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21 Dicembre 2016

La maschera anti frammentazione

maschera anti frammentazione

La maschera protettiva indossata dai carristi durante la Prima guerra mondiale

I carri armati della Prima guerra mondiale furono una strana innovazione. Erano lenti e sgraziati, poco più di contenitori blindati che si muovevano a passo d’uomo. Furono la naturale evoluzione delle autoblindo e grazie ai loro cingoli dovevano risolvere il problema tattico generato dalla trincea, sfidando l’accoppiata mitragliatrice e filo spinato che stava dilaniando gli eserciti di tutto il mondo. Quando fecero il loro primo ingresso sui campi di battaglia sembrarono dei mostri agli occhi degli avversari; emergevano dalla nebbia con il loro fracasso e terrorizzavano le fanterie. L’effetto sorpresa però non durò molto, presto si scoprì che erano tutt’altro che invincibili.

Il Mark I, carro inglese entrato in servizio nel 1916, possedeva una corazza in piastre metalliche spessa dai 6 millimetri nel punto più debole ai 12 millimetri sul fronte e sui lati 1. Era una protezione sufficiente a bloccare i fucili dell’epoca, tuttavia l’equipaggiamento in dotazione ai carristi prevedeva uno strano oggetto che risulta quasi anacronistico: la maschera anti frammentazione.

La maschera anti frammentazione era composta da piastre forate per coprire gli occhi e una maglia di ferro davanti alla bocca e al mento, la stessa maglia ad anelli diffusa nell’Alto Medioevo. La sua funzione era quella di proteggere dal terribile fenomeno dello spalling. Non esiste una traduzione letterale del termine inglese, ma il concetto può essere riassunto in italiano come frammentazione, ovvero il distaccamento di schegge metalliche a seguito dell’onda d’urto rilasciata dal proiettile.

maschera anti frammentazione

Non era necessario che un proiettile perforasse le piastre corazzate del carro per ferire gli occupanti del mezzo corazzato. L’energia generata dallo sparo di un’arma da fuoco poteva colpire l’armatura senza riuscire a disperdersi sulla sua superficie, trasmettendo la forza del colpo al lato interno dell’abitacolo. Il retro della piastra sarebbe quindi esploso in mille pezzi, lanciando frammenti contro l’intera squadra del carro: un vero inferno di schegge.

Negli anni successivi l’impiego della maschera anti frammentazione cadde in disuso. I carri videro un incremento di spessore delle corazze e al tempo stesso si diffusero numerose munizioni anticarro in grado di riprodurre l’effetto dello spalling intenzionalmente: in questo scenario, ci si rese conto che la maschera era semplicemente inutile. E forse lo era sempre stata, considerando che non veniva indossata da nessuno.

Era molto spiacevole stare all’interno di un Mark I. Non c’era ventilazione, la squadra condivideva lo stesso spazio con il motore e respirava aria contaminata dal monossido di carbonio, dai vapori nocivi derivanti dal carburante e dagli esplosivi alla cordite. La temperatura poteva raggiungere i 50 °C, causando perdita di conoscenza o il collasso dei carristi non appena si affacciavano all’esterno 2.

Ecco perché la maschera anti frammentazione non veniva indossata. Con tutti i problemi che si potevano avere guidando un carro armato, le schegge mortali erano l’ultima cosa a cui pensare.

  1. AFV Weapons Profile No. 3: British Tanks Marks I to V
  2. History of the Great War Based on Official Documents: Medical Services Diseases of the War
Lorenzo Manara
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