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12 Gennaio 2016

Whiplash

whiplash

Whiplash, film del 2014 vincitore di tre Premi Oscar: la vera tragedia dell’Arte

Il film Whiplash è uno schiaffo. Ti prende per mano nella prima mezz’ora, ti porta a fare una bella passeggiata nel parco e ti compra il gelato. Quello buono, al chiosco, fatto di precise palline colorate. Poi, tutto d’un tratto, ti tira uno schiaffo, forte, sulla guancia. E ti cade il gelato perché non te lo aspetti. Il film solleva lo stivale con la suola a carrarmato e pesta il cono, la fragola si spiaccica dappertutto. Un vero bastardo.

Whiplash ci racconta di Andrew, un ragazzo che vuol diventare un bravo batterista, il migliore. La strada da compiere è lunga, ma non ci sono problemi: basta impegnarsi. E’ quello che ci hanno sempre insegnato fin da piccoli, no? Andrew viene scelto per far parte dell’orchestra del conservatorio di Manhattan e si dà da fare. La situazione però comincia a sfuggirgli di mano dopo l’incontro con l’insegnante, il signor Fletcher. Perché? Perché l’Arte è un inferno e Andrew è costretto a sudare sangue per andare avanti. Letteralmente.

Lo schiaffo brucia, parecchio. Whiplash è un film che ti infila la mano nel torace e tira fuori ciò che hai sempre saputo, ma che avevi paura di ammettere. Pensavi di essere bravo con la chitarra? In realtà sei solo un mediocre. Te la cavi con la fotografia? I tuoi scatti fanno schifo. E il karaoke che vinci sempre? Ridicolo. E il libro che hai scritto? Hai venduto trenta copie agli amici, e le altre novecento occupano posto in garage, ancora nel cellophane. Insomma: credevi di essere un artista, e invece sei semplicemente uno sputazzo nell’oceano.

kali-mah

Come il cattivo di Indiana Jones, il film “Whiplash” è felice di estrarti il cuore e farne tanti pezzettini.

Il protagonista di Whiplash migliora. Potremmo dire che è bravissimo, ma non basta mai. Il signor Fletcher è sempre pronto a ricordargli che l’Arte non scherza, che per fare Arte si deve prima morire. E il protagonista lo ascolta. Annienta il proprio io, diventa schiavo dell’Arte. Per 105 minuti il mio cervello è entrato nello schermo e non ne è uscito neanche per un istante, fino alla fine.

Cosa mi è rimasto? Amarezza. Whiplash è un film demotivatore. Whiplash ti annienta. Lo fa per dimostrarti che nel mondo là fuori gli artisti sono davvero pochi, ed è quasi sicuro che tu non sia uno di loro.

Poi però arrivano i titoli di coda, e nella tristezza senti quel bruciore sulla guancia. Lo schiaffo ti ha lasciato qualcosa. E’ caldo, in qualche modo anche rassicurante. Strano, la voglia di darsi da fare è là che ritorna, molto più forte di prima. Magari non riuscirò mai a fare Arte, ho pensato, però voglio continuare a provarci. Male che vada rimango mediocre. E che sarà mai.

P.S. Whiplash è un capolavoro.

Lorenzo Manara
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