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17 Agosto 2025

Olandese Volante: la Vera STORIA della Nave FANTASMA

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La vera storia dell’Olandese Volante, la nave fantasma leggendaria

Ti sei mai chiesto da dove arrivi la leggenda dell’Olandese Volante, quella nave fantasma condannata a solcare per sempre i mari? Noi tutti conosciamo il capitano Davy Jones della saga “I Pirati dei Caraibi”, ovvero il capitano dell’Olandese Volante. Ma la leggenda, quella vera, è un tantino diversa. L’origine di uno dei miti marinareschi più celebri, è molto più semplice e incredibilmente affascinante. Tutto ha inizio con un racconto a dir poco inquietante, tramandato tra marinai e riportato per la prima volta in un antico documento.

I dettagli di questa vicenda ci giungono da un resoconto di viaggio del 1795, noto come A Voyage to Botany Bay, attribuito a un navigatore e avventuriero di nome George Barrington.

Secondo Barrington, la storia nacque anni prima. Una nave da guerra olandese era scomparsa al largo del Capo di Buona Speranza, inghiottita da una tempesta furiosa. Nessun superstite, nessuna traccia. La nave gemella, che l’aveva seguita in quel viaggio, riuscì a superare la tempesta e a raggiungere il porto. Dopo aver fatto rifornimento, ripartì alla volta dell’Europa. Ma il destino era in agguato, e quasi alla stessa latitudine del naufragio, un’altra tempesta si scatenò.

Durante il turno di guardia notturna, alcuni marinai videro qualcosa di inspiegabile. Una nave sembrava dirigersi velocemente verso di loro, con tutte le vele spiegate, come se volesse speronarli. Un marinaio in particolare era convinto di riconoscere in quella nave proprio la gemella affondata, e che quella che stavano vedendo doveva essere per forza la sua apparizione, il suo fantasma. Ma appena la tempesta iniziò a placarsi, l’oggetto misterioso si dissolse, rivelandosi un’oscura e fitta nube.

Nonostante la spiegazione razionale, quell’idea, quell’immagine, non abbandonò più la mente dei marinai. Una volta tornati in porto, raccontarono la loro incredibile esperienza e la storia si diffuse come un fuoco selvaggio. Da allora, il vascello scomparso iniziò a essere chiamato l’Olandese Volante. Il mito, nato tra i marinai olandesi, venne poi adottato dagli inglesi, e da quel momento, Barrington afferma, era raro trovare una nave mercantile diretta in India dove a bordo non ci fosse qualcuno pronto a giurare di aver visto quel fantasma navigante.

Ecco quindi che la nave fantasma per eccellenza non è frutto di una maledizione, ma di una suggestione, di un’illusione ottica nata nel cuore di una tempesta. È la storia di un trauma, quello di una nave perduta, che ha preso forma nell’immaginazione di marinai spaventati, generando uno dei miti marittimi più potenti e duraturi di sempre.

In un altro affascinante documento, risalente al 1790, la leggenda dell’Olandese Volante assume una nuova sfumatura. Nel suo libro Travels in various part of Europe, Asia and Africa, John MacDonald descrive la storia come un’apparizione che si manifesta specificamente in condizioni di maltempo.

La sua versione della storia, riportata dai marinai dell’epoca, narra di un capitano olandese che, durante una violenta tempesta al largo del Capo di Buona Speranza, cercò disperatamente di entrare in porto. Nonostante le sue richieste, non riuscì a trovare un pilota che lo guidasse attraverso le acque pericolose e la sua nave naufragò, perdendosi per sempre.

Da quel momento, secondo la leggenda, ogni volta che si scatena una tempesta, l’immagine di quella nave olandese appare come un’inquietante visione, destinata a vagare per l’eternità. Questa versione, con il suo mix di tragedia e fatalità, aggiunge un ulteriore tassello al mosaico di mistero che circonda la nave fantasma più famosa di tutti i tempi.

Col passare del tempo, la storia dell’Olandese Volante si arricchì di nuovi, succosi dettagli, trasformando la semplice suggestione in una vera e propria leggenda. Dai primi anni dell’Ottocento, il racconto cominciò a prendere una piega più sinistra.

La nave fantasma non era più solo l’apparizione di un vascello naufragato, ma un presagio di sventura. I marinai credevano che l’arrivo di uragani al largo della costa africana fosse spesso anticipato dalla visione di una “nave spettro, denominata l’Olandese Volante”. L’equipaggio di questa nave, si diceva, si era macchiato di un qualche “orribile crimine” agli albori della navigazione e, colpito da un’epidemia, era stato condannato a “solcare ancora l’oceano sul quale erano periti, finché non fosse scaduto il periodo della loro penitenza”.

