutti quelle arti per lungo tempo”; ma il vescovo rispose: (…) “Se acconsenti a fare questo per me ti assolverò da ogni peccato”.

Insomma, il negromante non voleva evocare il diavolo, poiché aveva smesso di farlo da molto tempo. Ma il vescovo, dal canto suo, non aveva alcuna intenzione di lasciare che quei due eretici continuassero ad arringare la folla condannando il suo gregge all’inferno. Dunque, era disposto a scendere a patti col nemico, il grande ingannatore, pur di raggiungere il suo scopo. Disse al prete che lo avrebbe assolto dopo l’evocazione, e di fatto lo costrinse a imbastire un rituale (di cui non ci vengono descritte le caratteristiche).

Adesso le cose si fanno divertenti. Il prete negromante evocò il Diavolo e per prima cosa si disse dispiaciuto d’averlo abbandonato negli ultimi anni. Quindi si dichiarò suo servo, rinnovando la lealtà al maligno. Poi lo pregò di spiegargli chi fossero quegli uomini.

Il diavolo rispose: “Loro sono i miei servi e sono stati inviati da me”.
Ma com’è che possibile che non possono essere feriti? Né annegati nell’acqua, né bruciati dal fuoco?”
Il diavolo rispose: “Il contratto attraverso il quale sono diventati miei vassalli è stato cucito sotto le loro ascelle, fin sotto la pelle; ed è per questo incanto che compiono miracoli, e sono immuni da ogni danno fisico”.
“Cosa succederebbe se questi contratti venissero loro tolti?”
E il diavolo rispose: “In tal caso diventerebbero deboli come gli altri uomini.”

Il prete negromante ringraziò il diavolo, rassicurandolo sul fatto che l’avrebbe contattato di nuovo in caso di bisogno. Amicissimi, ormai.

Scoperto questo, il vescovo organizzò una nuova dimostrazione miracolosa, davanti al popolo. Nel caso in cui i due sedicenti santoni avessero fallito nel ripetere i miracoli, sarebbero stati subito processati e condannati. I rappresentanti del popolo si dissero d’accordo, nessuno sospettava che il vescovo volesse perquisire i due malfattori e strappar loro di dosso (letteralmente) le stregonerie.

Gli eretici, furono convocati alla presenza del vescovo. I soldati li perquisirono, alzando loro le braccia e scoprendo le cicatrici nascoste. Per poi aprirle con i coltelli, estraendo i contratti che erano stati cuciti nei loro corpi dal Diavolo. Il vescovo poi li trascinò davanti al popolo, e davanti al gran fuoco che era stato acceso per la dimostrazione miracolosa. I due malfattori presi dal terrore si rifiutarono di farlo. La folla scoprì di essere ingannata e gettò i servi del diavolo nel fuoco, estinguendo così l’eresia dalla città.

Prodigi soprannaturali, patti col diavolo concretizzati attraverso stregonerie cucite sotto la pelle, indagini ecclesiastiche, eresia e rogo. Vi ricordano qualcosa tutti questi elementi? A partire dal XIII secolo, cominciarono a concretizzarsi gli aspetti che poi sarebbero stati inglobati proprio dalla figura della strega, in quegli spietati quanto sporadici fenomeni che rispondono al nome di caccia alle streghe, che tanto appassionano e fanno discutere, ma che portano con sé una gran quantità di inesattezze e rivisitazioni storiche. Un argomento vastissimo, perché abbraccia la storia dell’intero Occidente attraverso svariati secoli, su cui torneremo in un episodio dedicato.

Questo racconto, inoltre, nasconde una particolarità: il vescovo e il prete negromante hanno evocato il Diavolo per ottenere delle informazioni, e ci hanno pure parlato, il tutto nella naturalezza più completa. Come protagonisti di un thriller che si trovano a collaborare con un terribile criminale per portare a termine l’indagine e perseguire il bene superiore: il fine giustifica i mezzi, è il caso di dire.

