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7 Gennaio 2021

Allenare la mente come Sherlock Holmes

pensare come sherlock holmes

Pensare come Sherlock Holmes è possibile, ma richiede impegno e molta pratica. A pensare come Watson invece siam bravi tutti

Quando Arthur Conan Doyle diede vita al personaggio di Sherlock Holmes aveva bene in mente un altro personaggio realmente esistito: un medico e docente presso l’unversità di Edimburgo, Joseph Bell.

Bell durante le sue lezioni era solito enfatizzare molto sull’importanza dell’osservazione. Un buon medico secondo Bell doveva osservare con attenzione i dettagli importanti prima di fare qualsiasi diagnosi. Ma non solo.

Bell si lanciava spesso in giochi deduttivi, indovinando il mestiere e l’occupazione di sconosciuti semplicemente osservandoli. Queste dimostrazioni avvenivano dinnanzi agli allievi, fra i quali si trovava un certo Arthur Conan Doyle.

“Certo, voi siete un militare, e più precisamente un sottufficiale”, disse il dottor Bell ad un suo paziente, “e avete prestato servizio alle Bermude. Ora, Signori, come faccio a saperlo? È entrato nella stanza senza togliersi il cappello, come se entrasse in fureria, da cui ne ho dedotto che era un militare. L’aria leggermente autoritaria, abbinata all’età, mi ha fatto supporre che fosse un sottufficiale. Per finire, l’eruzione cutanea sulla fronte mi ha indicato che era stato alle Bermude, in quanto quel tipo di infezione della pelle colpisce solo in quel luogo.”

Il ragionamento deduttivo di Bell, Dall’autobiografia Di Arthur Conan Doyle

Vi ricorda qualcosa? Questo esempio dimostra quanto fosse attento il dottore nello scegliere i dettagli giusti e concentrarsi su di essi. E deve essere piaciuto molto all’autore di Sherlock Holmes, perché è molto simile alla prima descrizione di Watson, che ci viene fornita attraverso le straordinarie capacità dell’investigatore di Backer Street. Anche Watson è entrato in una stanza col cappello, con l’aria autoritaria da sottufficiale e un’abbronzatura dovuta al servizio militare in una località esotica.

Quello che nei libri di Sherlock Holmes ci viene presentato come metodo deduttivo (ma che in realtà sarebbe più corretto etichettarlo come metodo induttivo) non è un superpotere, ma una capacità che è possibile allenare come si allena un qualsiasi muscolo del proprio corpo1.

Per prima cosa è necessario smetterla di assorbire tutto quanto. Di farci condizionare da qualsiasi roba ci passi davanti. E non parlo solo di distrazioni, ma di veri fenomeni che alterano le nostre capacità di giudizio, che interferiscono con la nostra mente.

Prendiamo per esempio l’ipertensione da camice bianco (o sindrome del camice bianco). Si tratta di un temporaneo sbalzo dei valori di pressione sanguigna che si manifesta durante la visita. Il paziente entra nella struttura ospedaliera, annusa gli odori dei disinfettanti e prodotti a base alcolica, vede le luci al neon, i lunghi corridoi e, infine, il dottore nel suo camice bianco. Ed ecco che scatta l’alterazione dei valori vitali: il paziente diventa un malato in un luogo per malati.

Capita a tutti di sentirsi in ansia una volta varcata la soglia dell’ospedale, no? Ma aspettate, ora ve ne dico un’altra. Pensate al tempo atmosferico. Pensate di svegliarvi la mattina presto e uscire di casa per andare a lavoro in una giornata di pioggia. Fa freddo e tutto intorno a voi fa schifo. In queste condizioni è molto probabile che le vostre scelte finanziarie siano molto contenute e che non abbiate alcuna voglia di prendervi dei rischi. Cosa che invece non avviene quando fuori splende il sole. Questo lo sanno bene gli assicuratori, che scelgono determinati momenti dell’anno per vendere meglio le proprie polizze. E lo sa anche Arthur Conan Doyle.

