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27 Aprile 2025

La maledizione della strega di Berkeley

strega di berkeley

Il diavolo venne a prenderla: la storia della strega di Berkeley narrata dal cronista medievale William of Malmesbury

Nell’anno 1065, in Inghilterra, due fratelli si trovavano nella camera da letto della madre. Lei stava sdraiata, pallida, gravemente malata; erano i suoi ultimi istanti di vita, ma c’era qualcosa di importante che aveva da dire ai propri figli. Qualcosa che nessuno immaginerebbe mai di sentirsi dire in un momento simile. Con voce tremante, li supplicò di ascoltarla attentamente e di seguire le sue indicazioni. Perché non appena avrebbe esalato l’ultimo respiro, in quella stessa camera, sarebbe entrato il Diavolo: questa è la storia medievale della strega di Berkeley.

Questa scena, tenetevi forte, non proviene da un film e nemmeno da un episodio di qualche serie di paura. Si tratta di una vicenda realmente accaduta nella storia medievale, almeno stando all’autore della cronaca in cui è stata riportata: William of Malmesbury, un monaco inglese vissuto a cavallo tra XI e XII secolo 1. Nel suo manoscritto di natura storica, una cronaca appunto, che narra di cosa avveniva a quel tempo tra sovrani, vescovi e battaglie, prendono posto anche inserti più pittoreschi, se così si può dire, di natura soprannaturale. E questo è uno di quelli, la cui vicenda ha come protagonista una donna in punto di morte e, soprattutto, i suoi due figli, un maschio e una femmina, alle prese con quel che accadrà non appena la madre passerà a miglior vita: ovvero, la venuta del Diavolo. Il quale, manco a dirlo, non giunge sulla terra per fare una passeggiatina. Piuttosto, viene per reclamare anime, da maledire per sempre tra le fiamme dell’Inferno.

L’autore della cronaca mette subito le mani avanti. Tutto quello che state per ascoltare non avenne per miracolo divino, bensì per arte infernale, ed è estremamente vero. Perché se anche doveste sentirvi increduli, lui (il monaco William) ci rassicura d’averlo sentito raccontare da un uomo di tale levatura, ovvero da un importante e rispettabile nobile del tempo (il cui nome, però, resta anonimo) che diventa impossibile dubitare di questa storia. Insomma, l’autorità della fonte è indiscussa. Per gli standard moderni questa informazione non basta di certo come garanzia di veridicità, ma tant’è.

Questa donna viveva a Berkeley, nell’Inghilterra del sud. E la sua vita non era stata tra le più tranquille, perché sul letto di morte rovesciò addosso a figli un’altra grande rivelazione che diede loro un bel po’ di problemi. Ovvero che lei era una strega. Colpo di scena.

La madre che stava confessando tutta la verità ai due figli era una strega, che per tutta la vita si era dedicata agli incanti magici, esperta nell’antica arte della divinazione, ovvero del profetizzare eventi futuri. Il tutto senza mai far sapere a nessuno quel che faceva (manco ai figli). E di cose ne faceva, parecchie, tutte naturalmente peccaminose. Perché oltre alla stregoneria, che era peccato di per sé, la donna era pure molto golosa e particolarmente lasciva. Infatti, specifica l’autore, non era vecchia. Lo specifica perché di base, quando ci si immagina una strega, la si immagina prevalentemente vecchia. Ed è vero oggi, quanto lo era allora. Perciò, questa donna ancora piacente, si dava da fare abbandonandosi ai peccati carnali più comuni, oltre che alla stregoneria. Ma che incanti faceva, nello specifico? Non viene descritto nel dettaglio, ma si lascia intendere che fosse in grado di parlare con gli animali, o quantomeno di interpretare il futuro, soprattutto tramite gli uccelli, e nello specifico osservando, e ascoltando, le cornacchie. Il fulcro di questa vicenda, infatti, l’origine della maledizione che colpì questa strega, ebbe inizio proprio col volo, e il canto stridulo, di una cornacchia.