Il mito assunse una forma ancora più evocativa con la poesia. In un poema si recita che l’Olandese Volante procedeva senza alcun bisogno di vento: “Scivolando veloce, una lugubre barca / Le sue vele sono gonfie, sebbene il vento sia fermo, / E non soffia un alito per gonfiarle”. Questa descrizione poetica, nella nota a pié di pagina, riferisce che si trattava di una superstizione molto comune tra i marinai, consolidando l’immagine di un vascello ultraterreno sempre in viaggio, spinto da moti soprannaturali.

Ma la svolta decisiva, l’ultimo tocco che mancava per rendere la leggenda completa, arrivò grazie a Sir Walter Scott, scrittore scozzese, nonché uno dei padri del romanzo moderno. Fu lui ad aggiungere il dettaglio più avvincente e duraturo: l’Olandese Volante era una nave pirata. Scott scrisse che la nave “era in origine un vascello carico di grandi ricchezze, a bordo del quale era stato commesso un qualche orribile atto di omicidio e pirateria”. L’apparizione della nave non era più solo un presagio di tempesta, ma “il peggiore di tutti i possibili presagi” per i marinai, un simbolo inequivocabile di morte e rovina.

La leggenda, ormai ben radicata, continuò a vivere e a prosperare, non solo nel folklore, ma anche in presunte testimonianze dirette. Sono numerosi i racconti di avvistamenti dell’Olandese Volante nel XIX e XX secolo, ma uno in particolare si distingue per la notorietà dei suoi testimoni.

Stiamo parlando di Giorgio V, futuro re d’Inghilterra. Nel 1880, all’età di quindici anni, il principe si trovava a bordo della HMS Inconstant, impegnato in un viaggio di formazione di tre anni insieme al fratello maggiore, il principe Alberto Vittorio, e al loro tutore.

Il diario di bordo del principe, sebbene modificato prima della pubblicazione, riporta un evento straordinario avvenuto l’11 luglio 1881, al largo delle coste australiane:

“Alle 4 del mattino, l’Olandese Volante ha incrociato la nostra rotta. Una strana luce rossa, come una nave fantasma tutta incandescente, in mezzo alla quale si stagliavano chiaramente gli alberi, i pennoni e le vele di un brigantino (…) L’ufficiale di guardia dal ponte di comando l’ha vista chiaramente, così come il mozzo di guardia sul ponte di poppa, che è stato mandato subito a prua; ma una volta arrivato lì, non c’era traccia né segno di alcuna nave, né nelle vicinanze né all’orizzonte, dato che la notte era limpida e il mare calmo. Tredici persone in totale l’hanno vista… Alle 10.45 del mattino il marinaio che aveva segnalato l’Olandese Volante è caduto dall’albero di trinchetto sulla prua ed è morto sul colpo.”

Questo avvistamento, documentato persino dal futuro re Giorgio V, è uno dei più celebri e inquietanti, poiché la visione notturna fu seguita da un evento tragico e apparentemente inspiegabile, alimentando ulteriormente il mito della nave fantasma come presagio di sventura e morte. Se vedi l’Olandese Volante, può darsi che ci resti secco.

Infine, per concludere in bellezza, voglio lasciarvi con un resoconto di chi, sull’Olandese Volante, ci è proprio salito a bordo.

La storia è contenuta in un libro scritto da Clark Russel, intitolato “La Nave della Morte”, pubblicato nel 1888. Libro che a parer mio, riunisce tutti i dettagli della leggenda, non come primato di originalità, magari, ma come un “bignami” dell’Olandese Volante.

Lo sventurato protagonista è un ufficiale di nome Fenton, a bordo della nave mercantile Saracen (Saracena), che veleggia nell’anno 1796. Costui si ritrova, assieme all’equipaggio, bersaglio di una minacciosa nave che emana una debole, inquietante luminescenza, descritta come un bagliore sinistro. I marinai più esperti sono certi di cosa si tratti: della nave del capitano Vanderdecken, un veliero del diciassettesimo secolo condannato a navigare in eterno.

E’ Fenton stesso a gridare agli assalitori per chiedere la loro identità, e in risposta ottiene solo una minaccia esclamata con voce profonda come quella di un organo. Esatto, già in questa narrazione appare l’accostamento tra i pirati dell’Olandese Volante e lo strumento musicale profondo e maestoso, come l’organo. Esattamente come nella saga dei Pirati dei Caraibi.

Inizia la battaglia navale e Fenton cade in mare. Pensa di essere spacciato, ma a salvarlo sono proprio i nemici: i marinai della nave fantasma, che lo tirano su a bordo.

