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27 Settembre 2025

Sepolto Vivo col Draugr: l’Antico Zombie Vichingo

draugr

La tragica storia di Asmund e Aswid, e del terrificante Draugr: lo zombie medievale di stampo vichingo

Siamo in piena epoca vichinga, tra l’VIII e l’XI secolo. Un contingente di soldati svedesi marcia attraverso le brughiere di Norvegia, nel corso di una guerra che vede coinvolti leggendari re dei paesi scandinavi, grandi guerrieri, ed eroi. Questi soldati però, non sono niente di tutto questo. Fondamentalmente sono disperati. Hanno bisogno di risorse per continuare la guerra. E quando si imbattono in un grandioso tumulo nelle terre selvagge, si sfregano le mani.

Un tumulo è un’antica collinetta artificiale di terra o pietre, al cui interno si nasconde una tomba. Veniva edificato durante l’età del bronzo o l’epoca vichinga, e poteva essere anche di grandi dimensioni, con camere sotterranee ampie dove si nascondevano grandi quantità di oggetti, ovviamente preziosi. Perché i grandi tumuli si costruivano per il riposo eterno di individui importanti, come re o guerrieri leggendari. Armi, gioielli e anche carri o persino intere navi! A Oseberg, in Norvegia, a inizio Novecento fu scoperto un tumulo che celava una nave vichinga, intera.

Capiamo, quindi, l’euforia della soldataglia svedese che nel corso di una logorante guerra si trova davanti a un tumulo che significa una cosa sola per dei masnadieri senza scrupoli: un grande tesoro. I soldati cominciano a rompere il tumulo a colpi di vanga e piccone, e aprono un passaggio: un cunicolo stretto e buio, che dà su una caverna più profonda di quanto immaginassero.

A questo punto, serve un volontario. Qualcuno che si cali giù con una fune per andare a vedere. E magari portar fuori i pezzi di tesoro più piccoli. Una missione di esplorazione. Uno dei giovani soldati, tra i più agili, viene scelto per il compito. I compagni lo legano con una fune e lo calano giù, di sotto, nella tomba. E dopo che scompare di sotto, nel silenzio più completo, attendono. Dopo poco tempo, la fune viene strattonata: il segnale che il giovane vuole essere tirato su, di nuovo.

I compagni tirano la fune, ansiosi di vedere quali meraviglie ha riportato il loro giovane compagno. Ma quel che tirano su, non assomiglia affatto al povero e agile giovane. Dalla tomba emerge un uomo sporco di terra e sudiciume, con la guancia strappata, l’orecchio sinistro mozzato, e cicatrici vive su tutto il corpo da cui grondano rivoli di sangue.

I soldati, terrorizzati da questa visione spettrale, fuggono. Perché sanno bene di aver scoperchiato il tumulo sbagliato. Quello uscito da sottoterra era chiaramente un Draugr, ovvero un non-morto della mitologia scandinava: un ritornato, un cadavere risorto che infesta i tumuli (che aveva di sicuro divorato il giovane agile mandato giù con la fune). Lo avevano liberato, e costui avrebbe dilaniato le terre circostanti alla ricerca di vittime da ammazzare per sfamare la propria diabolica fame.

Tutto questo che vi ho raccontato non è l’episodio di una serie su Netflix. Nemmeno il brano di un mio romanzo storico fantasy. Questa meravigliosa storia medievale proviene dalle Gesta Danorum (Storia dei Danesi)1, un’opera in latino del XII secolo scritta dal cronista Saxo Grammaticus, che fonde mitologia norrena, saghe eroiche e storia dei re nordici. Una vicenda che oggi definiremmo fantasy, perché è l’origine della nostra cultura pop, di romanzi, film, videogiochi. Ed è anche molto ben scritta, perché piena di mistero e molto avvincente. L’atmosfera da thriller “archeologico” con tanto di orrida scoperta ci fa subito pensare alle maledizioni dell’Antico Egitto, e alle storie affascinanti che ci si possono costruire attorno (vedi Indiana Jones).

Soprattutto per quanto riguarda il protagonista di questo brano d’epoca vichinga, il Draugr. Che nonostante come nome sia poco conosciuto qua in Italia, di “mostri” come questo ne conosciamo un’infinità. Ad esempio, lo zombie. il Draugr può essere accomunato a figure simili del folclore, perché rappresenta un archetipo universale di redivivo, di “morto ritornato”. Per questa sua natura è simile ai vampiri del folclore slavo, o ad alcuni spiriti maligni che disturbano i vivi in varie tradizioni europee e asiatiche. Insomma, più o meno dappertutto, nella storia umana, si ha paura che i morti possano ritornare. C’è chi li chiama con un nome, chi con un altro, con qualche differenza. Ma la zuppa è quella.

