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19 Settembre 2017

Dunkirk, il film sulla sconfitta vittoriosa

dunkirk

La storia dei 400.000 soldati inglesi bloccati sulle coste della Manica

Nella primavera del 1940, sulle coste di Dunkerque, in Francia, gli alleati anglo-francesi si ritrovarono stretti in una morsa: da una parte il mare, dall’altra le truppe tedesche della Wehrmacht. La Germania era in procinto di portare a casa una vittoria grandiosa pochi mesi dopo lo scoppio della guerra, e sembrava che non ci fosse proprio nulla da fare per i 400.000 soldati che attendevano di essere evacuati fino in patria, nelle isole britanniche. Questa è la premessa dell’episodio storico che il regista Christopher Nolan ha deciso di affrontare nel suo ultimo film: Dunkirk.

Fin dai primi minuti, la pellicola ci mostra immagini che parlano da sole. Sembrerà una banalità da dire, e invece non lo è. A parte un paio di righe introduttive, Nolan comincia subito col narrarci la fuga di un giovane soldato fra le vie di una cittadina portuale deserta. Il nemico è vicino, ma non si vede. Si odono i sibili dei proiettili e le terrificanti sirene degli Stuka, i bombardieri tedeschi che si gettavano in picchiata per sganciare le bombe. La sensazione claustrofobica è tangibile, così come il pericolo che aleggia sulle spiagge vuote.

Ho fatto riferimento alle immagini che parlano da sole perché il grande cinema è fatto di questo. Poco prima del bombardamento non ci sono grida. Non ci sono personaggi che avvertono i propri commilitoni e il pubblico di quello che sta per accadere. Ci sono solo teste rivolte al cielo e sguardi terrorizzati. In Dunkirk le immagini parlano, e lo fanno anche i suoni. La sirena degli Stuka, ad esempio. Una sirena pressante, presente non soltanto durante gli attacchi, ma anche nel normale svolgimento della trama, durante i momenti di tregua e come sottofondo dei dialoghi. Un suono che si traduce in ansia, il momento in cui tutto salterà per aria e la vita verrà travolta dalle esplosioni.

In Dunkirk il tempo è un altro elemento cardine dell’intera vicenda, potremmo definirlo quasi un protagonista; il tempo che scorre e che non perdona nessuno, i giorni che mancano all’arrivo dei cacciatorpediniere, le ore necessarie ad attraversare la manica e perfino i minuti di volo rimasti a uno Spitfire senza carburante. Tutti questi momenti sono scanditi da un suono incessante, che ci accompagna quasi fino alla fine: il ticchettio di un orologio.

Non aspettatevi i combattimenti ai quali ci ha abituati Steven Spielberg con Salvate il soldato Ryan. E non aspettatevi neppure dei cattivissimi nazisti che si lanciano in scene di ordinaria malvagità. In Dunkirk non si spara, e neppure si vede mai in faccia un tedesco. E’ un film sull’attesa, fatto di sguardi, segnali, immagini e suoni. Un bel film, senza dubbio. Se volete andare al cinema, avete il mio benestare. Non cercate però l’accuratezza storica, di quella non ce n’è bisogno.

PS: Dunkirk è la traduzione in inglese del nome della località francese chiamata Dunkerque.

Lorenzo Manara
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