Close

12 Luglio 2016

Federico Caprilli, padre dell’equitazione moderna

federico caprilli

La chiamano equitazione all’inglese, ma la disciplina è tutta italiana

Si avvicinano le olimpiadi e sentiamo parlare sempre più spesso della monta all’inglese. Chi è stato a cavallo sa che addirittura il casco deve essere chiamato cap. “Perché non posso tradurlo in italiano?” mi son sempre chiesto. Oggi voglio rispondermi da solo: sì, certo che posso. Poiché l’equitazione cosiddetta all’inglese è in realtà tutta italiana, grazie al nostro connazionale Federico Caprilli.

Federico Caprilli nacque a Livorno nel 1868. Era un ufficiale di cavalleria del Regio Esercito italiano e passava le giornate a cavallo. Gli piacevano proprio tanto, i cavalli. Si allenava, studiava i movimenti di questi animali così affascinanti e nobili, provava nuove tecniche. Un bel giorno ebbe un’intuizione. Un’idea che rivoluzionò il mondo dell’equitazione. Cambiò proprio tutto, a partire dal rapporto tra cavaliere e destriero. Con il suo Sistema naturale di equitazione mutarono le regole teoriche e quelle pratiche; cavalieri provenienti da ogni angolo del globo accorsero per mirare la sua straordinaria scoperta, e il sistema “Caprilli” si diffuse in tutto il mondo. In cosa consisteva questo suo nuovo sistema?
Per comprenderlo meglio dobbiamo fare un passo indietro.

L’uomo ha addomesticato il cavallo millenni or sono. Alcuni studiosi stimano intorno al V millennio a.C, grazie al ritrovamento di resti ossei appartenuti a cavalli con tanto di morso in corno di cervo 1. Ma questo addomesticamento non avveniva per sport. I cavalli venivano impiegati per i lavori pesanti e per la guerra. Dal medioevo in poi il cavallo da monta era considerato una macchina militare. E come tale era trattato. Gli esercizi erano rivolti al combattimento, le tecniche simulavano il combattimento e perfino in tempo di pace non si faceva altro che combattere. Giostre, tornei, caroselli, duelli: l’equitazione era una disciplina di addestramento alla guerra.

Per questo motivo i cavalli europei erano dei bestioni. Dovevano resistere alle ferite, dovevano urtare il nemico, sfondare le formazioni dei fanti avversari. Erano cavalli più pesanti di quelli moderni, più lenti. Ancora non era avvenuta la contaminazione genetica con i cavalli arabi da cui sono nati gli esemplari che conosciamo oggi, più agili, leggeri.
Il cavaliere indossava l’armatura, serrava i ranghi con i propri compagni in ordine chiuso, faceva massa per sfondare e travolgere. E le tecniche di monta rispecchiavano questi bisogni. Erano rigide, volte alla sopravvivenza.

federico caprilli

Federico Caprilli che sbeffeggia l’Equitazione Accademica. Si pensava che il cavallo non sapesse saltare senza il cavaliere, e che si dovesse sostenere l’anteriore del destriero inclinandosi indietro con il corpo, cosa del tutto smentita dal Caprilli.

Ma con la trasformazione delle armi e l’avvento della polvere da sparo cambiarono le necessità. I cavalieri dovevano essere veloci, le tecniche agili. L’intero sistema di addestramento doveva essere rivisto. Il primo ad accorgersene fu un giovane ufficiale di cavalleria livornese, il nostro Federico Caprilli. Scrive l’enciclopedia Treccani:

“Il capitano Federico Caprilli, poco più che trentenne, mise a punto un sistema di equitazione del tutto innovativo detto ‘sistema naturale’, che rapidamente si diffuse in tutto il mondo. Caprilli rivoluzionò il metodo del salto sino a quel momento adottato. Si pensava, infatti, che il miglior modo per saltare gli ostacoli fosse di alzare l’anteriore del cavallo con il busto rovesciato indietro, immaginando di mantenere in equilibrio il cavallo con un fortissimo appoggio della mano sul morso. Caprilli, invece, capì che il cavaliere doveva lasciare il cavallo libero di usare il proprio istinto e i propri mezzi per percorrere la campagna e superare gli ostacoli facendo corpo unico con l’animale. Il cavallo doveva saltare affidandosi al proprio istinto, obbedendo alle semplici indicazioni degli aiuti del cavaliere: le gambe per avanzare e accelerare, le mani per dirigere, rallentare e fermare.”

Federico Caprilli notò il contrasto che correva tra la teoria dei maestri e la pratica dell’equitazione in campagna, all’aperto, in grandi spazi, dove il cavallo galoppava alla massima velocità. Con il Sistema naturale di equitazione riuscì ad addestrare truppe nel breve periodo di ferma e ci riuscì così bene che, nel giro di pochi anni, il suo metodo fu adottato dalle più importanti cavallerie del mondo. Purtroppo Caprilli scomparve prematuramente, e lo fece proprio mentre stava esercitando la sua passione: una mattina di dicembre cadde da cavallo e si ruppe la testa.

Il motivo principale per il quale l’equitazione moderna viene definita all’inglese è che nel XIX secolo i migliori sellai si trovavano in Inghilterra. Il fatto che la sella fosse inglese ha dato il nome alla disciplina. Tutto qui. Come al solito noi italiani ci facciamo il mazzo e gli altri si prendono il merito. Ma adesso sappiamo la verità. Quando guarderete le olimpiadi in televisione con i vostri amici potrete fare bella figura e raccontare la storia del capitano Federico Caprilli.
Viva l’Italia!

  1. Ritrovamenti di Dereivka, D.J. Telegin, S. Bökönyi, E. Kuzmina
Lorenzo Manara
Latest posts by Lorenzo Manara (see all)