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21 Ottobre 2019

L’importanza della traduzione

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Da quando guardo le serie Netflix spocchiosamente in lingua originale non riesco più a godermi film doppiati.

Ultimamente ho preso un’abitudine che molti giudicano snob e antipatica, ma che in realtà si è rivelata utile e produttiva. Mi son messo a guardare film e serie-tv in lingua originale.

Ho cominciato con film semplici che conoscevo già, con sottotitoli in italiano. Qualche classico Disney e roba così. Dopo un mesetto sono passato ai sottotitoli in inglese per gustarmi dialoghi un po’ più complessi. Ho guardato serie tv come How I Met Your Mother, Friends, ma anche cartoni animati. Spesso metto qualcosa semplicemente come sottofondo mentre do il cencio o mangio, acchiappando qualche frase e buttando un occhio allo schermo quando non capisco cosa farfugliano gli attori.

I benefici sono evidenti, dico davvero. In pochi mesi ho migliorato molto il mio inglese e quando sono andato in vacanza all’estero mi sono riscoperto un chiacchierone di prima categoria. Attaccavo bottone con tutti, dal commesso del supermarket al tizio che faceva benzina accanto a me.

Dove voglio arrivare? Ora ve lo spiego.

L’ultima serie tv che ho visto su Netflix si chiama Godless. E’ ambientata nel vecchio West ed è davvero una bella serie. E’ breve, ha una trama solida e un finale entusiasmante. L’ho vista in lingua originale e ho goduto parecchio nel sentire l’accento dei mandriani di fine Ottocento. Il problema però è arrivato durante i titoli di coda. Mentre scorrevano tutti quei nomi ho pensato di tornare indietro di qualche scena per ascoltare la traduzione in italiano. Dopotutto era da mesi che non guardavo qualcosa in ita.

E’ stato disastroso.

Il fuori sincrono fra le battute ridoppiate e il movimento delle labbra è tremendo. Proprio non capisco come abbia fatto a ignorarlo negli ultimi 30 anni della mia vita. L’audio in sé, poi, è artefatto. Si perde del tutto il contesto ambientale nel quale recitano gli attori, quei piccoli dettagli che rendono i dialoghi parte integrante del luogo. Per quanto la tecnologia aiuti a ricreare le varie situazioni in cui si trovano i personaggi c’è sempre qualcosa che va perduto, le voci sembrano galleggiare nell’aria. Insomma, sono sicuro che se avessi visto Godless in italiano non mi sarebbe piaciuto così tanto.

Facendo questa comparazione mi sono reso conto di quanto sia importante la traduzione di un’opera, di quanto incida sulla sua resa complessiva.

Con “Il Signore degli Anelli – Le due torri” la cosa è andata decisamente meglio. Il doppiaggio italiano è ottimo, voci praticamente perfette. Il labiale fuori sincrono è sempre presente, ovviamente, ma a parte quello l’esperienza è abbastanza godibile.

Però, c’è un però, ho scoperto un’altra magagna. Qualcosa che potrebbe essere più grave di quanto si pensi: la traduzione.

Tradurre un’opera è difficile, perché si deve mantenere l’esatto senso del discorso restando nei limiti della battuta. Ovvero, un’espressione che in inglese viene pronunciata con 2-3 parole magari per avere lo stesso significato in italiano necessita di 4-5 parole. A volte si deve trovare un sinonimo non precisissimo o addirittura modificare il senso della battuta.

Ne “Il Signore degli Anelli – Le due torri” ad esempio c’è una dialogo che mi ha sempre fatto storcere il naso ma non ho mai capito il perché. Fino a ieri.

La scena in questione è quella in cui Theoden, re di Rohan, si risveglia dall’ammaliamento di Saruman. Egli è appena rientrato in possesso delle sue facoltà mentali e ha scoperto che Grima Vermilinguo è in realtà un traditore. Theoden è furibondo, afferra la spada e la solleva sopra la testa per uccidere il proprio consigliere. A fermarlo però è Aragorn che, spinto dai più alti valori di giustizia e nobiltà, pronuncia le seguenti parole: “No, mio signore. Troppo sangue è stato versato a causa sua.”

Ecco, fossi stato Theoden gli avrei risposto “Appunto”. Poi avrei spatafasciato la spada sulla testa del traditore.

La frase che pronuncia Aragorn in italiano non ci sta. E me ne accorsi fin dalla prima visione quando avevo più o meno quindici anni. Certo, pensandoci un attimo si intuisce cosa voglia dire Aragorn, ma vediamo l’originale inglese.

“Enough blood has been spilled because of him.”

Oh, lo vedete? Ora sì che torna. “E’ stato versato abbastanza sangue a causa sua.” Abbastanza. Messa in questo modo è lampante che Aragorn voglia fermare lo spargimento di sangue. “Di sangue ne è stato versato a sufficienza, grazie.” Capite la sottile ma fondamentale differenza fra “troppo” e “abbastanza”?

Un’altra scena che non si capisce bene è quella di Faramir e il fatto che debba pagare il fio con la vita. Boh, a cosa si riferiscano per me è un mistero. Non sono riuscito a sbrogliare la faccenda neppure vedendolo in inglese.

Aspettate però, non partite in quarta con gli insulti per difendere il doppiaggio italiano, il migliore al mondo e blablaluoghicomuni. Adesso porterò in causa l’esempio opposto, ovvero una traduzione italiana che migliora l’originale.

Nel film Disney “Le follie dell’imperatore” c’è una scena in cui Kronk srotola un cartello per commentare un evento di trama inspiegabile, rompendo la quarta parete. Egli, assieme a Yzma, ha raggiunto il laboratorio prima dei protagonisti e quando Kuzco chiede loro come abbiano fatto a superarli i due cattivi non sanno come rispondere. “How did you back here before us?” chiede Kuzco. “Well, you got me. By all accounts, it doesn’t make sense”, risponde Kronk. Fiacca, vero? In pratica la battuta di Kronk non fa che rimarcare una situazione senza senso dicendo che è senza senso. Non è così che si fa ironia. Sentitela invece in italiano.

“Non è possibile! Come avete fatto ad arrivare prima?”

“Bella domanda, se lo stanno chiedendo tutti in sala.”

Bellissimo. Kronk non solo ammette di non sapere come abbia fatto ad arrivare al laboratorio prima dei protagonisti, sottintendendo che la trama del film abbia qualche problema, ma allude perfino alla sala del cinema nel quale in quel momento viene proiettato il film e al fatto che gli spettatori siano dubbiosi quanto lui. Applausi.

In conclusione, quello che voglio dire è che una traduzione non è mai uguale all’originale. Nel bene o nel male, in senso peggiorativo o migliorativo. That’s all folks.

Lorenzo Manara
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