La storia del draugr fuoriuscito dal tumulo vichingo che terrorizzò i soldati tombaroli non è mica finita qui. C’è dell’altro, anzi, molto altro. A cominciare dal grandioso colpo di scena narrativo che ribalta tutto quanto. Perché non appena quest’uomo coperto di sangue uscì da sottoterra e tutti i soldati iniziarono a fuggire nel terrore più completo, quest’ultimo li richiamò. Fermi! Non sono mica morto!

Il sospetto Draugr iniziò a rincorrerli, dicendo loro che si stavano sbagliando. Che non dovevano spaventarsi perché lui era ancora vivo. E a sentire queste parole, i soldati si calmarono, incuriositi. Perché non si era mai sentito di un Draugr che si comportasse così. Gli si avvicinarono e gli chiesero chi fosse. Costui era Asmund, figlio di un leggendario sovrano di un regno nordico oggi perduto. Ed era più che vivo, anche se conciato parecchio male. Ma che ci facevi sepolto nel tumulo? Chi ti ha ridotto così? E dov’è il nostro agile e giovane compagno che abbiamo mandato giù?

A tutte queste domande Asmund avrebbe risposto narrando la sua storia. E cominciò, dunque, a raccontare.

In un perduto regno della Norvegia, c’era un sovrano di nome Alf. Costui aveva un figlio, Asmund. Il nostro sospetto Draugr. Un giorno Asmund uscì per una battuta di caccia, ma la sorte non era dalla sua parte. Mentre si preparava a braccare la preda, con i cani e con le reti, calò una fitta nebbia. Una nebbia così densa che lo separò dai suoi compagni, lasciandolo solo in terre desolate e su crinali spogli. Asmund vagò per molto tempo. Perse il cavallo e i suoi abiti, costretto a nutrirsi di funghi e radici, camminando senza meta in quella che era una vera odissea solitaria.

Alla fine, il destino lo portò alla dimora di re Biorn. Qui, Asmund fu accolto e incontrò Aswid, il figlio del re. Nonostante provenissero da mondi diversi, tra i due giovani nacque immediatamente un legame fortissimo. Trascorse molto tempo, e la loro amicizia divenne così profonda, così rara, che presto decisero di suggellarla con un giuramento solenne.

E non era un semplice giuramento. Fecero un voto terribile: chiunque dei due fosse sopravvissuto, si sarebbe fatto seppellire vivo insieme all’amico morto. Entrambi erano convinti che la vita non meritasse di essere prolungata se l’altro fosse stato strappato via dalla morte.

Soffermiamoci brevemente su questo punto. Ora, con la nostra sensibilità moderna, potremmo essere portati a credere che si trattasse di amore in senso letterale. Che i due guerrieri fossero amanti. Sono sicuro che molti di voi lo abbiano subito pensato. Nel contesto storico-letterario delle saghe e dei romanzi epici ci sono vari esempi di legami tra uomini con tanto di patti e giuramenti vari. E questo di Asmund e Aswid è forse il più estremo di tutti, che anticipa una fine pure peggiore di Romeo e Giulietta. Ma in verità queste relazioni vengono sempre descritte sulla base di valori marziali, legati alla guerra. Si tratta di una fratellanza di sangue, di guerrieri che decidono di legarsi l’un l’altro nella vita e nella morte. Quindi il legame amoroso non viene mai neppure menzionato in questo genere di storie.

D’altro canto, c’è da dire che non lo si poteva neppure fare. Non si poteva descrivere positivamente relazioni amorose tra uomini. Non era visto bene, sia da parte della cultura nordica, che dalla cultura cristiana, che si stava diffondendo in tutto l’Occidente. E allora? Chi erano Asmund e Aswid?

Potevano essere entrambe le cose. Potevano essere guerrieri legati da fratellanza di sangue, oppure davvero degli amanti, che tramite estremo giuramento si sono condannati a un’orribile fine. Perché fecero una brutta fine, tutti e due. Quale? Lo racconta Asmund, proseguendo con la storia.

Il valoroso Aswid fu stroncato da una misteriosa malattia e morì. Secondo le antiche usanze, la sua salma venne tumulata in una caverna sottoterra. E non era solo. Con lui furono posti i suoi beni più preziosi compresi il cavallo e il cane. E pure suo fratello di sangue.

Il suo inseparabile compagno, l’amico giurato Asmund, si trovò ad onorare la promessa: farsi seppellire vivo con Aswid. Entrò volontariamente in quel buio sepolcro, accanto al corpo del suo amico, e fu sigillato dentro. Per permettergli di sopravvivere, almeno per un po’, gli misero delle provviste di cibo. Si trattava di una riserva limitata, un’ultima speranza prima che anche lui si arrendesse all’oscurità eterna, unendosi per sempre al suo compagno. 

A questo punto del racconto, i soldati che avevano scoperchiato il tumulo, davanti a questo principe norreno tutto insanguinato, si fecero silenziosi, catturati dalla tragica storia (e dall’aspetto di colui che avevano creduto un Draugr). E Asmund chiese loro perché fossero così sbigottiti. “Perché mi guardate così, io che sono senza colore? Ogni uomo vivo sbiadisce quando si trova in mezzo ai morti.” Intendeva dire che era diventato pallido, ovvero senza colore, per un motivo: perché aveva subito un tormento, un’agonia. Non solo per la situazione disperata, ma anche perché successe qualcosa di ancor più terribile.

