Vlad: il Figlio del DRAGO

La vera storia di Vlad III, voivoda di Valacchia, meglio conosciuto come Dracula: il Figlio del Drago
Nell’anno del Signore 1456, Drăculea fece molte cose terribili e curiose. In una delle sue incursioni, ad esempio, al comando dei suoi spietati sanguinari, saccheggiò la città di Brașov, nell’attuale Romania, e fece bruciare ogni cosa. E quando giunse l’alba radunò tutte le povere genti di quei posti, e le impalò: donne, uomini, giovani e vecchi; tutti quanti. Una foresta di pali che grondavano sangue dalle carcasse infilzate e lasciate lì a marcire. E in tutto questo, Drăculea si sedette in mezzo a loro a fare colazione con gioia e appetito.
Questo testo che vi ho appena narrato appartiene a una delle cronache più antiche ad oggi conosciute su Vlad III, Voivoda di Valacchia (principe di Valacchia), meglio conosciuto come Vlad Draculea, ovvero Vlad “il Figlio del Drago”.
Un testo storico stampato a Norimberga nel 1488, poco dopo la sua morte. Quindi, informazioni molto vicine al tempo, e alla vita di questo personaggio peculiare, dai molti soprannomi, e che sappiamo tutti, inutile girarci attorno, ispiratore di uno dei più grandi personaggi della letteratura horror: il conte Dracula.
Racconti delle sue atrocità che però vanno presi con le pinze: questo insieme di informazioni sanguinarie, e molti altri simili, furono scritti a suo tempo sotto l’influenza di un nemico politico di Vlad III, il re Mattia Corvino d’Ungheria. Le storie più antiche, quindi, le più vicine alla vera vita di Vlad III Draculea, sono probabilmente inventate. Quanto inventate? Be’, non lo sappiamo con certezza. Quel che sappiamo è che la sua figura è ben più complessa di un tiranno maledetto e indiavolato. Fermo restando, e voglio subito specificarlo, che costui non era uno stinco di santo. Anzi, forse fu davvero responsabile di alcune atrocità. Le stesse che svariati generali e comandanti e sovrani hanno compiuto in svariati episodi della storia del mondo. Da Giulio Cesare a Napoleone. Ma andiamo con ordine, cominciamo dal principio, ovvero le origini del mito, il cognome stesso di Vlad III, Voivoda di Valacchia.
Draculea viene da suo padre, Vlad II. Era un patronimico, un modo per dire “figlio di…”. Era un sistema molto comune in passato per identificare le persone prima che i cognomi diventassero fissi come li conosciamo noi oggi. Per capire meglio, basta guardare ad alcuni esempi che forse vi suoneranno familiari. Molti cognomi di origine nordica finiscono in “-son”, come Johnson (che significa “figlio di John”) o Eriksson (“figlio di Erik”). Oppure, in Irlanda e in Scozia, i nomi come MacDonald (“figlio di Donald”). Esiste la stessa cosa anche nel mondo arabo. Ecco, il cognome di Vlad, Draculea, si inserisce perfettamente in questo schema: significa proprio “figlio di Dracul”, il suo papà! Ma la storia non finisce qui.
Il padre di Vlad nel 1431 era entrato a far parte di un ordine di cavalieri chiamato l’Ordine del Drago. Un ordine, sulla falsa riga degli ordini monastico cavallereschi, come i famosi templari, anche se di natura secolare, quindi composto da cavalieri che non avevano preso i voti. Il loro simbolo era, ovviamente, un drago, ma non un drago qualunque: era un drago “sottomesso”, con una croce sulla schiena. Questo simboleggiava il trionfo del bene sul male. Essere un membro di questo ordine era un grande onore e significava giurare fedeltà e combattere per una causa nobile. Per la cristianità.
Fu proprio grazie alla sua adesione a questo Ordine che Vlad II ricevette il soprannome “Dracul”. In quel tempo, questa parola in rumeno significava semplicemente “il Drago”, in riferimento all’emblema della confraternita. Perché la parola rumena “drac” deriva dal latino “draco”, che significa “drago” o “serpente gigante”. In origine, quindi, era questo il significato.