Il secondo episodio narrato dall’abate di Heisterbach3 che voglio raccontare, ha come protagonista uno scettico cavaliere, che ritenendo i demoni frutto di superstizione e ingenuità popolare, chiamò un prete negromante di nome Filippo per chiedergli di evocare un demone davanti ai suoi occhi, per capire se fosse davvero possibile scendere a patti col Diavolo. La particolarità di questo episodio sta nella descrizione del rituale di evocazione, che corrisponde più o meno a quella della cultura fantastica contemporanea.

Il prete negromante prima di accontentare il cavaliere lo avvertì che i demoni sono orribili e pericolosi da guardare, e che avrebbe dovuto giurare che nessun suo parente sarebbe andato a cercare il prete per vendicarsi, nel caso fosse andato storto qualcosa. Il cavaliere era ormai troppo curioso per tirarsi indietro e dette la sua parola. Il rituale ebbe inizio.

A mezzogiorno, quando il potere demoniaco è al suo massimo, Filippo condusse il cavaliere a un bivio, gli disegnò un cerchio tutto attorno con una spada, e gli spiegò la legge del cerchio nel cerchio: “Se metti una qualsiasi delle tue membra fuori da questo cerchio, morirai, perché sarai trascinato via dai demoni e sbranato”.

Proprio come il cerchio di protezione dal male del gioco di ruolo Dungeons and Dragons e gli infiniti cerchi e circoli magici delle opere fantasy a tema “patti col diavolo”, in questa cronaca venne tracciata la figura geometrica più esoterica di tutte con una spada, direttamente sul terreno, in un bivio, o crocicchio, quando a mezzogiorno il potere demoniaco è più forte (o almeno, così dice l’abate di Heisterbach, strano, vero?). Il cavaliere si ritrovò al centro del rituale e gli venne spiegato molto chiaramente di non abbandonare mai il cerchio durante l’evocazione.

“Lo avvertì ulteriormente che qualunque cosa gli avessero chiesto non avrebbe dovuto dar loro nulla, e non promettere loro nulla, e che non avrebbe dovuto farsi neppure il segno della croce; e aggiunse: “I demoni ti tenteranno e ti spaventeranno in molti modi, ma non potranno farti del male se segui la accuratamente le mie istruzioni”

Il prete negromante lo avverte anche di una cosa curiosa, che a noi potrebbe sembrar strana: il cavaliere non avrebbe dovuto farsi il segno della croce all’interno del cerchio. E’ probabile che durante un atto così blasfemo, palesemente contrario alla dottrina cristiana, sia sconsigliabile di introdurvi un elemento sacro che avrebbe potuto rompere il cerchio stesso. Ma si tratta di una mia supposizione, di cui non sono sicuro al cento per cento. Dopotutto non mi capita tutti i giorni di scendere a patti col diavolo.

Rimasto solo, all’interno del cerchio, il cavaliere cominciò a essere spettatore di eventi soprannaturali: dapprima vide arrivare fiumi d’acqua, poi udì il grugnito di porco, l’ululato del vento, e molti altri suoni fantasma, con cui i demoni cercavano di terrorizzarlo. Fino a culminare nell’arrivo del diavolo in persona: un uomo gigantesco, nerissimo, vestito di nero, e così orribile che il cavaliere non poteva guardarlo.

“Era un uomo gigantesco, enormissimo e nerissimo, vestito di nero, e così orribile che il cavaliere non poteva guardarlo; ma gli rispose comunque: “Hai fatto bene a venire, perché volevo vederti.”
“Per cosa?” ha chiesto,
“Perché io ho sentito tanto parlare di te”.
Il diavolo chiese cosa aveva sentito dire su di lui, e il cavaliere rispose: “Poco bene e molto male”.
Al che il diavolo disse: “Gli uomini spesso mi giudicano e mi condannano senza giusta causa; io ho non ho fatto del male a nessuno, non attacco mai nessuno se non provocato. Tuo Maestro Filippo è un mio buon amico, ed io un suo; Chiedi lui se mai l’ho offeso. (…); è stato per la sua evocazione che son qui da te adesso.
Poi il cavaliere: “Dov’eri quando ti ha chiamato?
Il demone rispose: “Tanto lontano nel mare quanto il mare è lontano da qua; e quindi penso sia giusto che tu dovresti darmi una ricompensa per il mio disturbo”.

