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19 Luglio 2016

Ossa della terra di Michael Swanwick

ossa della terra

Ovvero la storia di Robinson Crusoe che fa un giro a Jurassic Park

Se c’è una cosa che mi piace del mare è che posso andare a curiosare fra le bancarelle dei libri. Di solito ci vado la mattina, compro un romanzo e me lo leggo subito in spiaggia. Non so se ci avete fatto caso, ma ci sono certi libri che non mancano mai in queste bancarelle. Sono quelli più economici, gettati nei cesti con su scritto “libri a tre euro”. Sto parlando dei leggendari Urania. Avete presente quei libri fantascientifici ingialliti dal tempo? Quelli con le copertine che si vede troppo che sono degli anni ’80? Ecco, in una di queste ceste a sorpresa ho pescato Ossa della terra, di Michael Swanwick. Mi aveva attirato il disegno del dinosauro, che ci volete fare.

Michael Swanwick è bravobravo. Ti butta subito nel mezzo. Arriva di corsa come quei tizi dei film d’azione, quelli che accostano al marciapiede col motore ancora acceso e gridano: “Salta su, non c’è tempo per le spiegazioni!” E tu che fai? Ovviamente entri in macchina, perché lui è bravo davvero e sei quasi obbligato a seguirlo. Perciò invece di stare in spiaggia mi son ritrovato a Jurassic Park. Ora vi spiego come.

Richard Leyster è un paleontologo. Come tutti gli studiosi, non è pagato granché. Vive la sua vita fra casa e ufficio, libri e ossa di dinosauri. Un bel giorno però, bussa alla sua porta un certo Griffin. Gli fa una proposta di lavoro molto strana, gli offre un impiego senza spiegare di cosa si tratta perché top-secret. Ovviamente il paleontologo rimane scettico di fronte a una simile stramberia. Per convincerlo, Griffin gli lascia sul tavolo un contenitore refrigerante. Si tratta di quei contenitori usati per il trasporto di organi, che riescono a tenere al fresco i tessuti organici. Richard apre il contenitore e al suo interno ci trova una testa di stegosauro. Una testa vera, tagliata da poco, con la carne, i muscoli, il cervello e tutto quanto.
Inutile dire che Richard infila in valigia un paio di mutande pulite e si lancia in questa nuova avventura.

ossa della terra

Jurassic Park lo vidi al cinema per la prima volta da bambino. La scena del dinosauro sputa-inchiostro che fa dondolare il suv me la sogno ancora la notte. Trauma infantile.

Richard viene invitato a una mega conferenza dove gli viene spiegata la natura del suo impiego. In soldoni: egli dovrà viaggiare indietro nel tempo fino all’epoca dei dinosauri. Esatto, è un libro sui viaggi nel tempo. Ed è anche un bel po’ incasinato. Di fatto il finale non credo di averlo capito benissimo. Era tardi e dovevo tornar via dalla spiaggia, ma come facevo? Mancavano solo un paio di capitoli e odio lasciare le cose a mezzo. Proprio non lo sopporto. Per questo mi son bevuto il finale. Ed è probabile che non abbia colto dei dettagli, perché la trama in fondo si aggroviglia un po’ e bisogna stargli dietro.

Insomma, Richard e la sua equipe naufragano nel Mesozoico a causa di un sabotaggio. Non possono muoversi, non possono comunicare con i colleghi del futuro. Si ritrovano a dover sopravvivere in una terra molto più giovane e incredibilmente ostile. Proprio come Robinson Crusoe nella sua isola e Mark Watney su Marte. Come ho già scritto negli articoli passati, il tema del sopravvissuto è quasi sempre vincente. E’ semplice, immediato. Lo abbiamo visto con Lost, la prima serie televisiva dell’era moderna, e The Walking Dead. Noi esseri umani adoriamo vedere altri esseri umani che si affannano per sopravvivere. E’ un meccanismo narrativo che ha sempre funzionato e sempre funzionerà. Ci colpisce nel profondo, risveglia i nostri istinti di animali selvaggi. Ed è quello che ho tentato di fare con il mio romanzo: Il Ritornante. Non ci sono isole e naufraghi, ma il succo della questione è quello.

Ossa della terra è stata una piacevole sorpresa. Il fatto di averlo pescato a caso nella cesta della bancarella lo ha reso ancora più bello. Per tre euro, poi. Dovreste provarci anche voi. Provate a passare dalla bancarella dei libri, la mattina prima di entrare in spiaggia. Magari siete fortunati. O magari avete sfiga e beccate una schifezza. Ma ci sta, fa parte del gioco.
E comunque tengo a precisare che il finale del romanzo l’ho capito. Mi sono solo perso qualcosina a causa della fretta. Lo dico perché non voglio passare per quello stupido che non capisce le cose.

Lorenzo Manara
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