Ma qui arriva la svolta che ha alimentato la leggenda: con il passare del tempo e l’influenza della simbologia cristiana, la figura del drago (che già in ambito cristiano era simbolo del Maligno) venne sempre più associata al demonio. Così, la parola “drac” ha evoluto il suo significato in rumeno, arrivando a significare principalmente “il Diavolo”. Questo ha reso il soprannome di Vlad II e, di conseguenza, il patronimico di Vlad III, ancora più sinistro. Aggiungendo, tra le altre cose, un ennesimo soprannome terrificante a questa figura storica. E la questione dei soprannomi non finisce qui.
C’è un altro soprannome, forse più famoso, che gli è stato dato dopo la sua morte, attorno al 1550: “Țepeș”, cioè “l’Impalatore”. Perché? Semplice, i racconti (come quello che vi ho narrato all’inizio dell’episodio) dicono che Vlad aveva un modo molto crudele di punire i suoi nemici: li faceva impalare. “Țepeș” in rumeno vuol dire proprio “palo”. C’è dibattito storico sul fatto che questa sua fissazione fosse vera o meno. Perché quando Vlad era ancora vivo, alcuni autori turchi lo chiamavano già “Signore Impalatore”. Forse la conferma che qualche orrido spiedino, Vlad l’avesse tirato su.
Insomma, quel che già avrete compreso arrivati a questo punto; il motivo per cui questa figura sia divenuta leggendaria nel corso dei secoli, è il fatto che della sua vera storia, soprattutto quella personale, sappiamo molto poco. Non sappiamo quando nacque, forse nel 1431. Non sappiamo dove. Forse in Transilvania. Non sappiamo neppure con certezza chi fosse sua madre. Per capire come Vlad III arrivò al potere (e cosa fece per davvero), dobbiamo mettere assieme le ricostruzioni degli storici, per lo meno quelle maggiormente condivise, su una plausibile biografia. Ed è quello che voglio fare: narrarvi la vera, probabile, storia del figlio del Drago. Per cominciare, però, un passo indietro e iniziamo dal padre, Vlad II, sovrano della Valacchia.
La Valacchia si trovava in quella che oggi è la Romania meridionale, tra i Carpazi e il fiume Danubio. Un regno molto difficile e precario, perché stretto tra due superpotenze: la crescente minaccia dell’Impero Ottomano e l’influenza del Regno d’Ungheria.
Cercando stabilità, Vlad II (che stava in mezzo tra le due potenze) fece una pace con il Sultano ottomano. Questa pace, però, aveva un costo altissimo: ogni anno doveva andare alla corte ottomana per pagare un tributo e persino aiutare le truppe turche nelle loro campagne contro l’Ungheria. Immaginate la sua posizione: doveva mantenere buoni rapporti con gli Ottomani per non essere schiacciato, ma allo stesso tempo non poteva sembrare troppo “amico” degli infedeli agli occhi dell’Ungheria.
Questa bilancia si ruppe nel 1442, quando gli Ottomani invasero la Transilvania, a nord della Valacchia, nel centro dell’attuale Romania. Vlad II scelse di rimanere neutrale, sperando di non compromettersi. Ma questa mossa non bastò: dopo una sconfitta ottomana, gli ungheresi cacciarono Vlad II dal trono. Senza più alleati, Vlad II fu costretto a rifugiarsi proprio dal Sultano che lo accolse, poi lo arrestò, poi lo liberò e infine lo aiutò a riprendere il trono nel 1443. Non si trattava di schizofrenia, ma della solita partita a scacchi tra potenti. Il sultano voleva farsi un sovrano fantoccio in Valacchia, da controllare.
La riconquista del trono ebbe un prezzo ancora più crudele: Vlad II dovette inviare i suoi figli come ostaggi alla corte del Sultano, tra cui vi era nientepopodimeno che Vlad III (il protagonista della nostra storia). Mentre Vlad III cresceva nella corte ottomana, imparando a far la guerra e chissà cos’altro di sanguinoso, in Valacchia la situazione precipitava. Nel novembre 1447, gli ungheresi decisero di porre fine al doppio gioco di Vlad II. Lo attaccarono, lo sconfissero in battaglia e lo ammazzarono in una palude.
