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7 Giugno 2025

I Santi più Forti del Medioevo: Poteri da Supereroi

santi più forti del medioevo

Ma quali sono i santi più forti del Medioevo? Ve lo dico io, con una classifica potentissima!

E qualcuno starà pensando: ma perché? Perché una classifica dei santi più “forti”? Che significa? Ma che è Dragonball? Eh, avete ragione: ha ben poco senso se non per il fatto che devo scrivere titoli accattivanti, altrimenti le mie storie non se le fila nessuno. Del resto, clicchereste mai su un video intitolato “Vita e miracoli di sant’Equizio”? Certo che no, non lo ascolterei manco io: grida NOIA da ogni lettera. Però, c’è un però, sant’Equizio era un ganzo che voi non v’immaginate nemmeno. Perché lottava coi demoni e pure coi longobardi: era così forte che, da solo, una volta sgominò un intero contingente di soldati: e lo fece tramite un potere soprannaturale, ovvero l’evocazione di uno spirito “immondo”. E qui già vediamo il dualismo tipico di moltissimi santi, ovvero la bontà misericordiosa da un lato (riservata ai timorosi e fedeli cristiani), e l’assoluta spietatezza sanguinaria nei confronti dei nemici di Dio, talvolta sfruttando anche armi non propriamente divine, come uno spirito “immondo”, appunto.

Insomma, di cose da dire ce ne sono tante; tanti poteri, anche molto diversi tra loro e che sembrano parecchio da “supereroe” (e se prestate attenzione fino in fondo, scoprirete un superpotere da santo che è stra-abusato nelle opere dell’intrattenimento moderno e nel fantasy). Quindi, detto ciò: diamo inizio a questo straordinario episodio speciale sui 5 santi più forti del Medioevo (secondo me).

Scusatemi subito, ma devo fare una doverosa premessa. Innanzitutto, mi preme tirar fuori santi che non avete mai sentito, a meno che non viviate nelle estreme vicinanze dei luoghi italiani di cui sto per parlarvi (e anche in quel caso, ho i miei dubbi). Perché, come al solito, voglio portarvi storie il più possibile “nuove”, derivanti da autentiche fonti d’epoca.

Nello specifico, le storie di cui vi racconto oggi derivano prevalentemente dai Dialoghi di Gregorio Magno, testo in latino della fine del VI secolo. Opera dei primissimi anni del Medioevo, che convenzionalmente facciamo iniziare nel 476, con la “caduta” dell’Impero Romano. Questa opera, però, ha avuto un’eco così forte che è stata letta e ricopiata nei secoli successivi, di notevole importanza per l’intera storia medievale. E questo ci porta alla seconda doverosa premessa: al fatto che i santi sono tantissimi, così tanti che superano di gran lunga i supereroi della Marvel o DC.

E anche qui, voi penserete: “ma non è vero, al massimo c’è un santo per ogni giorno dell’anno, basta vedere il calendario”. Eh, no! Il calendario coi santi che abbiamo noi, appeso in cucina, ci mostra i santi che conosciamo noi, quelli più famosi. Ma ce ne sono una marea di più. C’è chi dice decine di migliaia. Il fatto è che esiste un registro, dove possiamo leggere le canonizzazioni ufficiali, ma tale registro hanno cominciato a compilarlo dettagliatamente abbastanza tardi nella storia. Ci siamo persi dei santi per strada, insomma. E poi ci sono anche i santi non canonizzati, che sono stati venerati in passato, oggi misteriosi e dimenticati.

Questo tema del santo dimenticato, tra le altre cose, è il fulcro centrale del mio romanzo, La Stirpe delle Ossa, dove in mezzo alla palude sorge un’antica cripta dove riposano le spoglie di un santo, di cui si è perso il nome, e attorno a cui succedono cose strane. Suona fantasy (perché è un fantasy storico) ma è estremamente “verosimile”, e lo vedremo subito, adesso, con il primo santo fortissimo di questa classifica, il mitico e già citato sant’Equizio!

Sant’Equizio

Equizio viveva in Abruzzo. Ed era il classico santo divenuto tale solo dopo una vita di scelleratezze, diciamo così. Perché da giovane era particolarmente tentato dalla carne. Gli piaceva la carne, in senso simbolico (gli piaceva ficcare), ed era sempre pieno di tentazioni che lo tormentavano. E siccome lui si rendeva conto d’essere un po’ troppo tormentato, che gli piaceva un po’ troppo, ‘sta carne, aveva chiesto a Dio un rimedio per superare tale difficoltà, o vizio capitale. E siccome Iddio Misericordioso vede e provvede, le preghiere di Equizio furono ascoltate.

