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22 Settembre 2015

La corazza del carabiniere Fauveau

Nel 1809, Napoleone ordinò che i corazzieri e i carabinieri a cavallo fossero protetti da una corazza. Precauzione efficace o palliativo?

Conosciamo bene la figura del corazziere, la guardia d’onore destinata alla rappresentanza delle massime istituzioni dello Stato italiano. Lo vediamo sempre in televisione nella sua uniforme con l’elmo e la corazza scintillante. Il suo equipaggiamento in uso tutt’oggi (oltre che un simbolo della tradizione del Reggimento) è un riflesso dell’anacronismo storico che ha contraddistinto l’evoluzione delle armi dopo la scoperta della polvere da sparo.

Quello dei corazzieri non è un reparto esclusivamente italiano, bensì un corpo di cavalleria che è stato presente in gran parte degli eserciti d’Europa. Fino al XIX secolo si potevano ancora scorgere sui campi di battaglia reggimenti di cavalleria corazzata come quella dei prussiani, francesi, spagnoli, austro-ungarici e inglesi (gli Ironsides di Cromwell vantavano corazze “a prova di moschetto”). Galoppavano sui loro destrieri, elmi con crine di cavallo al vento, e si gettavano nella mischia mentre l’artiglieria batteva il campo.

La domanda più immediata è: perché ancora la corazza? (Potete trovare la risposta al quesito anche sul mio canale youtube, nel video dedicato).

ritratto di carabiniere a cavallo [Gericault 1814]
Ritratto di carabiniere a cavallo. [Gericault, 1814]

Il decreto del 24 dicembre 1809, per ordine di Napoleone, ridefinì l’uniforme dei carabinieri a cavallo al servizio di Francia: giubbe e pantaloni di colore bianco, elmo con sottogola e cresta decorata con setole di ciniglia cremisi, una carabina, una sciabola, un paio di pistole e una corazza di ferro rivestita da una lamina d’ottone dorato (di colore argentato per i corazzieri).

Perché uno dei migliori strateghi della storia confidava ancora nelle armature medievali? Napoleone era stato un ufficiale d’artiglieria, conosceva bene il ruolo delle macchine da guerra e il loro effetto devastante sulle formazioni di fanteria e cavalleria. La corazza di ferro riusciva forse a proteggere dai proiettili?

Be’, Antoine Fauveau avrebbe avuto qualcosa da dire in proposito. Egli faceva parte del secondo reggimento dei carabinieri a cavallo e combatté a Waterloo dove trovò la morte, il 18 giugno 1815. Sua era la corazza attualmente in mostra al Musée de l’Armée (Parigi), a dimostrazione di ciò che poteva fare una palla di cannone  sparata a distanza ravvicinata.

Corazza appartenuta ad Antoine Fauveau [Waterloo, 1815]

Ferro da munizione martellato e arrotondato, spesso 4 mm, coperto da una lamina d’ottone. Nessuno si aspettava che una corazza simile fermasse le palle di cannone, ma come si comportava con i proiettili delle armi da fuoco portatili? Funzionava contro i moderni fucili a canna rigata degli inglesi?

I reparti di Rifles, la fanteria leggera sotto il comando del duca di Wellington, erano equipaggiati con il fucile Pattern 1800 Infantry Rifle (comunemente, fucile Baker. Lo stesso impugnato da Richard Sharpe nei romanzi di Bernard Cornwell). Era un fucile molto più preciso dei moschetti a canna liscia e poteva colpire un bersaglio con sicurezza a circa 180 metri, ma poteva arrivare anche a 300 1. Fu testato a Woolwich nel 1800 di fronte al giudizio della Board of Ordinance e segnò 11 centri su 12 contro un bersaglio lontano 275 metri 2 .
Gli 85-100 grani di polvere per carica utilizzati dagli inglesi sviluppavano 2500/3000 joule di energia cinetica alla bocca, una potenza media per i fucili dell’epoca.

La corazza dei carabinieri a cavallo invece poteva coprire 2000 joule di energia cinetica 3 . Se dovessimo fare una semplice comparazione matematica arriveremmo alla conclusione che le corazze della cavalleria pesante del XIX secolo non potevano difendere dai proiettili dei fucili, tuttavia ci sono molti altri fattori da considerare.

Innanzitutto il tipo di proiettile utilizzato all’epoca era la pallottola sferica, ovvero l’oggetto con il peggiore coefficente di resistenza aerodinamica. Una sfera genera approssimativamente una resistenza superiore di nove volte rispetto a un oggetto dal profilo aerodinamico (appuntito) di eguale spessore 4. Questo significa che i proiettili delle armi ad avancarica impiegate a Waterloo tendevano a spegnersi rapidamente, perdendo energia.

I corazzieri francesi caricano i quadrati inglesi [Philippoteaux, 1874]
Waterloo, i corazzieri francesi caricano i quadrati inglesi. [Philippoteaux, 1874] Scena rappresentata magistralmente nel film Waterloo del 1970

Una spessa corazza come quella del carabiniere Fauveau non sarebbe servita a niente sulle brevi distanze, ma forse avrebbe arrestato colpi sparati da lontano e i colpi che impattano ad angolazioni diverse, di striscio (perdendo ulteriore energia a causa della deviazione). Questo piccolo incremento della probabilità di sopravvivenza faceva sì che un oggetto difensivo vecchio centinaia di anni fosse ancora usato sui campi di battaglia, a fianco di cannoni, fucili e pistole.

A rendere la corazza ancora più efficace nelle guerre fino alla fine del XIX secolo erano le frequenti mischie all’arma bianca. Quando la baionetta, la spada e addirittura la lancia (ne facevano uso gli Ulani, gli Ussari Alati, i lanceri della Guardia Imperiale fracese ecc..) si facevano largo nel mucchio di carne, una corazza faceva sempre comodo.

In conclusione, un’armatura non era in grado di fermare proiettili sparati a una distanza di tiro utile (ovvero la maggioranza dei casi). Magari ne arrestava qualcuno di rimbalzo, forse riduceva l’impatto provocando una ferita lieve invece che grave e proteggeva dalle baionette nemiche. Insomma, non era del tutto inutile. Purtroppo però il povero Fauveau è stato preso in pieno da una cannonata e con un proiettile simile c’è ben poco da fare…

  1. Twenty-three Years Practice and Observations with Rifle Guns, Ezekiel Baker, 1804, p. 8
  2. British Rifle Man: The Journals and Correspondence of Major George Simmons p. XVII, 1899
  3. The Knight and the Blast Furnace, Alan Williams, p. 948
  4. Shape and Flow: The Fluid Dynamics of Drag, Ascher H. Shapiro
Lorenzo Manara
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