Era accaduto un giorno, mentre la donna stava banchettando (sfogando le sue perversioni di gola) che una cornacchia sua favorita, che ascoltava spesso per enunciare profezie, gracchiò più forte del solito. Molto più forte del solito. E nell’udire ciò, la donna, che stava mangiando, trasalì, lasciando cadere tutto ciò che aveva in mano. Quel che alle persone normali sarebbe suonato come un comune gracchiare di corvo, per lei significava una cosa ben precisa, una sventura.

“Oggi il mio aratro ha compiuto il suo ultimo solco; oggi sentirò e soffrirò qualche terribile calamità.”

La cornacchia aveva profetizzato una vera e propria maledizione, che si sarebbe abbattuta sulla donna in quel preciso momento, per via della sua condotta immorale e peccaminosa. Infatti, in quel preciso istante, da lei giunse un messaggero, portatore della prima delle grandi sventure che sarebbero avvenute. Messaggero giunto per recarle l’orrenda notizia che suo figlio, con tutta la sua famiglia, era morto in un terribile incidente.

La donna, travolta dal dolore, si confinò a letto, devastata nell’animo e anche nel corpo, poiché una grave malattia cominciò a rovinarla, seconda delle grandi sventure profetizzate dalla cornacchia. Ed ecco che torniamo alla scena iniziale, perché non appena lei sentì la malattia aggravarsi, e capì che non vi era modo di guarire, mandò lettere urgenti ai due figli che le erano rimasti: un maschio e una femmina, i quali, per scherzo del destino, erano entrambi dediti alla vita spirituale, poiché monaco e monaca.

E quindi possiamo immaginare quanto rimasero doppiamente sconvolti non appena la madre, in punto di morte, rivelò loro la sua vera identità, o natura. E il fatto che il Diavolo sarebbe venuto a prenderla. Perché questa era l’ultima delle grandi e terribili sventure, la conclusione di una vita trascorsa nel peccato e nella stregoneria: finire artigliata dal Diavolo e trascinata all’Inferno, fisicamente.

La madre, dunque, cominciò a raccontare. Disse di aver provveduto alle sue misere condizioni, per tutta la vita, tramite le arti demoniache. Di essere stata “la fogna di ogni vizio”. Eppure, mentre praticava quei crimini, al tempo stesso rimediava alla sua infelice anima tirando su i figli, proprio loro, quel monaco e quella monaca. Perché la loro vocazione era stata anche merito della strega, che sapeva che un giorno i suoi stessi figli le sarebbero stati utili, tramite le loro virtù e la loro fede. Insomma, per fare un parallelo, è come se un mafioso crescesse due figli per farli divenire appositamente magistrati, così che in futuro avrebbero aiutato il padre a gestire i problemi con la legge. Diabolico, no?

Ecco il vero motivo per cui li aveva chiamati sul letto di morte, raccontando loro tutta la verità: ovvero per supplicarli di aiutarla contro lo stesso Diavolo che ora la stava braccando. Perché il Diavolo sì, era sulle sue tracce, e l’avrebbe abbrancata non appena lei sarebbe morta. Ma lei non era una donna qualunque: lei era una strega, e aveva ancora qualche asso nella manica: dei provvedimenti esoterici per scongiurare l’arrivo del Demonio.

La madre, con un filo di voce, spiegò ai due figli (monaco e monaca, lo ripeto) cosa avrebbero dovuto fare (e non si trattava certo di dire due preghierine). Per prima cosa, non appena lei fosse morta, avrebbero dovuto cucire il cadavere nella pelle di un cervo, in modo da coprirlo interamente, poi adagiarlo supino in una bara di pietra. Il coperchio della bara doveva essere sigillato col piombo e il ferro. Poi, sopra il coperchio, ci andava messa una pietra, legata alla bara con tre catene di ferro di enorme peso. Infine, ecco che arrivavano le preghierine, perché anche quelle servivano, ma in gran numero: cinquanta giorni di messe e cinquanta notti di salmi cantati. Solo questo avrebbe placato i feroci attacchi del Maligno.