Fu in questo momento di caos che gli Ottomani decisero di giocare la loro carta: liberarono il giovane Vlad III e lo rimandarono in Valacchia. Nell’ottobre del 1448, Vlad, sostenuto dalle truppe ottomane, attraversò il Danubio, depose il principe valacco che aveva preso il posto di suo padre, un tale di nome Vladislav II, e prese il trono di Valacchia per sé.
Ed ecco che ebbe inizio la nuova vita di colui che sarebbe passato alla storia come Vlad III Draculea, voivoda di Valacchia. Figlio del Drago, nonché Diavolo, nonché l’Impalatore.
Appena salito sul trono nel 1448, il giovane Vlad (che secondo le stime degli storici aveva più o meno diciassette anni) si trovò in una posizione precaria. Era un usurpatore, e il suo potere traballava. E il destino gli fu subito avverso. Dopo pochissimi mesi il potere gli fu strappato via. Da chi? Da Vladislav II, lo stesso principe valacco sconfitto in battaglia poco tempo prima, ora tornato alla ribalta in un confusionario saliscendi dal trono.
Per anni, Vlad visse da esule, cercando rifugio presso vari sovrani, prima in Moldavia e poi in Ungheria. Qui, sorprendentemente, riuscì a farsi accettare da coloro che erano stati nemici suoi e di suo padre. Vlad fu accolto a corte, imparò l’arte della guerra e perfezionò le sue doti di stratega, combatté persino al fianco degli ungheresi in varie battaglie contro gli Ottomani e guadagnando terreno e nuove alleanze. Finché, Vlad non fu pronto alla sua vendetta, per riprendersi tutto quello che gli spettava.
Vlad tornò in Valacchia e affrontò Vladislav II. In un duello decisivo, lo sconfisse e lo uccise, riprendendosi finalmente il trono che gli era stato tolto. Questa volta, Vlad era tornato per restare, pronto a scrivere la sua leggenda con mano di ferro.
Vlad sapeva di dover bilanciare le sue ambizioni. Da un lato, voleva combattere l’Impero Ottomano, che in quel periodo rappresentava una minaccia costante per tutta l’Europa orientale. Dall’altro, non poteva inimicarsi subito il potente Sultano. Così, inizialmente, giurò fedeltà alla corona ungherese e, per guadagnarsi alleati, promise vantaggi ai mercanti sassoni in Valacchia. Questi mercanti erano coloni di origine tedesca che si erano stabiliti in Transilvania secoli prima, diventando ricchi e influenti grazie al commercio e ai privilegi speciali che avevano ricevuto.
Nonostante queste alleanze, Vlad non era assolutamente in grado di affrontare apertamente il Sultano Maometto II, che tra le altre cose era stato il conquistatore di Costantinopoli. Perciò, continuò a pagare il tributo annuale ai turchi e permise persino alle loro truppe di attraversare la Valacchia. Questo “doppio gioco”, simile a quello portato avanti dal padre, finì per farlo scontrare con i suoi stessi alleati. Nello specifico coi sassoni.
Ed è a questo punto della storia, che la leggenda cominciò a essere forgiata. Le sue azioni contro i sassoni furono estremamente sanguinose, diffondendo la sua fama di “Impalatore”. Le cronache dell’epoca parlano di scene terrificanti, a partire da quella che vi ho già raccontato. Si dice che Vlad abbia incendiato interi villaggi in Transilvania, e impalato centinaia (se non migliaia) di persone.
La Valacchia, tra l’altro, era in uno stato disastroso: criminalità diffusa, agricoltura in crisi e commercio quasi inesistente. Per ristabilire l’ordine e la prosperità, Vlad adottò metodi estremamente severi, convinto che solo così si potesse rimettere in piedi il paese. I suoi obiettivi erano chiari: rafforzare l’economia, migliorare la difesa e aumentare il potere politico della Valacchia. Per l’economia, aiutò i contadini a costruire nuovi villaggi e a incrementare la produzione agricola. Capì l’importanza del commercio, favorendo i mercanti valacchi e limitando il commercio straniero a solo tre città principali.
Rafforzò anche l’esercito con una guardia personale composta da mercenari ben pagati, e creò una milizia di contadini pronta a combattere in caso di guerra. Dimostrò anche un lato devoto, contribuendo personalmente alla costruzione e al restauro di chiese e monasteri.
