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13 Settembre 2023

Il codice dei pirati di Bartholomew Roberts

codice dei pirati

Il vero codice dei pirati scritto da Black Bart, alias, capitano Bartholomew Roberts: alle origini del mito piratesco

La storia è piena di episodi avventurosi, e l’epoca che rievoca più di ogni altra l’idea, il concetto stesso di avventura, è probabilmente la cosiddetta “età d’oro della pirateria”, collocata tra la fine del 1600 e il primo ventennio del 1700. L’ambientazione di riferimento è ovviamente il mar dei Caraibi, che a cominciare dal romanzo “L’isola del tesoro” fino alla moderna saga Disney dei “Pirati dei Caraibi”, ha fatto sognare generazioni di ragazzi e ragazze.

Battaglie navali, tesori sepolti, mappe, pappagalli scurrili, uncini e bende sugli occhi: gli elementi iconici di questo genere narrativo sono molti, alcuni storicamente attendibili, altri un po’ meno, ma quello che voglio raccontare oggi è il più interessante, poiché riguarda la vita quotidiana di quei vecchi topi di sentina: mi riferisco al leggendario codice dei pirati.

Il codice dei pirati è molto presente nell’immaginario collettivo quando si pensa agli spietati filibustieri e alla loro vita dissoluta tra le onde dei sette mari, in cerca di ricchezza, fama e potere. Ma non si tratta di un’invenzione cinematografica, poiché a tal proposito esistono alcune testimonianze storiche: la più importante proviene probabilmente dal libro “Storia generale dei pirati”, pubblicato nel 1724, a Londra, scritto dal capitano Charles Johnson, la cui identità è tutt’oggi sconosciuta. C’è chi dice che, vista la mole d’informazioni contenute nel testo, l’autore stesso fosse un pirata in pensione, e che quelle pagine fossero il suo memoire, prima del trapasso.

Il libro racconta le vite, e soprattutto le imprese, dei pirati più celebri dell’età d’oro: William Kidd, Steed Bonnet, Anne Bonny, Edward Teach, ovvero Barbanera, di cui ho già raccontato la gloriosa fine in un episodio di Leggende Affilate, e poi Bartholomew Roberts, detto Black Bart, anche lui protagonista di un episodio di Leggende Affilate (che consiglio di recuperare assieme a quello di Barbanera); Black Bart che oggi ci accompagnerà tra le leggi e i regolamenti sul ponte di una nave pirata, alla scoperta del codice dei pirati.

Dopo aver subito un ammutinamento da parte di un membro dell’equipaggio, il pirata Walter Kennedy, il quale fuggì con la nave e gran parte del bottino, il capitano Bartholomew Roberts rimase con un solo sloop, una piccola nave dotata di ben pochi cannoni, ma veloce e dal basso pescaggio, al comando di uno sparuto gruppo di fedelissimi. Ed è proprio a quel punto, che Roberts decise di scrivere una serie di articoli da far firmare a ciascun membro dell’equipaggio: un vero e proprio codice dei pirati, in 10 punti. Pensando così di non rimanere mai più fregato.

Andiamo quindi a scoprire questo codice, punto per punto.

“1 Ogni uomo ha diritto di voto nelle questioni importanti; ha uguale titolo sulle provviste fresche, o sui liquori forti, in qualsiasi momento sequestrati, e li usa a piacimento, a meno che una scarsità renda necessario, per il bene di tutti, votare un ridimensionamento.”

Al primo posto non si poteva parlare che di equità tra i membri della ciurma e, dunque, di beveraggi: i pirati hanno sete, soprattutto di “liquori forti” come vengono definiti. Sembra un cliché da romanzo, e invece è un aspetto già noto nell’età d’oro della pirateria. Black Bart mise nero su bianco il fatto che tutti i membri della ciurma avrebbero avuto diritto di voto ma, soprattutto, che avrebbero potuto usare a piacimento le scorte di alcol, sempre che non ci fosse stata una scarsità (cosa non insolita, aggiunge il capitano Johnson, l’autore del libro).

“2 Ogni uomo deve essere chiamato equamente a turno, a bordo, durante la spartizione del bottino: ma se venisse rubato qualcosa, anche solo per il valore di un dollaro, in piatti, gioielli o denaro, la punizione per il misfatto è l’abbandono. Se, invece, gli uomini si rapinano tra loro, la punizione sarà il taglio delle orecchie o il naso del colpevole, per poi metterlo sulla riva, non in un luogo disabitato, ma da qualche parte, dove sicuramente incontrerebbe delle difficoltà.”