Il potere del mondo sotterraneo, dell’Oltretomba, riportò in vita Aswid, trasformandolo in una creatura famelica. Forse oscure trasformarono il suo fratello di sangue in un Draugr. Ecco il secondo grande colpo di scena di questa storia: il vero draugr, spirito vendicativo e risorto, non era Asmund, ma il suo compagno, colui che aveva seguito sottoterra per amore, e che ora si trovava a dover combattere per sopravvivere.

Aswid si rianimò, mosso da una malvagità senza pari, e Asmund era lì sotto, chiuso con lui nel tumulo. La Tomba divenne il luogo di una battaglia infernale e claustrofobica. Immaginate questo tumulo che doveva essere molto grande, magari con varie camere e corridoi. Immaginate il porto che risorge e che vaga famelico nell’oscurità. Immaginate Asmund, vivo, che assiste a tutto questo, in trappola, e che deve cercare in qualche modo di sopravvivere. Sfido a trovare un film di zombie che così angosciante. Questa situazione è pure più angosciante del primo Alien, quando l’equipaggio è chiuso nell’astronave con l’alieno divoratore.

Aswid il draugr era libero, malvagio, privo di senno. Prima di tutto divorò il cavallo che era stato sepolto nel tumulo. Poi si mangiò il cane. E, infine, si rivolse al suo compagno, Asmund. Il Draugr sferrò attacchi coi suoi artigli veloci, strappando una guancia e portando via un orecchio al compagno ancora in vita, che lottava per sopravvivere contro colui che aveva amato in vita.

Nell’oscurità perenne della caverna, nel tumulo sotto terra, Asmund venne sfregiato. Quell’orribile battaglia rovinò la grazia del suo viso, prosciugò la sua gioia, e tutto ciò che di bello gli era rimasto nell’animo. Ma Asmund, anche nell’oscurità più profonda, era rimasto un guerriero, un eroe.

Nel tumulo ricco di oggetti e, soprattutto, armi, Asmund impugnò il suo acciaio e combatté contro il Draugr. Si difese nel buio e sferrò colpi micidiali, finché con una poderosa spadata, non colse il mostro al collo, mozzandogli di netto la testa. Il draugr stramazzò al suolo. Ma la minaccia poteva non essere conclusa, perché l’oscurità dell’Oltretomba era in grado di tirar fuori orrori inimmaginabili. I draugr erano quasi invincibili. E Asmund, per star tranquillo, decise di sconfiggere definitivamente l’avversario. Come? Be’, tradizionalmente, dopo la testa mozzata, di solito nelle tradizioni di lotta contro i redivivi, si procede con il rogo. Ma in questo caso siamo sottoterra. Asmund, non potendo allestire una pira, decise di piantare un bel palo nella terra e impalare il draugr. Così non sarebbe mai più ritornato.

Questa è la tragica storia di Asmund, principe norreno che si ergeva tra i soldati tombaroli senza guancia e con l’orecchio mozzato, coperto di sangue per la sua lotta sotterranea col più terribile dei mostri della mitologia nordica. E, per giunta, suo ex fratello di sangue, e probabile amante.

I soldati, comprensibilmente, lo guardavano in silenzio, sgomenti. E Asmund, di nuovo, chiese loro. “Perché mi guardate così, io che sono senza colore? Lo sapete, ogni uomo vivo sbiadisce tra i morti.”

E questa, signore e signori masnadieri, era la storia di Asmund e Aswid, di Saxo Grammaticus, XII secolo. Spero che vi abbia appassionato quanto ha appassionato me, che l’ho trovata semplicemente incredibile. Come molte altre storie che ho raccontato nella playlist di Leggende Affilate, che dovreste assolutamente seguire, a questo punto, se già non l’avete fatto. Quindi iscrivetevi, perché se non lo fate potreste perdervi i prossimi episodi. Mica potete aspettare che vi vengano suggeriti casualmente dalla piattaforma, chissà quando, no?

Aspettate un po’… fermi tutti. Ci siamo dimenticati del giovane e agile soldato sceso giù con la fune, mandato in avanscoperta nel tumulo. E lui? Che fine ha fatto? Vi ho lasciato fino alla fine dell’episodio con questo easter egg, come i film Marvel.

Be’, in verità non c’è molto da dire. Il giovane agile scende di sotto, legato alla fune, viene gettato via da Asmund che prende il suo posto sulla corda. E quando Asmund viene tirato su, del giovane non si fa più alcuna menzione. Dimenticato. Perciò, io credo proprio che il giovane agile sia bello che morto.

Grazie e ci vediamo presto!

  1. The Danish History (1905) by Saxo Grammaticus, translated by Oliver Elton, edited by Frederick York Powell and James William Buel
Lorenzo Manara