Una notte gli venne in sogno un angelo mandato da Dio, per aiutarlo nella sua personale battaglia. Nella fattispecie l’angelo era giunto per castrarlo. In sogno, eh! Equizio sognò d’essere castrato, privato di qualsiasi vitalità dai propri genitali. Dalla mattina dopo, chissà perché, smise completamente d’essere tentato. Come se fosse diventato privo di sesso, dice l’autore. Così virtuoso che cominciò a dirigere pure le donne, nel senso che divenne abate fondando svariati monasteri maschili e femminili. Bene, e voi direte, tutto qui? Dove starebbe il suo potere? Eh, ora ci arriviamo.

Equizio aveva una forte connessione con l’Altissimo. Nel senso che sviluppava poteri di veggenza e premonizione. Per esempio, accadde che da Roma fuggì un celebre mago, nel corso di persecuzioni nelle quali tali esperti di magia finivano sul rogo, e tale mago andò a nascondersi proprio nel monastero di Equizio. Il malfattore s’era travestito da monaco, col nome di Basilio, per essere accolto senza che nessuno lo riconoscesse. Ma Equizio, quando se lo trovò davanti, con una sola occhiata capì subito chi fosse, e quali arti magiche professava.

«Vedo che non è un monaco ma un diavolo» Disse ad alta voce, per farsi sentire da tutti gli altri monaci presenti. Tuttavia, col suo travestimento il mago era riuscito a fregare nientemeno che il vescovo, il quale costrinse Equizio ad accogliere il finto monaco nel suo monastero. Dopotutto, il vescovo gli era superiore, gerarchicamente, e doveva ubbidire.

Poco tempo dopo, Equizio dovette partire per andare a predicare lontano dal suo gregge. E mentre lui non c’era, in un monastero femminile sul quale esercitava la sorveglianza, una delle monache, vergine, che era di bell’aspetto, cominciò ad avere la febbre e a delirare, chiedendo a gran voce di vedere il monaco Basilio, per farla rinsavire, altrimenti sarebbe morta.

Ora, in assenza dell’abate, nessun monaco osava entrare in una comunità di vergini, a maggior ragione colui che era venuto da poco, quello strano Basilio che ora la monaca chiedeva a gran voce per fare chissà cosa. Mandarono a chiamare Equizio, il quale disse, semplicemente: “E che v’avevo detto? Costui è un diavolo, non un monaco.”

Comandò quindi di cacciarlo via. E così fu fatto. Dal momento che Basilio il mago di Roma abbandonò il monastero, la monaca vergine e di bell’aspetto smise d’avere quella strana voglia. Il tormento della tentazione era finito.

Basilio poi fu ritrovato a Roma, dove disse d’aver alzato più volte la cella di Equizio in aria, facendola volare coi suoi incantesimi, per uccidere il santo. Ma non ci riuscì mai. Inoltre, sempre a Roma, fu infine messo al rogo.

Insomma, Equizio e le sue vicende da santo sono sempre un po’ piccanti, frizzantine. E quindi non troppo supereroistiche, in fin dei conti, se non fosse che in principio vi avevo anticipato la sua natura sanguinaria e sterminatrice, riguardo l’episodio coi longobardi. E adesso ve lo racconto, prima di passare oltre nella classifica.

I longobardi invasero l’Italia, e verso il V secolo passarono pure in Abruzzo, dalle parti del nostro Equizio. Ora, il fatto è che Equizio era morto e sepolto in una cappella. E quando i longobardi giunsero a saccheggiare il monastero, tutti i monaci scapparono, rifugiandosi proprio nella cappella dove riposavano le spoglie di Equizio. Gli assalitori spezzarono le difese, entrarono nella cappella e cominciarono a razziare e sterminare. Snudavano la spada persino nella cappella consacrata, spargendo sangue di monaco come i barbari infedeli che erano. Al che, un monaco che fuggiva, sconvolto dal dolore, esalò un’ultima preghiera: “Sant’Equizio! Ti pare giusto che noi veniamo ammazzati senza che tu ci difenda?” E come al solito, Iddio vede e provvede, e pure sant’Equizio.