Fenton scopre così che l’equipaggio e il capitano non sono fantasmi, ma uomini vivi intrappolati in una maledizione. Il cuore del mistero risiede nella distorsione temporale che ha intrappolato la nave e il suo equipaggio. Vanderdecken e i suoi uomini sono convinti che l’anno sia ancora il 1653 e che siano salpati da poco tempo. Nonostante siano trascorsi oltre 143 anni, per loro il tempo si è fermato, e la storia successiva a quell’anno è completamente inesistente nella loro mente.

L’equipaggio della nave non è composto da fantasmi, ma da uomini vivi. Tuttavia, il loro aspetto è terrificante. I loro volti hanno un “pallore cimiteriale” e sembrano “cadaveri animati”, come se la maledizione li avesse immortalati nell’aspetto che avevano al momento della loro morte. Questa condizione si manifesta anche nel capitano, la cui imponente figura è contraddetta dall’espressione “malinconica, come quella che si nota sul volto dei morti”.

A bordo della nave, i dettagli della maledizione si manifestano in modo bizzarro. Ad esempio, nella cabina di Vanderdecken, un orologio antico presenta un macabro meccanismo. A ogni rintocco, ne emerge un piccolo scheletro che tiene in mano una clessidra e una lancia, con la quale sembra trafiggere qualcosa. E, naturalmente, non poteva mancare il pappagallo! Un pappagallo nella cabina ripete senza sosta in olandese la stessa frase: “Siamo tutti dannati!“. Il capitano spiega di averlo acquistato prima di salpare, come regalo per sua figlia adottiva, dimostrando ancora una volta la sua totale ignoranza sul tempo realmente trascorso. Ah, e sulla nave c’è pure sua figlia, pure lei rimasta bloccata in quel limbo dannato.

La nave, poi, è fisicamente instabile, scricchiolando e gemendo come se dovesse cadere a pezzi. Ma, allo stesso tempo, è incredibilmente resistente e solida, come se una forza invisibile la tenesse insieme. E trasporta, indovinate un po’, un bel tesoro ripescato dal relitto di una nave spagnola.

Nel vivere a bordo della nave maledetta, poi, Fenton si rende conto che la situazione è peggio di quel che sembra (e già non era il top). Il capitano Vanderdecken, ad esempio, mostra una condizione fisica e mentale terrificante. A tratti è un uomo lucido, ma in altri momenti cade in uno stato di trance catatonica, con uno sguardo vitale solo negli occhi, mentre il resto del suo corpo è immobile e pietrificato.

Il capitano è condannato a navigare per l’eternità senza mai poter approdare a casa, senza mai poter rivedere la sua famiglia, senza mai poter porre fine alla sua sofferenza. La sua ossessione di raggiungere il Capo di Buona Speranza continua, ma ogni volta che si avvicina, la maledizione glielo impedisce, condannandolo a ripetere il suo viaggio per sempre.

Fenton, in ogni caso, riesce a fuggire dalla nave. La sua salvezza avviene quando si imbatte in un’altra nave, la quale, dopo averlo avvistato, lo recupera e lo salva dall’Olandese Volante. Questa fuga, tuttavia, non è una vittoria. Nessuno vuole credere a Fenton, perché la storia dell’Olandese Volante è vista solo come una leggenda e un mito e, soprattutto, fa paura. I marinai che hanno salvato Fenton, anche se hanno visto coi loro occhi l’Olandese Volante, preferiscono far finta di niente per paura di essere maledetti. E trattare così il pover Fenton come un pazzo.

Questa storia, naturalmente priva di ogni pretesa di verità storica e, anzi, vero e proprio romanzo di stampo moderno, riunisce tantissimi elementi che abbiamo amato della leggenda dell’Olandese e del suo capitano originale: Vanderdecken. Personalmente, la trovo meravigliosa, e spero che tutti questi dettagli, tra orologi con dentro scheletrini meccanici e pappagalli che gridano “siamo tutti dannati” vi abbiano appassionato.

Se vi affascinano le storie che racconto, inoltre, ho qualcosa di speciale per voi. Perché tutta la passione e la ricerca che avete assaggiato in questo e altri episodi le ho riversate nel mio romanzo: “La Stirpe delle Ossa”. La storia di un cavaliere italiano costretto a lottare contro carestie, pestilenze e una faida sanguinosa per salvare la sua famiglia.

Lo trovate in tutte le librerie, da cui potete ordinarlo senza problemi, e pure online. Mi raccomando, non perdetelo. Vi ringrazio per avermi fatto compagnia finora, e vi ricordo di iscrivervi al canale YouTube. Ciao!

Lorenzo Manara