Fece anche “cose buone”, insomma, tanto per citare un altro personaggio.
A questo punto, però, la minaccia dell’impero ottomano diventava sempre più pericolosa. Voglio precisare, e non l’ho fatto finora per non appesantire la narrazione con troppe premesse, che l’impero ottomano era una potenza in ascesa, giunta di prepotenza nello scacchiere politico occidentale. Pochi anni prima, nel corso di queste vicende, aveva appena segnato la fine di un altro grandioso e millenario impero: quello dell’Impero Romano d’Oriente. Tutti a scuola si studia bene la parte della Tarda Antichità, quando l’impero romano viene diviso in due e, a un certo punto, nel 476 crolla l’Impero romano d’Occidente. Ora, solitamente ci si concentra su questo evento, quasi scordandosi che l’impero romano in verità continua a esistere per altri mille anni! Quando crolla pure la parte orientale (che noi chiamiamo impero romano d’Oriente, ma che, a tutti gli effetti era definito impero romano)? Crolla nel 1453 grazie proprio agli ottomani e a quel sultano, Maometto II, con cui ebbe a che fare proprio Vlad III, il figlio del drago.
Quindi, fatta questa precisazione, tornando alla nostra storia, capiamo bene come gli ottomani fossero una minaccia per per l’intera Europa. Nel 1459, lo stesso papa, Pio II, voleva organizzare una nuova crociata (su modello delle campagne militari di 3 secoli prima) contro gli Ottomani con l’aiuto del nuovo re ungherese Mattia Corvino, figlio del sovrano con cui cui ebbero a che fare Vlad III e suo padre, fino a quel momento (sovrano morto di peste). Vlad III a questo punto decise di allearsi con l’Ungheria. Sperava così di difendere la Valacchia dalle pretese del Sultano Maometto II, che considerava il suo territorio parte dell’Impero Ottomano.
Maometto II non perse tempo e inviò dei messaggeri a Vlad per chiedere il tributo annuale: 10.000 ducati e 500 reclute (come contributo di guerra). Vlad, però, si rifiutò di pagare, sapendo che accettare questa sottomissione avrebbe significato riconoscere la Valacchia come territorio ottomano. Non passò molto che il Sultano, avendo saputo che Vlad stava bloccando i suoi traffici sul Danubio, inviò un comandante con 1.000 cavalieri, per trattare o, se necessario, eliminare Vlad. Ma Vlad preparò un agguato e sconfisse questo esercito nemico. I prigionieri furono tutti impalati, e il comandante ricevette l’onore macabro di essere impalato più in alto di tutti, a simboleggiare il suo rango.
A questo punto della guerra si consolida la leggenda di Vlad l’Impalatore. Poiché viene narrato in più occasioni l’utilizzo di questo metodo spietato da parte del figlio del drago contro i soldati ottomani. Nell’inverno del 1462, poi, Vlad passò pure al contrattacco. Attraversò il Danubio e devastò i territori bulgari sotto controllo ottomano. Un cronista greco descrive lo sterminio perpetrato da Vlad ai danni degli ottomani, riportando che fu responsabile della morte di circa 20.000 uomini, donne e bambini1. Tutti impalati, naturalmente. Ed è forse qui che nasce l’immagine evocativa e orrida della “foresta di pali”.
La risposta di Maometto II fu immediata: mise insieme un gigantesco esercito e mosse verso la Valacchia. Nonostante le forze nettamente inferiori, Vlad non si arrese: organizzò attacchi a sorpresa e imboscate notturne, dilaniando l’esercito nemico tanto da sconfiggerlo. Gli ottomani furono costretti a ritirarsi verso Adrianopoli. Una presunta vittoria schiacciante, quella di Vlad l’Impalatore, che stando ad alcune biografie sarebbe stata celebrata in tutta Europa, e pure dal papa, che lo vedeva come un campione di cristianità.
Ma c’è un colpo di scena.