Pronunciate quelle parole, si manifestò improvvisamente uno spirito immondo nella stessa cappella, che attaccò i longobardi e li perseguitò finché non uscirono fuori, tutti quanti. E una volta usciti continuò a perseguitarli, così tanto a lungo e tanto lontano che i longobardi capirono di non dover mai più profanare quel luogo sacro. Ecco che la cappella divenne un luogo di protezione sacra, dove non si può entrare con le armi per non incorrere nell’ira dello spirito immondo e vendicativo di sant’Equizio.

Per questo motivo, ho deciso di inserire sant’Equizio in classifica: la possibilità di trasformarsi post-mortem in un fantasma spietato che stermina gli eserciti. Abbastanza forte.

Anche se, molti storici, hanno scoperto che tale edificio è stato effettivamente razziato e distrutto dai longobardi, dopo la morte del santo. Quindi, non è che fosse sto granché come luogo di protezione. Ma vabbé, non roviniamo la leggenda e passiamo al secondo santo più forte del Medioevo.

San Fortunato

Dall’Abruzzo ci spostiamo in Umbria per conoscere san Fortunato da Todi. 

Un bel giorno, arrivano a Todi un gruppo di Goti, uno dei cosiddetti popoli barbari che hanno invaso l’Italia dopo la caduta dell’Impero. E cosa fanno questi? Si prendono prigionieri due ragazzi da una proprietà lì vicino, per portarli via. Appena la cosa arriva alle orecchie di Fortunato, però, ecco che scatta l’ira del santo.

Fortunato va da loro e dice chiaramente: “Guardate, vi do il riscatto che volete, ma quei ragazzi me li ridate.” Ma il capo dei Goti, un testone, risponde secco: “Scordatelo.” E Fortunato, che è un sant’uomo ma non uno che le manda a dire, lo avvisa: “Mi stai rattristando, e non ascolti Dio. Non mi rattristare, che non ti conviene.”

Il Goto, però, se ne frega. Torna al suo alloggio, fa salire i ragazzi a cavallo e li manda avanti con i suoi. Poi sale anche lui, dietro di loro. E qui, attenzione, arriva il colpo di scena.

Mentre sono ancora in città, proprio davanti alla chiesa di San Pietro apostolo, il cavallo del Goto inciampa. E lui? Volo pazzesco, cade giù e si spacca il femore. Ma proprio rotto in due! Lo sollevano e lo portano all’alloggio. E lui, capisce subito il perché di quella strana caduta, ricordandosi le parole di Fortunato. Fa richiamare i ragazzi che aveva imprigionato, li rimanda indietro con un messaggero e fa sapere al santo che non voleva farlo rattristare. Che gli restituisce i ragazzi e, per favore, rivorrebbe il suo femore come prima. Aveva capito la lezione, eccome.

Allora, il santo consegna dell’acqua benedetta al goto dicendogli di spargerla sulla ferita, con l’osso di fuori. E qui, naturalmente, il miracolo: appena l’acqua benedetta tocca la coscia rotta, la frattura si ricompone all’istante e la coscia torna perfetta, come nuova!

Il Goto si alza dal letto come se nulla fosse, sale a cavallo e continua il suo viaggio. Così, quello che non aveva voluto ascoltare Fortunato e restituire i ragazzi dietro pagamento, è stato punito e alla fine li ha riconsegnati senza chiedere un centesimo.

Insomma, Fortunato non si trasformava in uno spirito vendicativo sterminatore come Equizio, ma se s’intristiva, erano cazzi eh. Potere del ricatto morale! Questa forse più roba da disagio psicologico, ma il terzo santo è un supereroe vero e proprio. Anzi, potrebbe essere considerato il progenitore di uno dei superpoteri o incanti più comuni dell’intero fantasy. Vi presento la storia di san Libertino.

San Libertino

Dunque, questo reverendissimo Libertino era il priore di un monastero a Fondi, nel Lazio, ai tempi di quel re ostrogoto Totila, che ne combinava di tutti i colori. Immaginatevi la scena: il nostro santo Libertino era in giro per affari del monastero. A un certo punto, gli piomba addosso il generale dei Goti, un certo Darida, con tutti i suoi soldati. E cosa fanno? Beh, mica si fanno problemi, lo buttano giù dal cavallo e glielo fregano.