“Guardi come sono belle e fresche!” esclamai con tutto l’entusiasmo di chi era appena emerso dalle nebbie di Baker Street. Ma Holmes scosse gravemente il capo. “Sa, Watson” mi disse “la maledizione di una mente come la mia è che guardo tutto riferendolo al mio problema del momento. Lei osserva quelle case sparse e rimane colpito dalla loro bellezza. Io le osservo e il mio unico pensiero è che sono molto isolate e che vi si potrebbe commettere qualsiasi crimine impunemente.”

Sherlock Holmes, L’avventura dei faggi rossi

Capite qual è il mindset di Sherlock? Lui osserva solo ciò che lo aiuta a raggiungere il suo obiettivo (in questo caso la risoluzione del caso in quella località inglese del dartmoor), e non permette mai che gli stimoli esterni lo distolgano dal suo pensiero. Cosa che invece noialtri, come Watson, facciamo continuamente. Vaghiamo col pensiero in qua e là, distraendoci di continuo, incamerando spazzatura in una mente affollata di percezioni, dettagli che non serviranno mai ed occupano solo posto.

Ma non solo. Fra gli errori madornali che compiamo costantemente, ogni giorno della nostra vita, c’è il peggiore di tutti: saltare alle conclusioni.

Siamo così allenati a esprimere giudizi che lo facciamo nel giro di pochi istanti, a volte nel giro di qualche decimo di secondo. Ci viene incontro uno sconosciuto e sbam! da come si veste o come cammina crediamo di sapere tutto di lui. Si tratta di un istinto primordiale, che dovrebbe salvarci da situazioni di pericolo nella giungla, ma ora non siamo più ominidi. Siamo esseri umani evoluti, e dovremmo smetterla di saltare alle conclusioni sulla base di una manciata di dettagli e pregiudizi.

Già, perché siamo affetti gravemente dai pregiudizi. Una brutta malattia. I pregiudizi sono come delle pinze che tappano le sinapsi. Bloccano il ragionamento, bloccano qualsiasi sforzo intellettivo. Una volta formulati non è più possibile tornare indietro. Ci sono certe persone che sono così convinte del proprio giudizio istantaneo, formulato a caso, che non sarà possibile far cambiare loro idea neppure col metodo scientifico, neppure dinnanzi alle prove empiriche che dimostrano la fallacia del loro sistema.

Non c’è bisogno che vi faccia esempi, e non c’è nemmeno bisogno di citare i negazionisti che spopolano sul web. Il pregiudizio è così radicato nel nostro cervello che lo si trova anche nelle scelte che facciamo al supermercato, su netflix oppure la musica che ascoltiamo… noi siamo i prodotti dei pregiudizi.

Una via d’uscita c’è, però. Tranquilli. Possiamo smetterla innanzitutto col criticare e formulare giudizi all’istante. Possiamo fare lo sforzo immane di trattenersi dal giudicare, perché se ci lasciamo scappare anche una minima sentenza, anche la più piccola e all’apparenza insignificante, è finita. Tutto il ragionamento sarà di conseguenza viziato.

Per compiere una scelta importante il vecchio metodo dei pro e dei contro può aiutare. Buttare su carta i dettagli nudi e crudi. E poi magari estraniarsi, rimuovere ogni distrazione e lasciare che la mente lavori in background, come fa Sherlock quando fuma o suona il violino.

Se siete arrivati fino a questo punto senza aver ancora emesso una sentenza siete stati bravi. I dettagli della vostra osservazione sono abbastanza puri per essere presi in esame. Solo adesso è possibile formulare delle ipotesi e scegliere la migliore, sfruttando anche l’immaginazione.

Perché la scienza di Sherlock non è solo matematica da cervelloni. Ci vuole un bel lavoro d’immaginazione per formulare ipotesi. Arthur Conan Doyle lo dice più volte:

Quando hai escluso l’impossibile ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità.”

Questi insegnamenti sono preziosi. Si possono applicare in tutto. Io li trovo molto utili quando devo progettare le storie dei miei romanzi e quando devo scegliere un film su netflix. Perché è colpa dei preguidizi sulle copertine dei film che mi ritrovo a scorrere i titoli all’infinito per tutta la serata.

Son problemi anche questi, eh.

  1. Per approfondire ciò che ho a malapena sfiorato in questo articolo consiglio la lettura di: Mastermind, pensare come Sherlock Holmes, Maria Konnikova
Lorenzo Manara
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