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6 Dicembre 2016

Il mito della katana, la spada giapponese

mito della katana

La katana è davvero la spada migliore del mondo?

Come ho già scritto altrove, l’Occidente è innamorato dell’Oriente. Non c’è niente da fare. Per noi l’Oriente è una terra mistica, fatta di strane storie e avvenimenti mirabolanti. Crediamo che le arti marziali asiatiche siano superiori rispetto a quelle degli altri continenti e che la katana sia la spada migliore del mondo. E lo credevo anche io, quando scrivevo i miei primi romanzi ispirati da indigestioni di manga e serie-tv scadenti.

Adesso, prima di sedermi davanti al foglio bianco di Word, preferisco documentarmi sui libri e scoprire giorno dopo giorno che non ne so mai abbastanza. Per questo scrivo articoli qui, sul blog: per tenere in maniera ordinata i miei appunti e sentirmi meno ignorante! Ma basta introduzioni e gettiamoci nella mischia.

La katana, la spada più leggendaria di tutti i tempi. Una spada che non ha conosciuto modifiche per centinaia di anni. Quasi immutata nelle forme e nelle dimensioni fin dalla sua diffusione nel XIV secolo 1: un’arma che ha raggiunto l’apice della perfezione costruttiva seicento anni fa e che non ha necessitato alcuna miglioria. Decine di migliaia di strati di metallo ripiegati, nata perfetta e rimasta tale fino a oggi. Perché cambiarla? I giapponesi hanno trovato la formula vincente sul finire del trecento e stop, basta così. L’arma definitiva. O forse no?

Un samurai deve sempre portare due spade con sé. In tempi antichi usavano chiamarle tachi (spada lunga) e katana (spada), e oggigiorno, katana (spada) e wakizashi (spada d’appoggio o ausiliaria). Tutti i bushi portano queste due spade.

Il libro dei cinque anelli: Gorin no sho, Myhamoto Musashi

Prendiamo l’Italia, ad esempio. Non eravamo mica male come spadaccini. La storia militare del bel paese è caratterizzata da un numero abbastanza elevato di lame, tutte sviluppate in diverse epoche e poi evolute in ulteriori modelli, cambiando, migliorando, trasformandosi.

spade europee
Spade europee e la loro evoluzione nel tempo [Helmets and Body Armour in Modern Warfare, 1920]

Perché così tanti modelli di spada in Europa? Il motivo principale è legato all’utilizzo degli strumenti da guerra. Proprio come in qualsiasi attività umana, uno strumento militare è utile se ha uno scopo. Utilizziamo la forchetta per infilzare i maccheroni e il cucchiaio per il brodo, così come utilizziamo una lama abbastanza leggera per montare a cavallo e uno stocco dalla sezione triangolare per affondare nei punti deboli delle corazze di piastre. L’evoluzione è sinonimo di adattamento. Se il mondo cambia o ci si adatta o si muore.

Allora perché la katana è rimasta uguale a se stessa? Domanda molto difficile, ma posso provare a dare una risposta. In principio il termine katana stava a indicare semplicemente la spada giapponese, senza alcuna distinzione2. Solo in seguito questa parola ha assunto il significato che le attribuiamo oggi, indicando un particolare tipo di spada comparsa intorno al periodo Muromachi (1350), e che veniva inizialmente chiamata uchigatana.

Le spade giapponesi non hanno mai giocato un ruolo preponderante nell’armamento da battaglia del Giappone medievale. Si trattava più che altro di armi secondarie, usate molto più spesso nelle lotte di strada, rapine, assassini e altr trambusti civili3, e lo stesso valeva per la katana.

Infatti non era facile scorgerla sul campo di battaglia. Solo una minuscola percentuale di guerrieri poteva vantare un addestramento da maestro spadaccino in un’epoca in cui erano assai più diffusi l’uso dell’arco, delle armi inastate e, dal XVI secolo in poi, degli archibugi importati dai portoghesi4. Probabilmente è sbagliato paragonarla ad altre armi da guerra, poiché il suo valore sociale era più elevato di quello tattico: un simbolo di prestigio che solo le eccellenze della casta guerriera potevano esibire.

E’ per questo che dopo aver assolto il compito per il quale è stata ideata in principio, la katana è divenuta un forte simbolo culturale. La sua importanza era basata sulla posizione della classe militare all’interno della gerarchia feudale giapponese; una struttura organizzata secondo il culto del legame con gli antenati, che da una generazione all’altra tenevano unito passato e presente con l’acciaio affilato5. Dalla guerra al duello e dal duello alla spiritualità: questo l’arco di trasformazione di un’arma che si è modificata nel significato piuttosto che nella forma.

katana
La katana di Hattori Hanzo in Kill Bill

Nella storia sono esistite molte armi, eppure nessuna gode della stessa notorietà della katana. Molti, soprattutto nell’ambito del Medioevo fantasy di stampo narrativo, credono che si tratti della lama più affilata, veloce, leggera e incredibilmente pericolosa fra le armi bianche, in grado perfino di trapassare le armature, ma sono tutti falsi miti. Certe convinzioni sono arrivate a un livello talmente profondo nell’immaginario collettivo che è difficile liberarsene.

