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9 Febbraio 2016

L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson

isola del tesoro

Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho! E una bottiglia di rum!

Non credo esista romanzo d’avventura più avventuroso de L’isola del tesoro. Il libro di Robert Louis Stevenson non ha soltanto gettato le basi di un genere narrativo, ma ha cambiato il modo di fantasticare del mondo intero. Scrigni pieni di monete d’oro, bottiglie di rum, mappe che indicano con una croce il luogo dove scavare, pappagalli appollaiati sulle spalle e, soprattutto, pirati, tanti pirati. La quantità di archetipi lanciati da questo romanzo è impressionante. La maggior parte di essi sono così rilevanti da brillare ancora oggi, a più di cento anni di distanza dalla prima pubblicazione.

Tutto quello che immaginiamo sui pirati è dovuto a L’isola del tesoro. Televisione, film, romanzi, fumetti, videogiochi: non esiste persona al mondo che non conosca l’universo di Robert Louis Stevenson. E’ diventata una consapevolezza quasi innata nella nostra cultura, che ci viene inculcata senza che neanche ce ne accorgiamo. Fa parte di noi, ormai, e non si può cancellare.

I più accorti diranno subito che non è tutta farina del sacco di Robert, che sui pirati si fantasticava già da prima. E’ vero, ma solo in parte. L’isola del tesoro non ha conquistato l’olimpo della letteratura mondiale perché è stato il primo romanzo a parlare di pirati. L’isola del tesoro ha donato una struttura al genere narrativo d’avventura; si è trattato del padre di un’immensa quantità di figli e nipoti, che ancora oggi studiano e mettono a frutto la sua eredità.

Per misurare la caratura di un’opera, di solito, basta controllare la quantità di emuli e rifacimenti. Il capolavoro di Stevenson è un campione in questo senso. La stessa storia è stata ripetuta così tante volte e con così tante varianti da divenire eterna. Ognuno di noi sono sicuro che conosce almeno tre- quattro versioni.

l'isola del tesoro

Che poi quel genio di Stevenson non si è fermato lì. Ha continuato a sfornare romanzi, uno più bello dell’altro. Vogliamo parlare di Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde? E La freccia nera? Avventura e fantastico, storie condite da un ritmo così incalzante da fare invidia alle moderne serie televisive.

Stevenson scrisse L’isola del tesoro per il figlio della donna che aveva sposato; probabilmente un modo per essergli vicino, per dimostrarsi degno dell’affetto paterno. Forse è per questo che svariate generazioni di ragazzi hanno sognato con Jim Hawkins, il protagonista che si imbarca sulla goletta Hispaniola. Stevenson ha descritto Jim con la stessa intraprendenza dei ragazzi che amano navigare con la fantasia, alla ricerca di tesori nascosti, su isole sperdute nell’oceano; tra ammutinamenti, tempeste e crudeli pirati.

E voi? Spero che abbiate letto L’isola del tesoro. Se non lo avete fatto non rattristatevi. Potete farlo adesso. La ciurma ha sempre bisogno di nuovi mozzi, perciò prendete la ramazza e datevi da fare. Il ponte deve essere lucido come uno specchio!

I lingotti d’argento e le armi si trovano tuttora, per quel che ne so io, dove Flint li ha sotterrati; e per quanto mi riguarda, possono restare dove sono. Neppure un carro di buoi riuscirebbe a trascinarmi di nuovo su quell’isola maledetta; e i miei incubi peggiori sono quelli nei quali odo i frangenti tuonare lungo le sue coste, o quando sobbalzo nel letto, con la stridula voce del Capitano Flint che mi rimbomba nelle orecchie: “Pezzi da otto! Pezzi da otto!”. (L’isola del tesoro, explicit)

Lorenzo Manara
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