E Libertino? Niente, lui la prende con filosofia. Invece di arrabbiarsi per il cavallo perso, porge pure la frusta a quei farabutti e gli dice: “Prendetela, così avete qualcosa per spronare questo cavallo.” Poi s’inginocchia in mezzo di strada e si mette a pregare.

Nel frattempo, l’esercito di quel generale marcia spedito e arriva al fiume Volturno. E qui succede il bello. I soldati iniziano a prendere a frustare i loro cavalli, a pungerli con le lance, a fargli uscire il sangue con gli speroni… ma niente! I cavalli, pur malmenati e sanguinanti, non si muovevano di un passo. Avevano paura di toccare l’acqua del fiume, come se fosse un burrone pericolosissimo.

A forza di picchiare, anche i cavalieri si erano stancati. A un certo punto, uno di loro si illumina e capisce: “Ma non è che stiamo subendo tutto questo fastidio nel viaggio perché abbiamo fatto un torto al servo di Dio per strada?”

Non ci pensano due volte. Tornano indietro di corsa e trovano Libertino ancora lì, in mezzo di strada, inginocchiato a pregare. Gli dicono: “Alzati e riprenditi il tuo cavallo!” E lui, con la sua calma serafica: “Ma no, andate pure tranquilli, io ne faccio a meno.” Ma quelli non sentono ragioni, visto che si sentono maledetti dall’anatema di un santo e vogliono rimediare. Scendono da cavallo e lo fanno montare a forza su quello che gli avevano fregato. Appena fatto questo, si allontanano. E cosa succede? I loro cavalli, che prima non volevano saperne di attraversare il fiume, lo passano con una velocità incredibile, come se il letto del fiume fosse asciutto! Così, il nostro santo recuperò il cavallo.

Questo è un miracolino simpatico. Ma adesso vi racconto quello potente davvero. Nello stesso periodo, in Campania arriva un altro tipo poco raccomandabile, un certo Buccellino, al comando di un altro popolo invasore: i Franchi. Si era sparsa la voce che nel monastero di Libertino ci fossero un sacco di soldi. E i Franchi armati da guerra attaccano l’oratorio e si mettono a saccheggiarlo. Solo che non trovano granché. Allora iniziano a cercare Libertino, il quale, nel frattempo, fa la cosa che sa far meglio: s’inginocchia tutto tranquillo e prega. I franchi lo cercano dappertutto, lo chiamano a gran voce per farsi consegnare il fantomatico tesoro del monastero. E qui la cosa incredibile: a un certo punto, i Franchi gli vanno letteralmente addosso, ci sbattono contro… e non riescono a vederlo! Sì, avete capito bene: il nostro Libertino era diventato invisibile. Così, confusi e spaventati, i franchi se ne vanno dal monastero a mani vuote.

Pensate che il dono dell’invisibilità sia un potere banale? Harry Potter spostati, che qui siamo nel VI secolo, e san Libertino ti faceva le scarpe. Anche perché lui, a differenza di Harry Potter, non era così scemo da andare a giro per la biblioteca con la lanterna fuori dal mantello: che cazzo te lo metti a fare il mantello invisibile se poi tieni la lanterna fuori, ché ti si vede tutto il braccio? Mi riferisco al primo film, eh. E vabbé, dopo la parentesi di Hogwarts arriviamo al quarto portentoso santo: Marcellino.

San Marcellino

Marcellino era vescovo di Ancona, e ci spostiamo quindi nelle Marche. Piano piano stiamo facendo gran parte dell’Italia centrale. Purtroppo, a dispetto del nome, Marcellino non era un giovinotto, ma anzi era anziano e pure pieno di problemi. Aveva la fotta e non poteva camminare, infatti, quando necessario, i parenti lo portavano a spasso in braccio. Ma questo non gli impediva certo di essere uno dei santi più forti del Medioevo. Oggi ci sono molti supereroi disabili. Non ne conosco nessuno con la gotta, ma insomma, un giorno, a causa di una tragedia, la città di Ancona andò a fuoco, e dato che il fuoco era violento, tutti accorsero a spegnerlo. Gettavano acqua, eppure le fiamme aumentavano tanto da minacciare la caduta dell’intera città. Il fuoco ne aveva ormai distrutto buona parte senza che si potesse opporre resistenza, ed era giunto vicino al luogo dove abitava Marcellino: allora il santo con la gotta venne portato fuori a forza di braccia e di fronte alla tempesta di fiamme che divorava la città, disse ai suoi: «Mettetemi di fronte al fuoco».