Al secondo punto del codice dei pirati si parla di spartizione del bottino. Ciascun pirata veniva chiamato per dichiarare quel che aveva preso e ricevere la sua giusta quota, ma se si fosse scoperto che aveva derubato anche solo un dollaro dal bottino, che era di tutti, e andava spartito equamente, sarebbe stato abbandonato a terra, in qualche promontorio o isola deserta, con una pistola, qualche colpo, una bottiglia d’acqua, e una bottiglia di polvere nera, per sopravvivere o morire di fame. Se, invece, qualcuno avesse derubato un singolo membro dell’equipaggio (e non la collettività), allora la punizione sarebbe stata un tantino più clemente, ma comunque spietata.

“3 Nessuno giochi a carte o a dadi per denaro.”

Questo, per evitare eventuali e probabili liti. Il capitano Bartholomew Roberts voleva prevenire qualsiasi genere di conflitto. E navigare il più tranquillamente possibile.

“4 Le luci e le candele devono essere spente alle otto di sera: se qualcuno dell’equipaggio, dopo quell’ora, ha ancora voglia di bere, deve farlo sul ponte di coperta;

Questa è una regola che Roberts scrisse per porre un freno alle dissolutezze dei pirati, eliminando le fonti di luce che avrebbero permesso loro di sbronzarsi tutta la notte. Ma secondo il capitano Johnson, si trattò di una misura inutile. Perché i pirati bevevano forte, e lo facevano pure al buio, sotto le stelle.

“5 Mantenere puliti il pezzo, le pistole e il coltellaccio, e pronti per essere usati.”

Fondamentale che un pirata fosse sempre pronto all’azione, poiché fuorilegge, spesso impegnato in azioni che si protraevano nell’arco della giornata, e pure di notte. Con così pochi momenti di tregua, le armi dovevano essere sempre pulite e funzionanti. E i pirati, ci dice il capitano Johnson, rispettavano molto questo punto, dimostrandosi estremamente diligenti. Oltre al fatto che ci tenevano così tanto alle armi, e alcuni di loro anche ai vestiti, che tentavano di superare i propri compagni in ricchezza e stravaganza.

“6 Nessun ragazzo o donna sia ammesso tra loro. Se un uomo viene trovato mentre seduce qualcuno di quest’ultimo sesso, dopo averlo portato in mare, anche travestito, sarà condannato a morte.

Come nel caso del gioco d’azzardo, al punto numero 3, anche i ragazzi giovanissimi e le donne avrebbero potuto seminare discordia nell’equipaggio che, ricordiamolo, era composto da uomini, criminali, segregati in mare per chissà quanti giorni, e quindi inclini a riversare le loro pulsioni contro gli innocenti, senza alcun freno. Il capitano Johnson racconta che, a tal proposito, quando i pirati catturavano delle donne, eleggevano immediatamente un guardiano per controllare le prigioniere a vista e prevenire sanguinosi litigi, ma, in ogni caso, capitava spesso che il litigio ci fosse comunque per stabilire chi fosse il guardiano: ovvero colui che, di fatto, avrebbe speso più tempo con la sventurata capitata in mano a questi criminali. Un guardiano che avrebbe impedito a tutti gli altri di fare quello che, nella realtà dei fatti, avrebbe fatto lui soltanto.

“7 Abbandonare la nave, o i propri alloggi in battaglia, è punito con la morte, o con l’abbandono.”

Il codice dei pirati non ammette codardi.

“8 A bordo non ci si colpisce l’un l’altro, ma le liti di ciascuno devono finire a terra, con la spada e con la pistola, così; se entrambi mancano, si scontreranno con loro sciabole, e poi sarà dichiarato vincitore colui che verserà il primo sangue.”

Niente litigi sulla nave, ormai Bartholomew Roberts, questo, lo ha ribadito più volte in più punti, a causa della sua stessa esperienza personale. Certe faccende, però, non possono essere risolte se non con un bel duello, è inevitabile. E quindi, in questo caso, i filibustieri avrebbero potuto risolvere le loro questioni fuoribordo. Il quartiermastro, li avrebbe accompagnati a terra, armati di spada e pistola, e avrebbe voltato i contendenti schiena contro schiena, ad alcuni passi di distanza concordati assieme: alla parola di comando, i due sfidanti si sarebbero girati e avrebbero fatto fuoco. Questa modalità di duello, oggi divenuta un cliché tanto radicato da essere il più diffuso anche nei cartoni animati, risale a questa pubblicazione settecentesca. (quante volte abbiamo visto Bugs Bunny eseguire lo stesso tipo di duello, schiena contro schiena, con Yosemite Sam?) 

“9 Nessun uomo parli di smettere questo stile di vita, finché ciascuno non abbia condiviso 1000 pezzi da otto. Se, in virtù di ciò, un uomo avesse perso un arto o fosse diventato storpio durante il servizio, avrebbe avuto diritto a 800 pezzi da otto dal bottino comune e per ferite minori, in proporzione.”

