L’armatura eroica rinascimentale
Nel XVI secolo esisteva un solo modo per apparire come un vero bad-ass: indossare un’armatura eroica
Gli uomini si sono sempre confrontati con la natura, in special modo con il regno animale. Il leone è forte, l’aquila nobile, la volpe astuta: tante sono le specie quante le virtù che l’uomo cerca di attribuirsi fin dagli albori della civiltà. Per emulare la vicinanza con il proprio animale preferito i nobili tessevano leggende di famiglia, innalzavano stendardi oppure pagavano il migliore corazzaio del Rinascimento per forgiare un’armatura eroica.
I Negroli erano i mastri corazzai più famosi e celebrati del XVI secolo. Una grande famiglia che tra fratelli, cugini, nipoti e zii arrivò a servire i personaggi più ricchi e importanti del Sacro Romano Impero, delle corti reali di Francia e di Spagna. Le loro opere erano basate sui caratteri dell’arte classica greco-romana, e in particolare sulla mitologia. Erano soliti arricchire corazze ed elmi con bassorilievi per i quali i regnanti andavano pazzi. Animali e creature leggendarie, grifoni, cerberi, chimere e perfino eroi della cristianità: un guazzabuglio da Gran Maniera che avrebbe fatto impallidire Luigi XIV, vissuto un secolo più tardi. Questa evoluzione creativa ha partorito la cosiddetta armatura eroica.
L’armatura eroica era realizzata per lasciare a bocca aperta gli spettatori: pezze d’armi utili per le sfilate e le parate militari, ma non per la guerra. Giocavano un ruolo simbolico, trasformando i loro possessori alla guisa di eroi dell’Era Antica, della mitologia o della letteratura 1. Gli elmi erano forgiati per i prìncipi rinascimentali educati fin da piccoli allo studio dei classici, le corazze rivestivano gli imperatori che si auto-proclamavano successori e generali dell’antica Roma.
Queste opere testimoniano la presa di coscienza dei corazzai: costoro non sono più artigiani, ma artisti. Lavorano l’oro e l’argento come fanno gli orafi, plasmano la materia come i più grandi scultori dell’umanità. L’armatura eroica apre la strada di un’arte, quella della guerra, fino a quel momento relegata a un livello inferiore. Lo stesso Benvenuto Cellini disegnò diverse armature per Cosimo I, Granduca di Toscana.
Il ricco stile decorativo che prese vita nei laboratori milanesi si contrappose a quello morbido in voga fino alla prima metà del ‘500, affiancandosi alla corrente artistica italiana del Manierismo 2. Il metallo veniva scolpito come una statua, poi decorato e impreziosito da intarsi d’oro e d’argento: un gioiello damaschinato e lustrato che voleva intimorire e affascinare.
Scrittori fantastici siete avvertiti. Se volete far indossare al vostro protagonista adolescente un’armatura con i draghi scolpiti, ricordatevi di farlo sfilare al sicuro tra le mura cittadine. Perché nella guerra vera una roba così non lo proteggerebbe nemmeno da una caduta da cavallo.
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