Mentre Vlad era impegnato a combattere gli Ottomani, il Sultano Maometto II aveva giocato una carta inaspettata. Ricordate all’inizio, quando Vlad fu fatto prigioniero da ragazzo, alla corte ottomana, assieme ai fratelli? Ecco, il sultano adesso decise di inviare in Valacchia il fratello minore di Vlad, Radu il Bello, che era rimasto alla corte ottomana fin dall’infanzia. Radu, supportato da battaglioni di giannizzeri e con ingenti fondi, aveva il compito di combattere Vlad III in uno scontro fratricida.
Scontro che si dimostrò tragico.
Perché il castello di Vlad III, voivoda di Valacchia e figlio del drago, fu preso d’assedio e conquistato. A decretare la caduta della roccaforte fu anche il voltabandiera dei nemici interni di Vlad, tutti coloro che aveva trattato a pesci in faccia finora nel suo regno del terrore (coloro che non erano stati impalati, ancora).
Nonostante la perdita del suo castello, Vlad continuò a combattere per mesi, vincendo pure qualche altra battaglia. Ma alla fine fu costretto a ritirarsi in Ungheria. Cercando aiuto dal suo alleato, re Mattia Corvino, Vlad trovò invece un netto rifiuto e fu addirittura fatto imprigionare con l’accusa di alto tradimento. Perché? Be’, in quel momento Mattia Corvino era in trattativa con l’impero ottomano, e quindi Vlad diventava pedina da sacrificare per i suoi scopi politici.
Vlad trascorse un lungo periodo in prigionia in Ungheria, la cui durata esatta rimane un mistero. E ci fu un altro colpo di scena. Il fratello, Radu, morì nel 1475, e la strada per Vlad sembrava di nuovo aperta. Fu liberato, lasciato tornare in valacchia per ristabilire il potere e dichiarare il suo terzo regno. Il figlio del drago era tornato, e voleva riprendersi la Valacchia.
Ma, come è evidente, non ci riuscì. Anzi, questo suo terzo regno fu brevissimo. Poco più di due mesi dopo, Vlad fu ucciso. La data e le circostanze esatte della sua morte sono avvolte nel mistero. Alcuni dicono sia stato scambiato per un turco e ucciso per errore, altri che sia stato decapitato dagli Ottomani in battaglia e la sua testa inviata a Costantinopoli come trofeo. Non mancano altre varianti, anche più fantasiose, come quella di un morso di pipistrello. Perfino l’esatto luogo della sua sepoltura è sconosciuto. Il suo destino finale, così come la sua vita, rimase avvolto in un velo di mistero, e fonte di dibattito tra gli storici, gli appassionati di esoterismo, e pure i nostalgici. Perché nel girovagare su web mi sono imbattuto negli immancabili nostalgici del regno di Vlad III l’Impalatore, perché con lui sì che si stava bene e i treni arrivavano sempre in orario.
Voglio lasciarvi con una chicca. Un episodio divertente che si racconta sul suo regno del terrore. Che stando a una versione del documento stampato nel 1488 coinvolse pure degli italiani. Si dice, infatti, che giunsero da lui degli ambasciatori italiani. Che s’inchinarono e si tolsero il cappello, ma lasciarono la cuffia sottostante. Vlad chiese come mai non vollero togliersi pure la cuffia, e loro risposero che era loro usanza tenerla, e che non la toglievano nemmeno in presenza dell’imperatore. Allora, Draculea, rispose: “Voglio aiutarvi, in questo.”
E fece inchiodare le cuffie alle loro teste. Così non se le sarebbero più tolte per preservare la loro usanza.
Questa è la “probabile” storia di Vlad III, voivoda di Valacchia, il figlio del Drago. Quanto ci sia di vero, poco o tanto che sia, non lo sapremo mai. Ma resta comunque la leggenda che ha appassionato generazioni intere, anche grazie alla riscrittura del mito, e all’origine del conte Dracula.
Se vi affascinano le storie che racconto, inoltre, ho qualcosa di speciale per voi. Perché tutta la passione e la ricerca che avete assaggiato in questo e altri episodi le ho riversate nel mio romanzo: “La Stirpe delle Ossa”. La storia di un cavaliere italiano costretto a lottare contro carestie, pestilenze e una faida sanguinosa per salvare la sua famiglia.
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- Laonicus Chalcocondyles, The histories ↩
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