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17 Giugno 2018

L’eroica difesa del palazzo di Stalingrado

casa pavlov, il palazzo difeso dal sergente Pavlov contro le orde di nazisti

Diciotto uomini contro un intero reggimento di nazisti: il lungo assedio di casa Pavlov durante la battaglia di Stalingrado

La sera del 27 settembre 1942 il sergente Pavlov strisciava attraverso un vasto terreno pieno di macerie, in direzione di un normale palazzo di 4 piani1. L’edificio si affacciava su una piazza ed era servito da lunghe strade che tagliavano trasversalmente la città di Stalingrado. La visuale dall’ultimo piano era libera su ogni lato e si estendeva per un chilometro. Si trattava di un eccellente punto strategico per mantenere il controllo dell’accesso al fiume Volga, purtroppo però aveva un grave difetto: era occupato dai nazisti.

Pavlov era in ricognizione assieme a tre compagni di squadra. Aveva il compito di scoprire quanti nazisti ci fossero là dentro e che tipo di armi avessero con loro. Non era contemplato alcun fallimento, se avesse abbandonato il campo sarebbe stato giustiziato per l’ordine n°227 di Stalin: “Non un passo indietro!”

Dopo pochi istanti però le MG42 cominciarono a tuonare. Raffiche di mitragliatrice si abbatterono sui quattro ricognitori dell’Armata Rossa: i nazisti li avevano scorti.

Pavlov vide le sferzate dei proiettili infrangersi vicinissime, così vicine da arrivare a squarciargli il cappotto. Tuttavia non si fermò. Varcò la soglia del piano terra, fece fuoco col suo mitra PPSH e tirò una granata nella stanza dove erano appostati i mitraglieri nemici. Dopo pochi istanti poté finalmente tirare il fiato: la squadra di nazisti che presidiavano il palazzo era stata annientata e una semplice ricognizione si era tramutata in vittoria.

Una vittoria inaspettata

Pavlov era stato inviato in avanscoperta, gli ordini erano chiari, ma adesso che aveva conquistato il palazzo non poteva certo abbandonarlo. Non poteva permettere che i nazisti prendessero di nuovo possesso di un luogo così importante. Senza pensarci due volte si rimboccò le maniche e assieme ai suoi compagni organizzò la guardia. Rinforzarono le trincee attorno all’edificio, si piazzarono alle finestre e attesero.

Giunse la notte e assieme alle tenebre comparvero anche i nazisti. Il reggimento della Wehrmacht che avrebbe dovuto attraversare il Volga era venuto a conoscenza di uno sparuto gruppo di russi in possesso del palazzo, per questo lanciò quella che sarebbe dovuta essere una facile controffensiva. I tedeschi tentarono di avvicinarsi alle mura, supportati dai colpi di mortaio e dalle raffiche di mitragliatrice, ma non riuscirono neppure a sfiorarlo quel vecchio cemento sgretolato dai proiettili. A fronteggiarli c’era il sergente Pavlov ed egli non era di certo il tipo d’uomo che molla facilmente. Lui e i suoi compagni riuscirono a resistere contro decine e decine di nemici, combattendo strenuamente fino al sorgere del sole. I nazisti si resero conto di aver sottovalutato la situazione e si ritirarono: la prima battaglia del palazzo di Stalingrado si era conclusa.

L’alba portò con sé una buona notizia: l’Armata Rossa aveva saputo della conquista di quella che ormai tutti chiamavano “casa Pavlov” e aveva inviato dei rinforzi: 18 soldati giunsero da Pavlov con armi, munizioni, 3 fucili anticarro PTR e una mitragliatrice Maxim2. Forte dei rinforzi e del morale risollevato, il sergente diede inizio all’organizzazione delle difese per trasformare quell’edificio martoriato dai bombardamenti in un bastione inespugnabile.

Nel giro di qualche ora ogni accesso all’edificio venne coperto con i detriti, circondato dal filo spinato e minato. Tutte le finestre furono rinforzate con sacchi di sabbia e ognuno dei quattro piani fu rifornito di abbondanti armi e munizioni. Il sergente Pavlov fece sfondare tratti di pavimento per poter comunicare fra un piano e l’altro senza dover usare le rampe di scale. Fu scavata inoltre una lunga trincea che dal retro del palazzo arrivava fino alla riva del Volga, verso il comando del reggimento russo da cui poterono giungere acqua, cibo e, soprattutto, una nuova linea di comunicazione.

“Non un passo indietro!”