Fu fatto come chiedeva, e Marcellino venne collocato in un luogo dove la fiamma divampava con la più grande violenza. Quando Marcellino fu lasciato per terra, però, di fronte a quella visione apocalittica, l’incendio cominciò a rivolgersi su sé stesso, impossibilitato ad andare oltre alla figura del vescovo. Il santo aveva eretto una sorta di barriera con la sua aura divina potentissima, spingendo all’indietro le fiamme. Avvenne così, che l’incendio si fermò proprio in quel punto, cominciò a perdere calore e a poco a poco si spense del tutto.

Nei poteri soprannaturali il controllo degli elementi è sempre presente, e qui abbiamo un esempio di dominatore del fuoco. Ma una domanda sorge spontanea, perché Marcellino ha aspettato che l’incendio divorasse mezza Ancona prima d’intervenire? Ha aspettato che le fiamme raggiungessero la sua cattedra, ma ti pare misericordioso? Non tanto.

Per concludere questa classifica dei santi più forti del Medioevo, voglio cambiare fonte storica, ovvero la Cronaca dell’abbazia di san Clemente a Casauria1, di nuovo in Abruzzo, di nuovo con un elemento naturale da dominare, stavolta l’acqua. Il santo in questione? San Guido.

San Guido

Questo Abate Guido era un vero sant’uomo. Viveva la sua vita religiosa in pace e tranquillità, anche perché era molto rispettato. Insomma, tutto filava liscio. Ma sapete com’è il Diavolo: non sta mai fermo quando vede qualcuno sereno. E cosa fa? Mette contro il nostro Guido gli abitanti di una località vicina: San Valentino.

Il Diavolo spinge questi a invadere un terreno di proprietà del monastero di san Guido: un prato. Ora, Guido era uno mite, uno calmo, ma a un certo punto, uno si stufa. Non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo. E il nostro santo si ritrova quindi costretto a radunare un po’ di baroni, gente del posto, per mettere le cose a posto: la questione deve risolversi con una battaglia campale! Chi perde, perde il prato. Lui sembrava non avere dubbi su chi avrebbe vinto. Un santo battagliero, quindi, come ve n’erano tanti.

I tizi di San Valentino avevano la loro scusa, eh: dicevano che il corso del fiume Pescara era cambiato nei tempi antichi, e che quindi la terra tra il fiume e il loro castello (ovvero il famoso prato) era di loro proprietà.

Arriva il giorno stabilito, e i due eserciti si radunano per prendersi a spadate. Ma il nostro san Guido, invece che schierarsi, ordina ai suoi di mettersi a pregare. E sulla sponda del fiume Pescara gli rivolge a gran voce: “Ti scongiuro, torna indietro al tuo corso originale!”

Facendo un segno con il bastone che aveva in mano, gli ordinò di cambiare il corso e di scorrere! E il fiume? Il fiume segue le orme del santo! Spostamento di un intero fiume che servì a confermare che il prato era del monastero, e non di quei bifolchi che se lo volevano pigliare con una scusa.

E quindi, alla vista del miracolo, scoppiano tutti a piangere: cadono ai piedi dell’abate, prostrati. Insomma, l’Abate Guido non ha avuto bisogno di spade o scudi. Gli è bastata la fede per spostare un fiume, come un vero dominatore dell’acqua come un suo ben più celebre predecessore, che con un bastone pure lui spostò le acque. Era un mare, quello, ma vabbé.

Ed eccoci arrivati alla conclusione tra maghi castrati in sogno, goti con le gambe rotte e miracoli idraulici. Se questo episodio ti ha appassionato, mi raccomando riavvolgi la playlist “Leggende Affilate” per ascoltare altre storie bellissime riprese dalle autentiche fonti storiche. E se vuoi andare oltre, leggi il mio romanzo “La Stirpe delle Ossa”, dove narro una storia vera, nel senso che l’ho scritta io, per narrare di un cavaliere italiano e della sua discesa verso un abisso misterioso e soprannaturale. Ah, e c’è pure un antico santo dimenticato, tanto per restare in tema. Il romanzo sta per uscire in tutte le librerie e store online, si parla di giorni: se non vuoi rischiare di perderlo, puoi preordinare una copia su Amazon, per sicurezza. Grazie per l’ascolto e alla prossima.

  1. Il Chronicon Casauriense, o Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii Casauriensis
Lorenzo Manara