Dopo questo tutorial su come non finire all’Inferno, la donna si lasciò andare a un’ultima raccomandazione. Mi raccomando, figli miei, proteggetemi così per almeno tre notti. Trascorso tale termine potrete poi seppellirmi nella terra, anche se temo che la terra, “così tante volte gravata dai miei crimini, si rifiuti di ricevermi e custodirmi nel suo seno.” Insomma, pare che manco lei ci credesse così tanto di sfangarla.

I figli, però, mossi a pietà dalle parole della madre, e mossi dall’amore che, nonostante tutto, provavano per lei, si adoperarono subito per mettere in pratica quel rito di protezione. Subito non appena tirò le cuoia, cucirono il cadavere della strega nella pelle di cervo e lo rinchiusero in una tomba di pietra, col masso sopra, la catena e tutto il resto. Poi coinvolsero i sacerdoti e le donne di chiesa, loro amici, per imbastire quel numero di messe e salmi che avrebbero dovuto recitare per i 50 giorni e le 50 notti a seguire, ininterrottamente. Sembrava che tutto filasse via liscio, finché non calò il sole e cominciò la prima notte dopo la morte della strega. E qui, l’episodio diventa vera e propria storia di paura.

Perché mentre i sacerdoti cantavano i salmi, opportunamente chiusi nella chiesa, il cui portone era stato sprangato con un’enorme sbarra (piccola precauzione in più, tra le tante), il Diavolo si fece avanti. Così grande era la colpa della donna, dice l’autore della cronaca, così grande la violenza del Demonio. Ed ecco che direttamente dagli Inferi, il Diavolo raggiunse le porte della chiesa e le sfondò col suo impeto demoniaco, spezzando la sbarra e i cardini. Entrò, dunque, nella casa del Signore, e lo fece accompagnato da numerosi altri demoni. Contrariamente a quel che si vede nei film e nelle opere moderne, il diavolo e i demoni rappresentati nella stragrande maggioranza delle opere medievali, quelle autentiche, sono perfettamente in grado di entrare negli edifici sacri, e toccare fisicamente, con mano, tutto ciò che è sacro. In alcuni racconti, come quelli scritti dall’abate cistercense di Heisterbach, che ho narrato in numerosi episodi della playlist Leggende Affilate, i demoni prendono pure in mano la Bibbia e la leggono. Senza problemi. O, meglio, qualche problema c’è, ma è pura interpretazione a loro favore, laddove la parola di Dio viene male interpretata a favore dei demoni, per loro tornaconto. Ma questa è un’altra faccenda, riguardo l’intelligenza dei demoni ingannatori, che consiglio di recuperare ascoltando gli episodi che ho pubblicato in playlist.

Insomma, il Diavolo, con qualche demone di contorno, sfondò le porte sbarrate ed entrò in chiesa, verso la bara di pietra attorno alla quale si erano radunati i sacerdoti, per il canto dei salmi. Raggiunse le catene e riuscì a spezzarne una, prima di essere ricacciato fuori dai sacerdoti, i quali avevano dalla loro parte la fede in Dio, e non potevano essere toccati. Rimanevano ancora due catene, dunque, ma come nelle migliori barzellette, la stessa situazione si ripeté la notte dopo, quando il Diavolo sfondò di nuovo le porte della Chiesa e spezzò pure la seconda catena.

A questo punto, si arriva alla terza notte. La strega era stata chiara su questo punto, se le difese avessero retto oltre al terza notte, allora sarebbe stato possibile seppellirla, poiché ormai il Diavolo non avrebbe più tentato di artigliare il cadavere e portarlo via. Per questo, possiamo immaginare i sacerdoti e gli stessi figli della strega, adoperarsi per incrementare le difese della chiesa, come soldati sul punto di resistere alle fasi finali di un assedio. Una cosa molto simile è avvenuta per davvero, l’estrema difesa di un pugno di cavalieri dentro una chiesa nel corso della guerra dei Cent’anni: episodio che trovate in Leggende Affilate, dal titolo “Owain dalla mano rossa. gli eroi della tomba”.

