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30 Gennaio 2021

Le origini del fantasy

origini del fantasy re artù

Il genere fantastico affonda le proprie radici nella mitologia e nelle leggende dell’antichità: quali sono le origini del fantasy?

Se volessimo ricercare le origini del fantasy, ovvero la data di nascita di tutte le storie che conosciamo ormai fin troppo bene e trattano di cavalieri, draghi, anelli del potere, quest, palle di fuoco, maghi, streghe, punti esperienza e dadi a venti facce sicuramente finiremmo per inciampare negli antichi miti europei, che fra popoli nordici e mitologia greco-romana hanno fondato le basi del folclore moderno: primo fra tutti il leggendario mito di re Artù.

Di roba da dire sul ciclo arturiano (chiamato anche ciclo bretone o materia di Bretagna) ce n’è per una vita intera. Personalmente quando vado a caccia di aneddoti nell’infinita varietà di narrazioni sul tema, non finisco mai di trovare spunti per i miei romanzi. Mi ritrovo sempre a pensare: “Ma dai, anche questa leggenda appartiene al ciclo arturiano?”.

Ed ecco perché state leggendo queste righe: perché voglio mettere assieme tutto il materiale che utilizzo per scrivere libri e pubblicarlo sotto forma di articoli. Insomma, organizzare qui su blog quello che potrebbe essere definito un viaggio alla scoperta delle origini del fantasy moderno a partire dalle sue più celebri saghe. Non mancherò di fare riferimenti alla cultura pop, fumetti, videogiochi e film e, soprattutto, di mostrarvi le splendide illustrazioni che Isabella Manara ha realizzato ad hoc per accompagnarci nel viaggio1. Ma bando alle ciance e iniziamo senza indugiare oltre.

Uso l’espressione origini del fantasy non a caso. Perché la cultura fantastica moderna parte proprio da lì. Quando si pronuncia l’espressione “genere fantastico” le prime immagini che appaiono nella mente rimandano a quella letteratura antica, fatta di cavalieri della tavola rotonda, mostri e magia. Una letteratura antica che, a dirla tutta, non sarebbe neppure da definire strettamente britannica. Anzi, secondo alcuni non lo è per niente.

La saga di Artù è un insieme di opere che riflettono la storia della Britannia e ricadono nelle canzoni di gesta più volte rimaneggiate e modificate nel tempo. Romanzi cavallereschi che spopolavano in Francia, ma anche Spagna, Italia e un po’ dappertutto. La storia della Britannia è quella del V e IV secolo: una storia composta da grandi migrazioni e che comincia, guardate un po’ il caso, con l’abbandono dell’isola da parte dell’Impero romano. Esatto, voglio ficcare gli italiani nel ciclo bretone (o, quantomeno, i nostri antenati).

Perché, se ricordate dai tempi di scuola, l’Impero romano si spinse fino in Britannia con le sue conquiste e ci rimase per quattro secoli. Un minimo di impronta culturale ce l’avranno lasciata, no? Infatti, una delle molte teorie che circolano sul conto di re Artù è proprio quella che lo vuole dux romano, l’ultimo condottiero rimasto dopo l’abbandono dell’isola da parte dell’Impero contro le invasioni dei sassoni. Un film molto famoso del 2004 “King Arthur” segue proprio questa teoria.

Tra le lande verdeggianti di quell’umida isola aveva luogo uno scontro di culture iniziato con l’arrivo dei Celti dall’Europa centrale e dai romani dal Mediterraneo e poi di numerosi altri popoli come gli Angli, i Sassoni, i vichinghi e infine i normanni: tutti simpatici signori originari dell’attuale Francia, Germania, Italia e perfino dalla Danimarca e dalla Scandinavia che, spada alla mano, si sono fatti avanti per conquistarsi un pezzetto di Gran Bretagna. Si tratta dunque di un fritto misto europeo nel quale ci siamo pure noi italiani come antipasto sostanzioso.

I nomi stessi con i quali si identificano le storie di Camelot (ciclo bretone, materia di Bretagna…) richiamano la regione della costa francese, coinvolta da vicino in quelle che erano continue migrazioni, su e giù, per il canale della Manica. Ecco perché mi piace pensare che il ciclo arturiano appartenga non solo alla Gran Bretagna, ma all’intera Europa molto più di quanto s’immagini. E di conseguenza che abbia influenzato il genere fantasy contemporaneo.

Una fonte autorevole che voglio citare per confutare l’appartenenza del ciclo arturiano alla sola identità britannica è quella di J.R.R. Tolkien in persona, autore della saga che è diventata sinonimo della parola fantasy. L’idea alla base di Tolkien, infatti, lo stimolo che lo spinse alla creazione di Arda e dell’universo de Il signore degli anelli, era proprio quella di ricostruire la storia perduta della Britannia. Tolkien conosceva bene il crogiolo culturale della mitologia inglese, formatasi in seguito a invasioni e migrazioni di ogni tipo, e voleva creare qualcosa di originario dell’isola stessa, qualcosa che non provenisse dalla Scandinavia o dalla costa settentrionale francese (cosa su cui scherzò successivamente, definendola “follia giovanile”).

Having set myself a task, the arrogance of which I fully recognized and trembled at: being precisely to restore to the English an epic tradition and present them with a mythology of their own: it is a wonderful thing to be told that I have succeeded, at least with those who have still the undarkened heart and mind.

Lettera di Tolkien a un fan, 1956.

Insomma, se volete seguirmi in questa nuova avventura non vi resta che restare nei paraggi e magari iscrivervi alla newsletter e social vari, perché è un ottimo modo per non restare indietro nella selva oscura e perdervi qualche articolo.

Pubblicherò gli articoli a mano a mano che vado avanti con la scrittura dei miei romanzi, ogni volta cercando gli aneddoti più interessanti e i collegamenti più originali al nostro tempo: niente spiegazioni enciclopediche, ma dettagli vividi e concreti. Non voglio fare robe noiose. Promesso.

In futuro aggiornerò questa che a tutti gli effetti è l’introduzione con i link agli articoli. Ho in mente di dividerli e pubblicarli poco per volta, divisi per argomento, iniziando con il principio e la presentazione del personaggio da cui ha avuto origine la magia moderna: Merlino.

  1. Illustrazione dell’articolo di Isabella Manara
Lorenzo Manara
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