Le difese vennero ultimate al calar del sole, quando le tenebre tornarono ad ammantare Stalingrado, e i nazisti diedero inizio a un nuovo attacco; questa volta però in grande stile. Bombardarono il palazzo con lunghe sessioni di mortaio e ordinarono l’assalto della fanteria. Ma gli uomini del sergente Pavlov erano pronti ad accoglierli. Durante i bombardamenti si erano ritirati nei sotterranei adibiti a rifugio e subito dopo che il vento aveva disperso il fumo erano tornati ai loro posti, pronti a scaricare sui nemici tutte le munizioni di cui disponevano. Pavlov stesso li incitava a resistere, camminando fra le postazioni per ricordar loro di non cedere.

sergente Pavlov e la difesa del palazzo di Stalingrado

L’edificio resse al secondo assalto, al terzo e poi al quarto. I giorni passavano e ogni plotone della Wehrmacht si scontrava inutilmente contro i bastioni difesi da quel pugno di soldati russi. I nazisti erano così infuriati che all’ennesimo fallimento richiesero l’intervento di un’intera divisione Panzer. Il rumore dei cingoli che calpestarono le macerie quella fredda mattina di ottobre furono come un presagio di morte: i carri armati tedeschi si stavano dirigendo verso il palazzo, i lunghi cannoni puntavano dritti contro le finestre.

Le micidiali cannonate dei Panzer fecero a pezzi le mura, parete dopo parete, stanza dopo stanza. Il fuoco di sbarramento fu così intenso che gli stessi russi si meravigliarono che l’edificio fosse ancora in piedi. Dopo qualche ora di fuoco ininterrotto venne giù la parete che dava verso nord, scoperchiando la facciata. “E’ crollato un muro portante!” gridò uno dei difensori mentre la tempesta di bombe infuriava sopra le loro teste. “Tanto meglio” gli rispose il compagno, “Le stanze saranno più ventilate”3.

Pavlov aveva avvistato i carri armati in tempo e aveva ordinato agli uomini di rifugiarsi sottoterra, portando con sé i 3 fucili anticarro. Mentre i panzer erano impegnati a cannoneggiare, immersi nel fumo e nel frastuono, i russi strisciarono fuori dal seminterrato e fecero fuoco. Gli speciali proiettili dei PTR impattarono contro i punti più fini dei mezzi corazzati, come ai fianchi o sul retro, dilaniando coloro che si trovavano al loro interno.

La leggenda del sergente Pavlov

Presto quel palazzo divenne leggendario. I nazisti cominciarono a credere che fosse impossibile conquistarlo e che quel tale, il sergente Pavlov, fosse un eroe immortale. Per due lunghi mesi, dal 28 settembre al 25 novembre 1942, un plotone di semplici fanti dell’Armata Rossa tenne testa a un intero reggimento della Wehrmacht. La fine dell’assedio giunse con il contrattacco delle forze sovietiche, la grande operazione che diede inizio alla fase conclusiva della battaglia di Stalingrado e alla sconfitta nazista.

Pavlov sopravvisse all’assedio. Continuò a combattere per il resto della guerra fino alla caduta di Berlino e venne insignito del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica, il più alto riconoscimento militare dell’Armata Rossa. L’edificio che difese strenuamente per 59 giorni venne ricostruito dopo la guerra e decorato con un monumento. Ancora oggi viene ricordato il sacrificio di quel pugno di uomini che, nonostante il soverchiante numero di nemici, non indietreggiò di un solo passo dinnanzi alla morte.

Molti anni più tardi il sergente Pavlov tornò a Stalingrado in quella stessa piazza, davanti a quello stesso palazzo. Queste furono le sue parole:

Guardo la nostra casa e non la riconosco. Questa non è la stessa casa mezza crollata, ferita e strappata come la ricordo da tutta una vita. È di nuovo una bella casa luminosa, con vetri, porte, tetto e tutto il necessario. Sulla parete c’è una grande iscrizione con il mio nome sopra. Accanto ad essa un’altra iscrizione: “La casa fu restaurata da Alexandra Maksimovna Cherkasova. Questa donna eroica non ha lasciato la città nei giorni difficili. Ha organizzato una brigata di mogli di veterani di guerra e ha proceduto a ricostruire la sua città natale. E la prima casa che hanno restaurato era la Casa di Pavlov.”4

Quella del palazzo di Stalingrado è una storia che sembra fatta apposta per un romanzo (in alcuni frangenti appare perfino troppo romanzata). Visto che raccontare è il mio mestiere voglio portare su questo blog ogni genere di storia che parli di eroismo, avventura e ammazzamenti vari. Perché lo so che vi piacciono tanto. Perciò restate nei paraggi e seguitemi in questo viaggio fantastico, tra mitragliatrici, streghe, inquisitori e spadoni legati sulla schiena. Ciao!

  1. Pavlov J. F . A Stalingrado. – Stalingrado: pubblicazione di libri regionali, 1951. Capitolo “Casa in piazza il 9 gennaio”
  2. Capitolo “Bastione inespugnabile”
  3. Capitolo “Bastione inespugnabile”
  4. Capitolo “Dal Volga all’Oder”
Lorenzo Manara
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