Questo articolo definisce una sorta di sistema d’assicurazione sanitaria piratesca. Perché se un pirata fosse rimasto menomato o storpio dopo aver condiviso almeno 1000 pezzi da otto, e quindi dopo aver trascorso un determinato periodo di tempo sulla nave, partecipando a svariati assalti, e quindi contribuendo a razziare questa determinata cifra (l’equivalente dei contributi che versiamo oggi all’INPS?), allora avrebbe potuto ricevere 800 pezzi da otto dal bottino comune e, presumibilmente, il permesso ad andar via. Spietati, sì, ma con un certo senso dell’onore verso i propri compagni, ogni tanto, in certe occasioni, se se lo meritavano.

“10 Il capitano e il quartiermastro riceveranno due quote del premio; il comandante, il nostromo e l’artigliere, una quota e mezza, e gli altri ufficiali, una quota e un quarto.”

Il codice dei pirati stabilisce che tutti i membri dell’equipaggio sono uguali, hanno diritto di voto e diritto a ricevere una quota del premio. Però, le cariche più importanti, ricevono qualcosina in più. Il capitano e il quartiermastro, ad esempio, guadagnano il doppio.

Questi sono i dieci articoli del codice piratesco di Bartholomew Roberts. In un’edizione successiva del libro del capitano Charles Johnson, Storia generale dei pirati, viene aggiunto un undicesimo articolo riguardante i musicisti di bordo, ovvero coloro che erano preposti a dirigere i canti che i pirati eseguivano durante i compiti più duri, o ripetitivi.

11 I musicisti avranno diritto di riposarsi il giorno del sabato, ma negli altri sei giorni e notti, si riposeranno solo se concordato

Perché le canzoni, a quanto pare, servivano sempre.

Il capitano Johnson ci rassicura sul fatto che questi articoli fossero gli originali redatti da Roberts, ma ci informa anche che le copie cartacee firmate furono gettate a mare, sospettando quindi che ci fossero altri articoli ben più orribili, oltre a questi 11, tanto da essere taciuti e distrutti.

Nel caso di controversie riguardo l’interpretazione degli articoli, sarebbe stata eletta una giuria piratesca, per deliberare caso per caso. Per i reati più piccoli, invece, non previsti dagli articoli e non abbastanza importanti da essere affidati a una giuria, ci si affidava al quartiermastro, il quale aveva ogni autorità per deliberare sentenze e condanne. Se qualcuno si fosse dimostrato disubbidiente, o litigioso o ribelle, o se avesse abusato dei prigionieri o, peggio ancora, se avesse trascurato le armi in una maniera non prevista dal rispettivo articolo, allora il quartiermastro avrebbe proceduto con la punizione: percosse e frustate.

Il quartiermastro è una figura importantissima, in certi casi ancor più del capitano stesso. Era lui che si occupava di amministrare il bottino, separando le parti che, a sua discrezione, sarebbero servite all’intero equipaggio, e quelle che invece potevano essere spartite individualmente. Oltre a trattenere gli effetti personali di ciascun pirata a insindacabile giudizio. Il capitano Johnson lo definisce una sorta di “magistrato civile” a bordo di una nave pirata. Mentre il capitano è più un ufficiale militare. I suoi privilegi, infatti, oltre a un bottino più consistente, riguardavano l’uso di una grande cabina (la cabina del capitano) la quale, però, poteva essere percorsa da qualunque membro dell’equipaggio. Ogni pirata, infatti, poteva entrare nel suo appartamento per bere i suoi alcolici, o imprecargli contro. Gli screzi dovevano essere all’ordine del giorno. Le regole, quindi, non prevedevano un trattamento di riguardo nei confronti del capitano: i pirati sono tutti uguali, e il capitano era tale perché gli altri glielo avevano permesso: e, così come lo avevano eletto, potevano benissimo destituirlo.

Solo i capitani migliori, più capaci e carismatici potevano godere del rispetto di quel branco di cani rabbiosi. Infatti, Roberts, gallese, che ci teneva moltissimo alle sue porcellane per il tè, bevanda che beveva in gran quantità ogni giorno, non veniva mai disturbato sotto questo aspetto. Si dice che i pirati lo lasciassero bere in pace, nella sua cabina.

Se questo episodio ti ha appassionato, seguimi, e condividilo con gli amici e le amiche che ti sembrano più sanguinarie, per far conoscere loro le leggi di quei filibustieri del passato che tra cannonate, arrembaggi e sciabolate avevano pure il tempo di bersi una bella tazzina di tè. Alla prossima.

Lorenzo Manara
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