Il motivo principale che ha contribuito alla fama di questa spada è l’antica e complessa tecnica di lavorazione, ancora oggi considerata all’apice della cultura artistica giapponese. Il metodo tradizionale prevede l’utilizzo di polvere ferrosa (satetsu) come materia prima, ovvero un particolare tipo di sabbia dalle alte concentrazioni di ferro. La sabbia ferrosa veniva setacciata con l’acqua corrente per separare i frammenti di ferro più pesanti, che rimanevano sul fondo, dai restanti portati via dall’acqua. La sabbia ferrosa veniva poi portata in fornace (tatara) a 1.000 gradi, con l’aggiunta di carbone di legna per incrementare il livello di carbonio presente nella lega metallica: una lavorazione importantissima, perché il ferro contenuto nella sabbia, considerata la bassa quantità di carbonio, se lasciato così com’è, avrebbe dato origine a un prodotto meno duro e resistente, più incline a piegarsi e, in definitiva, non adatto alla guerra.

L’acciaio prodotto dall’unione tra il ferro e il carbonio, precipitato sul letto della fornace sotto forma di agglomerato spugnoso (tama hagane), è però ancora troppo grezzo per essere utilizzato. Il tama hagane, infatti, deve essere forgiato e piegato svariate volte su sé stesso per legare uniformemente gli elementi tra loro ed eliminare le impurità, prevenendo così eventuali punti deboli che potrebbero rovinare irrimediabilmente la lama. Il numero di pieghe è tradizionalmente 15: per ogni piega, gli strati si moltiplicano in maniera esponenziale dando origine, al termine della quindicesima, a ben 32.768 strati. Mettendo sullo stesso piano questa tecnica con quella europea sembrerebbe naturale che le spade italiane rinascimentali (che magari, a seconda della lavorazione, non venivano neppure mai ripiegate) risultino più scarse. Matematico, no? No.

C’è una spiegazione che giustifica la complessa lavorazione della katana ed è dovuta a un solo fattore: la materia prima. La sabbia ferrosa raccolta sulla costa giapponese deve essere selezionata, arricchita di carbonio, ripulita di scorie, frammenti e scarti per poi essere nuovamente lavorata tramite una lunga e complessa forgiatura: un processo molto più difficoltoso di quello che avviene con i minerali raccolti nelle cave estrattive, già conosciuti e sfruttati in Italia fin dai tempi degli Etruschi.

Quella della katana, dunque, è un’arte nata per rispondere a un’esigenza specifica, esattamente come avveniva con le spade d’epoca vichinga, le quali subivano addirittura una torsione in fase di forgiatura, le spade di Damasco o la tecnica dell’acciaio a pacchetto occidentale, anch’esso ripiegato più e più volte in fase di forgiatura. Un armaiolo milanese rinascimentale poteva disporre di lingotti del migliore acciaio dell’epoca e non aveva alcun bisogno di piegarlo 15 volte raggiungendo 32.768 strati. Anzi, tale lavorazione, oltre che inutile, forse si sarebbe rivelata perfino controproducente.

Per questo la superiorità della katana su una qualsiasi spada europea è priva di fondamento sotto il punto di vista metallurgico. Senza contare che la katana non è neppure paragonabile alle altre armi da guerra, poiché il suo valore sociale era più elevato di quello tattico: un simbolo di prestigio che solo le eccellenze della casta guerriera potevano esibire.

Ma lo sapete qual è un altro grande falso mito legato alla katana? Il fatto che la si portasse sulla schiena, per sfoderarla in modo fulmineo come un ninja! Peccato però che sia, appunto, un falso mito. Ne parlo in questo articolo: Il mito della spada legata sulla schiena. Non perdetelo!

  1. The Grammar of Warfare, Tim Newark
  2. Storia dei samurai: Cronache dal periodo degli stati combattenti, Francesco Dei
  3. Samurai, Warfare and the State in Early Medieval Japan, Karl F. Friday
  4. L’introduzione degli archibugi occidentali in Giappone, Nicola Zotti
  5. Secrets of the Samurai: The martial Arts of Feudal Japan, Oscar Ratti, Adele Westbrook
Lorenzo Manara
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