In questo caso, però il nemico non era neppure paragonabile a quello che normalmente ti assedia il castello. Stavolta c’era il diavolo coi suoi demoni. E quando calò il sole, sul principio della terza notte, fuori dalla chiesa si scatenò l’Inferno, letteralmente.

Un gallo cominciò a cantare, nel buio, e l’intero monastero sembrò scuotersi fin nelle fondamenta al clamore del nemico in avvicinamento. La legione demoniaca si schierò davanti all’ingresso e un diavolo in particolare, di aspetto più terribile degli altri e di statura più alta, si lanciò contro le porte per sfondare con una violenza inaudita. Porte che ancora una volta i monaci erano riusciti a rimettere a posto, tra l’altro, non si sa con quale maestria edilizia.

I sacerdoti, alla vista di questo enorme diavolo, rimasero immobili per la paura, i loro capelli si drizzarono, in silenzio, senza parole. E il diavolo avanzò nella chiesa, verso la bara, che ora aveva una sola catena a tenerla chiusa. Il diavolo parlò, rivolto al cadavere della strega: “Alzati”, le ordinò. E la strega, morta, rispose: “non posso, c’è la catena”. E’ tutto vero, il dialogo è riportato così nella cronaca.

Allora, l’enorme diavolo, che forse era un nuovo assunto e non era stato informato della questione delle catene di protezione, rispose: “Sarai liberata, a tue spese”. E con una ferocia inaudita spezzò la catena, rompendola con la facilità con cui si potrebbe rompere una catena di lino. Poi sollevò la gamba gigantesca e pestò un calcione sul coperchio della bara di pietra, mandandolo in frantumi. Infine, affondò il braccio nel sarcofago, e tirò su il cadavere della strega, tenendola per mano.

I sacerdoti e i figli stessi della donna furono costretti ad assistere a quella orrenda processione verso l’uscita della chiesa, laddove attendeva un cavallo nero, che nitriva con orgoglio, coperto con una sella ornata da uncini di ferro. La strega fu posta a cavallo del destriero, uncinata alla sella, e immediatamente, con tutta la legione di demoni, scomparve. Là, fuori dalla chiesa, non c’era più nessuno. Ma in lontananza un grido cominciò a dilaniare l’aria fredda della notte. Le pietose urla della strega, che era appena finita all’Inferno, si udirono fin lassù, e tutti poterono ascoltarle nel raggio di 4 miglia.

La storia si concluse così. Per quanto la strega ci avesse provato a salvarsi, non ce la fece. E questo è l’insegnamento di un racconto narrato per scopi dottrinali, per indottrinare le persone e spingerle a comportarsi bene, devotamente, secondo i dettami della chiesa. Perché in caso di inadempienza, non esistono scappatoie: il Diavolo ottiene sempre quel che gli spetta. E questo vale per tutti, anche per i sovrani. Al termine della cronaca, infatti, l’autore fa un parallelo con un celebre sovrano sulla cui morte è aleggiata una macabra leggenda con tanto di maledizione. Costui era Carlo Martello, un potente condottiero franco dei primi secoli del Medioevo. Stando ai resoconti, per finanziare il suo esercito e le sue campagne militari, Carlo Martello avrebbe confiscato molte proprietà appartenenti a monasteri e chiese in tutta la Francia. Questo atto fu considerato un grave sacrilegio e un’offesa alla Chiesa. La leggenda narra che, a causa di queste sue azioni, lo spirito del sovrano non trovò pace. Si racconta che il suo corpo fosse stato trascinato fuori dalla tomba dai demoni. Questa inquietante vicenda fu rivelata dallo vescovo di Orléans in persona, il quale la rese pubblica, probabilmente per ammonire altri governanti, e dir loro di abbassare la cresta. Che se ti metti contro la Chiesa, poi sono cavoli amari.

Questa è la storia della strega di Berkeley, se ti ha appassionato seguimi e ascolta gli episodi di Leggende Affilate, disponibili su tutte le piattaforme di streaming.

  1. Storia della strega di Berkeley, William of Malmesbury, Gesta Regum Anglorum
Lorenzo Manara