Quando il cavaliere gli chiese cosa desiderasse, lui rispose: “Dammi il tuo mantello”. Il cavaliere disse che non gliel’avrebbe dato; allora chiese la sua cintura, e poi una pecora del suo gregge. Trovando un rifiuto a tutte le sue richieste, infine chiese il gallo che era nel suo cortile. Allora il cavaliere disse: “Perché, a che ti servirebbe?” e il demonio rispose; “Canterà per me”. “Ma come lo prenderesti?” “Non devi preoccuparti; tutto ciò che chiedo è che tu me lo dia”. Allora il cavaliere disse: “Non ti darò un bel niente; ” e continuò: “Dimmi, da dove prendi tutta la tua conoscenza?”

La conversazione fra il cavaliere e il diavolo proseguì con educazione, tant’è che il diavolo si giustificò pure per quello che gli uomini pensano di lui “mi giudicano e condannano senza giusta causa, io non ho fatto del male a nessuno e non attacco mai nessuno se non provocato“. Sembra quasi convincente. Finché non chiede una ricompensa per essere stato evocato.

Il cavaliere stava bene attento a non accettare alcuna richiesta per non scendere inavvertitamente a patti col diavolo. Ma prima di congedarsi espresse un’ultima domanda di pura sincerità. Da dove prende tutta la sua conoscenza il diavolo? La risposta è forse la più interessante fra le trattazioni teologiche medievali, poiché il diavolo afferma che “nessun male perpetrato nel mondo gli è nascosto”, e per provarlo elenca al cavaliere tutti i segreti, i peccati e le malvagità della sua vita. Cose che l’autore della cronaca non riporta per iscritto, ma che il cavaliere riconobbe per vere.

Per qualche tempo il diavolo ha continuato a fare ogni tipo di richiesta, ma incontrava solo rifiuti; alla fine tese il braccio verso il cavaliere con l’intenzione di trascinarlo fuori e portarlo via, e lo spaventò così tanto che il cavaliere cadde all’indietro e gridò. Ascoltato il grido Filippo tornò subito, e alla sua venuta il fantasma scomparve.

Il Diavolo continuò a perseguitarlo di richieste, finché vedendo che non riusciva a strappare alcun patto, tese il braccio verso il cavaliere con l’intenzione di trascinarlo via. Il cavaliere, protetto dal cerchio, cadde all’indietro. E il Diavolo scomparve.

Da quel momento in poi il cavaliere divenne mortalmente pallido, e non riguadagnò mai più il suo stato di salute originario; visse con molta attenzione e non ebbe più dubbi sull’esistenza dei demoni. Morì poco tempo dopo.

Da quel momento in poi il cavaliere divenne mortalmente pallido, e non riguadagnò mai più il suo stato di salute originario; visse con molta attenzione e non ebbe più dubbi sull’esistenza dei demoni. Morì poco tempo dopo.

La conclusione di questo racconto, vero e proprio exempla dottrinale, suggerisce di non mischiare mai i dettami cristiani con la magia nera, poiché le conseguenze possono essere terribili. Tuttavia, il legame tra Bibbia e stregoneria in epoca medievale era più forte di quanto si potrebbe pensare, a partire dalla magia, e dalle formule magiche.

Di bibbia e formule magiche, però, ne parlerò nel prossimo episodio.

  1. Christa Tuczay, Esorcismo e magia nel Medioevo, pag 78
  2. Cesario di Heisterbach, Dialogus magnus visionum et miraculorum, Sui Demoni, Capitolo XVIII
  3. Cesario di Heisterbach, Dialogus magnus visionum et miraculorum, Sui Demoni, Capitolo II.
Lorenzo Manara
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