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24 Luglio 2018

L’antico drago vichingo

Il drago vichingo nella mitologia norrena

Corpo di serpente, scaglie sonanti e fauci avvelenate: il drago vichingo era del tutto diverso da come lo immaginiamo oggi.

Un rombo fragoroso fece tremare la terra e dalla montagna franarono massi e rocce. Un gigantesco serpente dalle scaglie dure come il metallo strisciò fuori dall’ombra, le spire che scivolavano giù per il pendio; occhi grandi, sempre all’erta, il capo che girava qua e là per guardarsi intorno. Fafnir era il suo nome: drago guardiano del leggendario tesoro dei Nibelunghi. Il drago serpeggiò verso il fondo della valle circondato da alte falesie, diretto allo stagno nero che ogni mattina usava come abbeveratoio.

Con il suo grosso corpo strisciante passò proprio sopra la fossa dove si nascondeva Sigfrido. L’eroe stava in attesa con la spada magica stretta nel pugno, pronto a combattere. Al passaggio del drago venne avvolto dal buio più completo, sovrastato dal suono delle scaglie che risuonavano sopra di lui. Nonostante la tentazione di colpire la bestia fosse forte, Sigfrido dovette pazientare: finché non fosse stato certo di avere il cuore del mostro esattamente sopra il proprio capo non avrebbe potuto nuocergli, poiché si trattava dell’unico punto debole del drago immortale.

Dopo qualche istante al tintinnare delle scaglie fece eco un suono diverso. Un rumore profondo, cupo e ritmico. Il battito rimbombava per le pareti della fossa e Sigfrido strinse la spada con tutte e due le mani. Scattò in piedi e affondò la lama nella pelle coriacea: un grido straziante riecheggiò per le alte falesie di pietra e una pioggia di sangue scaturì dalla ferita. Fafnir agitò la testa e la coda in maniera convulsa e, infine, si avvolse nelle proprie spire, immobile.

Fafnir è un antichissimo drago vichingo. E’ chiamato Lindorm in lingua scandinava e appartiene alla mitologia norrena. Non ha zampe, non vola e, soprattutto, non sputa fuoco. Secondo l’Edda Poetica, una raccolta di poemi appartenenti alla mitologia norrena, Fafnir espira veleno al posto delle fiamme. Si tratta perciò di una bestia molto più simile a un serpente piuttosto che alla figura del drago per come la conosciamo oggi.

Con l’avvento del Cristianesimo e l’evangelizzazione dell’Europa del nord, la concezione dell’antico drago vichingo mutò per lasciare spazio al classico drago-lucertolone, con quattro zampe, grandi ali e ghiandole che servono a sputare fuoco. Le culture si mischiarono e assieme alle tradizionali saghe dell’epica cavalleresca vennero esportati anche i modelli dei draghi ormai standardizzati.

Ciò che resta del drago vichingo sono ben poche rappresentazioni fra le quali spiccano i meravigliosi portoni della chiesa di Hylestad, datati 1200 circa. Gli intagli nel legno raffigurano il mito di Sigfrido l’ammazzadraghi e di Fafnir, l’avido serpente a guardia del tesoro sulle montagne; un’immagine che ho scelto come copertina di questo articolo per la sua potenza artistica che riassume perfettamente l’eredità norrena fatta di mostri terrificanti, magie ancestrali e imprese eroiche.

Lorenzo Manara
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